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Cinque droni sorvolano una base nucleare francese: scatta l’allarme sicurezza. “Effettuati tiri per abbatterli”
È scattato l’allarme anti-drone nella base sottomarina dell’Ile Longue, nella rada di Brest, all’estremo ovest della Francia. Nella serata di giovedì, cinque velivoli, dei quali non si conosce la provenienza, sono stati intercettati nei cieli sopra l’avamposto dove sono dislocati i sottomarini nucleari lanciamissili della dissuasione nucleare francese, come riferito dalla gendarmeria locale. Immediata la reazione del battaglione di artiglieria marittima che, si aggiunge, “ha effettuato diversi tiri antidrone“. La base francese gode di una protezione di primo livello. Al suo interno sono dislocati 120 gendarmi della Marina che si coordinano con un battaglione di fucilieri. Questo dispiegamento di forze è legato soprattutto alla presenza di quattro sottomarini di cui viene assicurata la manutenzione, almeno uno dei quali è in permanenza in mare per garantire la dissuasione nucleare. Non è la prima volta che scatta un allarme simile, nonostante il sorvolo in questa zona sia vietato per le informazioni sensibili presenti all’interno della struttura militare. Nella notte fra il 17 e il 18 novembre, ad esempio, ne era stato segnalato un altro “al di sopra della penisola di Crozon“, di cui fa parte l’Ile Longue. Se gli episodi simili e noti riguardanti la base francese si limitano a due, sorvoli di mezzi, da droni a caccia stranieri, o presunti sconfinamenti di sottomarini nelle acque del Mare del Nord si sono registrati più volte in passato. In alcuni casi, la responsabilità è stata attribuita alla Russia, in altri si è rimasti senza conoscere i responsabili, in altri ancora, infine, si è trattato di errori commessi da Paesi alleati tra loro. L'articolo Cinque droni sorvolano una base nucleare francese: scatta l’allarme sicurezza. “Effettuati tiri per abbatterli” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“Attacchi informatici a reti elettriche, banche e anche aerei. È la guerra ibrida Nato-Russia evocata dall’ammiraglio Cavo Dragone”
Un attacco informatico della Nato, preventivo, nei confronti della Russia? “Prenderebbe di mira la rete elettrica, i trasporti pubblici ma anche i voli aerei, oppure la finanza con possibili blocchi ai prelievi dei contanti da parte dei cittadini comuni, con bancomat e carte. I civili sono le prime vittime in una guerra ibrida”. Michele Colajanni dipinge scenari in bilico sull’apocalisse, analizzando il monito bellicoso affidato al Financial Times dall’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, il più alto ufficiale militare dell’Alleanza Atlantica. La Nato sta valutando di essere “più aggressiva” contro la Russia, nel rispondere agli attacchi informatici, ai sabotaggi e alle violazioni dello spazio aereo: ovvero, l’intero arsenale della guerra ibrida. Secondo l’ufficiale della Nato, neppure “l’attacco preventivo” contro Mosca è escluso, perché sarebbe “un’azione difensiva”. Colajanni, tra i massimi esperti italiani di sicurezza informatica, docente di scienze informatiche all’università di Bologna e Reggio Emilia, è stupito dalle parole dell’Ammiraglio: “Di solito, queste cose si fanno ma non si dicono, è così che agisce Putin. In una guerra ibrida, i civili sono le prime vittime”. Professor Colajanni, torna alla memoria la teoria della “guerra preventiva” con cui Bush giustificò l’invasione dell’Iraq e dell’Afghanistan dopo l’attentato di Al Qaeda alle torri gemelle. Quella era la guerra tradizionale ma oggi è sempre meno in voga, soppiantata dalla guerra ibrida. Cavo Dragone evoca uno scenario distantissimo dal conflitto tradizionale. In cosa consiste la guerra ibrida? Attacchi informatici, droni per invadere lo spazio aereo, disinformazione, ma anche il sabotaggio fisico. Queste opzioni hanno una cosa in comune: la mano del colpevole è sempre invisibile ed è quasi impossibile attribuire responsabilità in modo certo. È una guerra che non si svolge in mimetica, sparando col fucile o lanciando i missili: in questo caso non c’è il radar a svelare l’origine del raid. I confini della guerra ibrida con le attività civili sono molto sfumati e fluidi Se non si può sapere chi ha commesso l’attacco ibrido, Nato ed Europa come possono essere certe che il colpevole sia Putin? Infatti non hanno prove definitive contro Mosca, né sugli attacchi informatici né sui droni che violano lo spazio aereo. Anche per questo l’Occidente e la Nato sono in difficoltà. Per il diritto internazionale – largamente in declino con l’Onu ridotto a spettatore – puoi reagire solo se il responsabile è chiaramente individuato. Invece in questi casi è sempre occulto, soprattutto per gli attacchi informatici commessi da delinquenti esperti, presumibilmente manovrati dagli Stati. Eppure gli esperti sono concordi, nell’attribuire alla Russia un numero sconfinato di attacchi cibernetici contro l’Occidente. È dimostrata la responsabilità di gruppi criminali russi, in numerosissimi attacchi informatici contro Paesi democratici. Però manca la prova della connessione tra i colpevoli e gli apparati militari e statali del Cremlino. L’Occidente come si adatta alla nuova guerra ibrida? La Nato è rimasta alla guerra “guerreggiata” e alle teorie di von Clausewitz, ma non funzionano nello scenario odierno. Infatti le parole di Cavo Dragone annunciano un cambio di rotta e la volontà di attrezzarsi alla guerra ibrida, abbandonando la tradizione. Il sabotaggio, ad esempio, non è più un’esclusiva dei terroristi, ma anche degli Stati: ne sono un esempio gli attacchi ai gasdotti Nord Stream e ai cavi nel Mar Baltico. Dunque Cavo Dragone, per vincere la guerra contro la Russia, dice che dobbiamo fare come la Russia? Sì, in buona sintesi, almeno nel modo di fare la guerra dovremmo imitare il Cremlino abbandonando lo scontro aperto. Del resto, la guerra ibrida è stata teorizzata dalla Russia almeno dal 2013, già prima dell’invasione russa in Crimea, con la dottrina Gerasimov. In cosa consiste la dottrina elaborata dal generale russo Valerij Gerasimov? Un conflitto asimmetrico e mai aperto, condotto in modo che l’aggressore abbia sempre il vantaggio dell’anonimato, perché sarebbe impossibile risalire al colpevole di un attacco informatico, oppure al pilota di un drone manovrato a distanza. Per non parlare delle attività di disinformazione, quasi sempre avvolte nel mistero. Questa dottrina però non è in un documento ufficiale del Cremlino, bensì una ricostruzione degli analisti occidentali. È vero che non è un documento ufficiale, ma Gerasimov ne scrisse in un articolo del 2013, dopo le primavere arabe. Lui attribuiva l’origine della guerra ibrida all’intelligence americana. Nel frattempo, i russi si suppone l’abbiano messa in pratica, gli americani meno. Ma forse ora anche la Nato e l’Occidente si stanno adeguando. Perché la Nato ha minacciato pubblicamente la Russia, invece di attaccarla senza dirlo? Le parole di Cavo Dragone sembrano anche un segnale di frustrazione occidentale, per non riuscire a inchiodare Putin alle sue responsabilità. Ma forse è un messaggio con diversi destinatari: alla Russia dice di stare attenta, alzando l’asticella della deterrenza, perché l’Occidente potrebbe attaccare con una strategia da guerra ibrida; ai cittadini e a chi si oppone, dice chiaramente che anche la Nato può essere più aggressiva e attaccare per prima. Questa sembra la direzione. Ci sono segnali che l’Occidente stia abbracciando la guerra ibrida? Certo e li possiamo osservare in casa nostra. Crosetto ha detto chiaramente che “l’Italia è già in una guerra ibrida”. Infatti vuole assumere 1500 soldati da scrivania, quelli che fanno la guerra con gli attacchi informatici. Il generale Masiello, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, invece ha dichiarato: “chi non possiede la superiorità tecnologica è destinato a soccombere. Il cyber non è più un supporto, ma un dominio di manovra al pari di terra, mare e cielo”. L'articolo “Attacchi informatici a reti elettriche, banche e anche aerei. È la guerra ibrida Nato-Russia evocata dall’ammiraglio Cavo Dragone” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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L’esercito tedesco ora punta sui droni d’attacco: “Abbiamo iniziato i test”. Spesa per la difesa da record: salirà a 108,2 miliardi di euro
Le forze armate tedesche si dotano di droni d’attacco e prevedono di schierare sei unità equipaggiate nei prossimi anni. “Abbiamo iniziato i test”, ha dichiarato l’ispettore dell’esercito, il tenente generale Christian Freuding, alla ARD. La prima batteria a medio raggio dovrebbe essere operativa entro il 2027, seguita da altre cinque entro il 2029. Sono in corso sperimentazioni per sistemi noti come “munizioni vaganti”, riporta l’emittente tedesca: droni d’attacco che possono volteggiare sopra il campo di battaglia per poi schiantarsi contro il nemico. Entro il 2029 è prevista la creazione di un’unità delle dimensioni di una compagnia dotata di sistemi d’arma a lungo raggio o -come precisa ARD – “Ground Based Deep Precision Strike”. Con l’approvazione del bilancio 2026, la spesa per la difesa della Germania salirà a 108,2 miliardi di euro il prossimo anno (21,85 miliardi in più rispetto al 2025), raggiungendo un nuovo record dalla fine della Guerra Fredda. Gli aumenti sono resi possibili solo dal fondo speciale per la Bundeswehr, pari a 100 miliardi di euro, deciso dal Bundestag nel 2022. Il tenente generale Christian Freuding ne ha parlato alla serata dell’Associazione di supporto dell’esercito con i membri del Parlamento. Navid Linnemann su defence-network.com ha riassunto il suo intervento: la propaganda russa, le operazioni di sabotaggio e i voli dei droni sul territorio della NATO dimostrano chiaramente che la Russia è in conflitto con l’Occidente. La Germania deve essere pronta al combattimento e capace di vincere. “Il fattore cruciale sarà sopraffare il nemico con una moltitudine di effetti coordinati in tutte le dimensioni, per poi sconfiggerlo con una guerra altamente dinamica”. Se questa strategia avrà successo, anche la superiorità quantitativa non sarà di alcuna utilità per il potenziale nemico. Freuding ha formulato quindi sei principi guida per gli acquisti indirizzati a modernizzare l’esercito tedesco. L’alta tecnologia rimane essenziale, ma per essere pronta al combattimento dev’essere robusta, disponibile in grandi quantità e rapidamente sostituibile. Occorre sviluppare fin dal progetto sistemi in collaborazione con i soldati perché siano affidabili e intuitivi, impiegando un’architettura aperta e standardizzata ampiamente applicabile. L’industria deve garantire affidabilità assoluta in termini di tempi di consegna e qualità; i ritardi comportano una perdita di reale capacità operativa. Per ovviarvi le lacune debbono poter essere colmate immediatamente, se necessario anche attraverso sistemi esteri collaudati. Deve subentrare una nuova logica economica: produzione di massa, scalabilità, catene di fornitura solide e gestione coerente del ciclo di vita come base per la sostenibilità e la redditività finanziaria. Il campo di battaglia del futuro sarà interconnesso e basato sui dati, asimmetrico, e influenzato dalle applicazioni dell’intelligenza artificiale, ha spiegato il tenente generale. I dati diventeranno una risorsa centrale, “virtualmente le munizioni della guerra”. Il campo di battaglia del futuro sarà definito da scudi difensivi concorrenti. L’obiettivo sarà quello di mantenere permanentemente il proprio scudo, penetrando contemporaneamente quello nemico. Freuding ha espresso perciò insoddisfazione per l’avanzamento del progetto di comunicazioni digitalizzate tra i mezzi di combattimento. Un progetto “decisivo per la guerra” ha dichiarato a Deutschlandfunk, alla luce dello sviluppo delle capacità russe nella guerra elettronica di intercettazione, disturbo, o reimpiego dei dati delle comunicazioni avversarie per contrattacchi, emersi nella guerra contro l’Ucraina. I ritardi hanno “ripercussioni significative sulla prontezza operativa delle nostre unità e formazioni” avrebbe ancora commentato. Nonostante gli impegni il nuovo sistema radio digitale per le forze armate costato 20 miliardi di euro presenta infatti gravi problemi di installazione nei diversi veicoli e il software non funziona ancora correttamente. Sono stati chiamati consulenti esterni con costi aggiuntivi per 156 milioni di euro. La divisione 2025 di pronto intervento NATO non avrà però il nuovo sistema, secondo quanto riportato da ARD e confermato dal generale Freuding a Deutschlandfunk, fino alla fine del 2027. Per ognuno dei circa 200 veicoli e infatti necessario sviluppare un progetto specifico per integrare i modelli; uno sforzo che era stato sottovalutato anche dall’industria ha spiegato il tenente generale Michael Vetter, capodipartimento innovazioni e cyber, a Deutschlandfunk. I problemi con il software che avevano causato in una prima fase di prova comunicazioni sfasate sarebbero stati risolti, ma permarrebbero ancora per la trasmissione sul campo di dati, come cartografie. Si è molto lontani da un sistema di comunicazioni digitali idoneo all’impiego ha criticato Niklas Wagener, esperto di difesa dei Verdi, in un’intervista al RedaktionsNetzwerk Deutschland: allo stato non ci sarebbe una connessione wireless stabile con oltre venti partecipanti e si sarebbe quindi ben lontani dalla digitalizzazione di un’intera brigata. Se non ci saranno altri imprevisti ad ogni modo, la prossima settimana il Bundestag approverà la legge sul nuovo servizio militare. Il piano prevede la chiamata dei diciottenni a partire dal 2027, con l’obiettivo di attrarre un numero sufficiente di volontari a paga mensile lorda di 2.600 euro, con indennità per i coscritti di lunga data, bonus per la patente di guida e una formazione di alta qualità. Dopo le elezioni federali del 2029 – sussume Markus Decker su RND – potrebbe essere reintrodotto il servizio militare obbligatorio. Mercoledì è iniziata a Brema la riunione del Consiglio ministeriale dell’ESA in cui potrebbe emergere anche un percorso più incisivo in materia di sicurezza, a integrazione dell’attenzione prevalentemente civile dell’agenzia spaziale. La ministra tedesca per lo spazio Dorothee Bär (CSU) la scorsa settimana insieme al ministro della Difesa Boris Pistorius (SPD), ha già annunciato il varo della prima “Strategia per la sicurezza spaziale” tedesca ed auspicato maggiore attenzione al “dual use”. L'articolo L’esercito tedesco ora punta sui droni d’attacco: “Abbiamo iniziato i test”. Spesa per la difesa da record: salirà a 108,2 miliardi di euro proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Droni sospetti, la Germania accelera: ora l’esercito può fornire armi alla polizia per abbattere quelli che sorvolano aree sensibili
Le forze armate tedesche saranno in grado di fornire supporto alla polizia, se necessario anche con l’impiego delle armi, contro droni che ostacolino il traffico aereo o sorvolino aree sensibili. Lo ha deciso il Consiglio dei ministri accogliendo una proposta del titolare degli Interni Alexander Dobrindt (CSU). Nelle ultime settimane in diversi Paesi europei sono stati ripetutamente avvistati droni senza pilota sorvolare aree militari, impianti industriali ed aeroporti. Bruxelles, Copenaghen, Berlino e Monaco tra le altre città toccate. La coalizione di governo tedesca tra Cristiano-Democratici e Socialdemocratici ha adottato mercoledì una bozza di proposta del Ministero dell’Interno volta a modificare la legge sulla sicurezza aerea. Il disegno di legge prevede innanzitutto che le autorità di polizia federali verranno meglio attrezzate per difendersi dai droni e, se necessario, potranno richiedere aiuto in via amministrativa alle Forze Armate. Il supporto dell’Esercito sarà in via principale di fornitura di tecnologie di ricognizione e intervento. Tuttavia, qualora si temesse un attacco particolarmente grave attraverso i droni, il disegno di legge prevede che la Bundeswehr possa anche “impiegare le armi o altri mezzi d’azione”. Tra questi ultimi si annoverano i cosiddetti jammer, dispositivi che interrompono il contatto tra il drone e il suo radiocomando. Ciò sarebbe consentito, tuttavia, solo se si può presumere che il drone “sia destinato a essere utilizzato contro la vita umana o contro un’infrastruttura critica” potendo distruggerla, e che l’impiego della forza armata “sia l’unico mezzo per contrastare questa minaccia imminente”. In Germania l’esercito gode di poteri ampi unicamente in caso di difesa nazionale. L’impiego delle Forze Armate in tempi di pace all’interno del territorio invece ha un corsetto molto rigido, delineato soprattutto nell’articolo 87a della Costituzione che lo ammette sostanzialmente solo come assistenza in caso di catastrofi, pandemie, o a supporto della polizia. Tuttavia, secondo il ministro degli Interni Alexander Dobrindt, la modifica della legge sulla sicurezza aerea non implicherà la necessità di una riforma costituzionale, perché prevede lo strumento di un’assistenza in via amministrativa. Konstantin von Notz, membro dei Verdi della Commissione parlamentare affari interni, per contro ha recentemente sostenuto che l’impiego delle Forze Armate per la difesa dai droni non sarebbe possibile senza un emendamento costituzionale. “Anche se venisse dichiarato lo stato di tensione, consentendo alle Forze Armate tedesche di assumere il controllo, sarebbe necessaria una maggioranza di due terzi nel Bundestag”, ne cita le parole ZdF. Riferendosi al recente aumento dei sorvoli di droni, il Ministro Dobrindt ha indicato però che la Germania deve essere più preparata: anche se non ogni avvistamento rappresenta automaticamente una minaccia, può potenzialmente comportarla. In particolare, in riferimento ai dispositivi più grandi, che sono spesso al di là delle capacità della polizia, il progetto di legge prevede che l’esercito li potrà “combattere, intercettare e persino abbattere”. La legge ridurrà notevolmente “i processi di coordinamento e decisionali” ha assicurato Dobrindt. Normalmente sull’eventuale dispiegamento delle Forze Armate può decidere solo il Ministero della Difesa, e per le operazioni di assistenza interna è richiesto un accordo con il dicastero degli Interni. Il progetto di legge prevede invece che in casi particolarmente gravi di difesa dai droni, dove è anche urgente scoprire chi li sta controllando, per consentire rapidità d’intervento questo requisito possa essere derogato, e la richiesta di supporto avanzata a livello gerarchico inferiore a quello ministeriale. Anche se l’esercito può fornire assistenza solo nella misura in cui ciò non comprometta la propria missione di difesa nazionale e dell’Alleanza, che hanno sempre la precedenza, la prevenzione delle violazioni della sovranità statale ha finalità difensive ed è perciò anch’essa “un compito originario delle Forze Armate”. Questa sarebbe la base giuridica, secondo il diritto internazionale e costituzionale, che consentirebbe ai militari di abbattere i droni appartenenti a una potenza straniera che violino lo spazio aereo tedesco. Uno dei problemi sollevati fin qui all’assistenza dell’Esercito è tuttavia che per parlarsi di intervento difensivo si dovrebbe essere sicuri che il drone venga dall’esterno, non ci sarebbe invece legittimità ad un’azione militare se messo in volo dallo spazio aereo nazionale. Il tema delle minacce ibride è stato affrontato mercoledì pomeriggio dal ministro dell’Interno Dobrindt anche nella conferenza autunnale dell’Ufficio federale di polizia criminale (BKA). Dal Ministero degli Interni si chiedono da tempo anche norme più severe nei confronti degli attivisti che accedono senza autorizzazione alle piste degli aeroporti e resta aperto se saranno incluse anch’esse nel testo di riforma della legge sulla sicurezza aerea. I privati che utilizzano droni acquistati in un negozio di ferramenta non avranno comunque nulla di cui preoccuparsi, a condizione che abbiano registrato il dispositivo e rispettino le regole di distanza stabilite, ad esempio intorno agli aeroporti. 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