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“Dio è con noi”: così Trump, Putin e Netanyahu arruolano la religione per guerre e potere
“Gesù ha vissuto tre anni e mezzo in Egitto. Ma non era illegale“. Parola, anzi Verbo, di Paula White, consigliera spirituale di Donald Trump. Così si concilia il Vangelo col pugno duro del presidente contro gli immigrati. E così Dio va (o torna) al potere. Vince le elezioni, “benedice” guerre, terrorismo, regimi autoritari. MillenniuM, il mensile diretto da Peter Gomez, nel numero in vendita da venerdì 12 dicembre offre inchieste, interviste, approfondimenti sulla religione che, negli ultimi anni, è tornata prepotentemente in politica, e proprio in un’era che consideriamo materialista e tecnologica (qui potete trovare la libreria o l’edicola più comoda per voi; Millennium è in vendita anche sugli store online Amazon, Ibs, Feltrinelli, Mondadori, Liberia Universitaria, Hoepli). Non c’è solo l’integralismo islamico di Hamas e dintorni. Come scrive Fabrizio d’Esposito, “Dio è con noi” è un motto che si cuce addosso agli Stati Uniti di Trump, alla Russia di Putin, a Israele di Netanyahu, ma anche all’India di Modi e persino, per certi versi, in Cina, dove il Partito comunista recupera pezzi di buddismo, confucianesimo, taoismo. Mentre in Europa e in Italia l’area sovranista si ammanta di un cattolicesimo ultraconservatore e anti-bergogliano. Roberto Festa ci porta negli Stati Uniti, raccontando il patto fra Trump e le potenti Chiese evangeliche, gra sedicenti “apostoli”, megachurch milionarie, crociate anti-gender e sostanziosi finanziamenti a spese dei contribuenti. Mentre Nancy Porsia si è immersa fra i neomessianici del Beth Israel Worship Center, in New Jersey, per raccontarci la strana alleanza fra cristianesimo ed ebraismo, sempre in chiave ultraortodossa. Del resto in Israele il Peres Centre for Peace and Innovation non esita a paragonare Hamas e le componenti più radicali del governo Netanyahu, opposti estremismi accomunati dal claim “morte agli infedeli”, scrive Roberto Casalini. E l’integralismo islamico? Passano le sigle del terrore, come al-Qaeda e Isis, ma l’idea resta: la nuova frontiera è l’Africa – basta guardare al Sudan – ma i soldi, le moschee e le scuole coraniche estremiste prosperano grazie a fondi copiosi che arrivano da Paesi “amici” dell’Occidente, come Arabia Saudita ed Emirati Arabi, si legge nell’inchiesta di Laura Silvia Battaglia. Dio non è morto, come qualcuno credeva. È tornato, anzi risorto, nella sua versione più bellicosa, totalitaria, ma anche pop. “Ehi raga, fate un applauso a Dio”, si sente dire al Ministero Sabaoth fondato a Milano dalla pastora brasiliana Rosalen Boerner Faccio, racconta Federica Tourn in un viaggio stupefacente nelle chiese evangeliche italiane, illustrato dal fotografo Federico Tisa. In Italia gli evangelici sono circa mezzo milione, e non sono solo immigrati. L’apostolo (anche qui) Lirio Porrello da Palermo conta diecimila fedeli in una settantina di chiese. Intanto qui da noi è possibile convertirsi all’Islam via Whatsapp, e chattare per districarsi nel labirinto di precetti che toccano ogni aspetto della vita quotidiana: Antonio Armano l’ha provato per voi. “Usare il nome di Dio per giustificare il sangue versato è la bestemmia più grande“, si indigna don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, che in una lunga intervista a Ettore Boffano riflette sull’uso (e abuso) politico della religione e sulla Chiesa del dopo Bergoglio. A scanso di equivoci, l’ottantenne don Ciotti c ricorda che Dio è sempre “dalla parte delle vittime”. Fuori dall’impegnativo tema di copertina, il premio Nobel per l’Economia Daron Acemoglu, intervistato da Chiara Brusini, ci mette in guardia dal “patto fra élite e le big tech dell’Intelligenza artificiale“, che “corrode la democrazia“. Sta accadendo negli Stati Uniti, ma lo scenario peggiore è quello della Russia, dove “non sono gli oligarchi a comandare Putin, è Putin che controlla gli oligarchi”. Il fotogiornalista Gabriele Rossi, invece, ha passato qualche settimana con i giovanissimi membri della gang “Barrio18” a San Pedro Sula, la città più violenta del violentissimo Honduras, raccogliendo le loro storie, fra omicidi, torture, spaccio e disastro sociale. Come sempre, spazio alle immagini d’autore, con un portfolio dedicato a un grande della fotografia italiana, Ferdinando Scianna, intervistato da Gabriele Miccichè. Infine, fra le rubriche, Valentina Petrini torna a parlare di “tossicità finanziaria“, il rischio povertà per chi scopre di avere un tumore ma si scontra con le liste d’attesa della sanità italiana, trovandosi costretto a pagare per non morire. Valentina Petrini vuole continuare a raccogliere storie: potete raccontarle la vostra scrivendo a millennium@ilfattoquotidiano.it. Per abbonarvi a Millennium e leggere gli articoli sul sito, cliccate qui. Tra le firme e gli intervistati di questo numero: Daron Acemoglu, Laura Silvia Battaglia, don Luigi Ciotti, Fabrizio d’Esposito, Roberto Festa, Peter Gomez, Antonio Padellaro, Nancy Porsia, Carlo Petrini, Valentina Petrini, Claudia Rossi, Federica Tourn, Marco Travaglio, Alberto Vannucci, Horacio Verbitsky L'articolo “Dio è con noi”: così Trump, Putin e Netanyahu arruolano la religione per guerre e potere proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Trump, Putin, Netanyahu e gli altri. Ma Dio è davvero con loro? Millennium Live con Fabrizio D’Esposito e Roberto Festa
Alle 12 di giovedì 11 dicembre torna Millenium Live con Roberto Festa, Fabrizoo D’Esposito e Mario Portanova. “Trump, Putin, Netanyahu e gli altri. Ma Dio è davvero con loro?” L'articolo Trump, Putin, Netanyahu e gli altri. Ma Dio è davvero con loro? Millennium Live con Fabrizio D’Esposito e Roberto Festa proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Di Gaza non si parla più: Israele può continuare ‘il lavoro’
di Rosamaria Fumarola Di Gaza non si parla più. Ciò a cui ambivano Israele ed i suoi sostenitori si è realizzato: continuare “il lavoro” senza il fastidioso cicaleccio dell’opinione pubblica mondiale. La Striscia è stata così di fatto consegnata ai suoi carnefici e la Cisgiordania alla violenta efferatezza dei coloni. Importante è stata tuttavia proprio la reazione generata nei due anni in cui si è consumata la mattanza, che ha segnato un limite oltre il quale l’umanità ha dimostrato di non essere disposta a tollerare il laissez faire consentito a Netanyahu. Se qualcuno ritiene però che tale reazione abbia posto termine alla disumanizzazione ed allo sterminio del popolo palestinese, sarà costretto a ricredersi. La barbarie che si è scatenata in Medio Oriente ha suscitato sì la reazione indignata del mondo e questa ha sollevato un dibattito sull’arroganza del potere esercitato da quella che in molti considerano ancora la sola democrazia in area mediorientale. È forse proprio questo dibattito la sola cosa positiva che il genocidio dei gazawi ha prodotto, perché ha imposto alle coscienze addormentate dell’Occidente interrogativi a cui prima o poi si dovrà dare una risposta e che avrà la responsabilità di imporre con la verità ai criminali un cambiamento, un argine che troppi anni orsono sarebbe dovuto essere imposto. Sintomatico è a tal proposito anche il silenzio caduto su un fenomeno quale la Global Sumud Flotilla, che ha dimostrato che un no può sempre essere detto e che uccidere un attivista è un conto, assassinarne centinaia perché hanno varcato un confine marittimo, peraltro illegittimo è altra cosa. Non riconoscere il ruolo determinante della Flotilla, che ha rappresentato una spina nel fianco dell’Occidente complice di Netanyahu e che è stata capace di risvegliare l’opinione pubblica mondiale, racconta molto meglio di tanti discorsi che a Gaza ed in Cisgiordania la persecuzione dei palestinesi non è destinata a lasciare il posto ad un vero cessate il fuoco. Va detto che la complessa situazione che Israele – dopo la sua nascita nel 1948 ed il suo essere ormai per legge uno stato confessionale – ha di fatto posto in essere un’anomalia che il tempo ha complicato, anche grazie ad una politica di violenza ed odio alla quale non ha mai abdicato. Gli orrendi fatti di cui si è reso responsabile hanno dimostrato che è necessario che questa democrazia sui generis comprenda che deve incominciare a fare un passo indietro e che se abbandonare quelle terre acquisite decenni fa non è possibile, almeno deve recedere dalla politica genocidaria e della ulteriore usurpazione territoriale. Solo questo fornirebbe la prova di un interesse concreto a dare avvio al processo di pace. Diventa fondamentale ora più che mai non cedere al disinteresse, ma restare vigili su quanto accadrà a Gaza ed in Cisgiordania, imparando a formulare accuse per ogni abominio di cui Israele si renda responsabile, affinché risponda dei propri atti puntualmente. Pagare per crimini tanto grandi è quasi impossibile, lo so, ciò che invece è auspicabile è un processo di riconciliazione che parta da un’ammissione di colpevolezza. Il regime segregazionista dell’apartheid in Sudafrica, prese anch’esso avvio nel 1948. Alla ricomposizione della dolorosa frattura tra neri ed afrikaners si giunse solo nel 1994, a cui contribuì l’istituzione della Commissione di Verità e Riconciliazione da parte di Nelson Mandela e che diede finalmente avvio alla pace. Mandela è stato a lungo presidente del Sudafrica. In molti gli rimproverano di non aver portato a compimento tutte le riforme ed i cambiamenti che il suo popolo si aspettava, ma tutto ciò era in fondo prevedibile. La storia ha bisogno di tempi lunghissimi per portare davvero alla nascita di democrazie compiute. La cosa certa è che però questo non accade senza che il percorso di pace prenda avvio dal riconoscimento della Verità e della responsabilità delle colpe. Solo dopo può avere inizio il nuovo tempo della Riconciliazione. IL BLOG SOSTENITORE OSPITA I POST SCRITTI DAI LETTORI CHE HANNO DECISO DI CONTRIBUIRE ALLA CRESCITA DE ILFATTOQUOTIDIANO.IT, SOTTOSCRIVENDO L’OFFERTA SOSTENITORE E DIVENTANDO COSÌ PARTE ATTIVA DELLA NOSTRA COMMUNITY. TRA I POST INVIATI, PETER GOMEZ E LA REDAZIONE SELEZIONERANNO E PUBBLICHERANNO QUELLI PIÙ INTERESSANTI. QUESTO BLOG NASCE DA UN’IDEA DEI LETTORI, CONTINUATE A RENDERLO IL VOSTRO SPAZIO. DIVENTARE SOSTENITORE SIGNIFICA ANCHE METTERCI LA FACCIA, LA FIRMA O L’IMPEGNO: ADERISCI ALLE NOSTRE CAMPAGNE, PENSATE PERCHÉ TU ABBIA UN RUOLO ATTIVO! SE VUOI PARTECIPARE, AL PREZZO DI “UN CAPPUCCINO ALLA SETTIMANA” POTRAI ANCHE SEGUIRE IN DIRETTA STREAMING LA RIUNIONE DI REDAZIONE DEL GIOVEDÌ – MANDANDOCI IN TEMPO REALE SUGGERIMENTI, NOTIZIE E IDEE – E ACCEDERE AL FORUM RISERVATO DOVE DISCUTERE E INTERAGIRE CON LA REDAZIONE. SCOPRI TUTTI I VANTAGGI! L'articolo Di Gaza non si parla più: Israele può continuare ‘il lavoro’ proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Israele, Netanyahu chiede la grazia al presidente Herzog. È sotto processo per corruzione, frode e abuso
Sotto processo per corruzione, frode e abuso, chiede la grazia al capo dello Stato. È quello che ha fatto il premier israeliano Benyamin Netanyahu con una una richiesta formale di perdono al presidente Isaac Herzog. Lo riporta News of Israel citando fonti della presidenza. La richiesta è contenuta in un documento di 111 pagine inviato dell’avvocato di Netanyahu, Amit Hadad, accompaganto da una lettera firmata dallo stesso premier israeliano. L’ufficio di Herzog pubblica il testo completo della richiesta. “Accettare questa richiesta consentirà al Primo Ministro di dedicare tutto il suo tempo, le sue capacità e le sue energie a fare progredire Israele in questi tempi critici”, scrive Hadad. “Inoltre, accogliere la richiesta contribuirà a ricomporre le fratture tra i diversi settori dell’opinione pubblica, aprendo la strada a un allentamento delle tensioni, il tutto allo scopo di rafforzare la resilienza nazionale del Paese”. Secondo l’ufficio di Herzog, Hadad ha presentato la richiesta al Dipartimento Legale della Residenza del Presidente. Il Dipartimento per le Grazie del Ministero della Giustizia “raccoglierà i pareri di tutte le autorità competenti del Ministero”, afferma l’ufficio di Herzog, quindi invierà le proprie raccomandazioni al consulente legale del presidente. Successivamente, i loro pareri saranno trasmessi al Consulente Legale dell’Ufficio presidenziale e al suo team per formulare un parere aggiuntivo per il presidente. “Data l’importanza di questa richiesta straordinaria e le sue implicazioni, i documenti vengono resi pubblici (in ebraico)”, si legge nella nota dell’ufficio presidenziale. L’ufficio di Herzog ha fatto sapere che il presidente esaminerà la richiesta “con responsabilità e sincerità, dopo aver ricevuto tutti i pareri pertinenti, consapevole che si tratti di una richiesta straordinaria che comporta implicazioni significative“. Netanyahu è sotto processo dal 2020 con le accuse di corruzione, frode e abuso di fiducia, in tre distinti casi. Il presidente può concedere la grazia dopo la condanna e, solo in rarissimi casi di interesse nazionale, anche durante il procedimento. E comunque sempre su richiesta della persona interessata o di un suo familiare stretto. A metà novembre Donald Trump aveva inviato una lettera a Herzog affinché concedesse la grazia a Netanyahu. Il capo dello Stato aveva risposto che il premier avrebbe dovuto “presentare una richiesta formale secondo le procedure stabilite”. Netanyahu, però, aveva spiegato di non voler chiedere la grazia nel suo processo per corruzione perché ciò avrebbe significato ammettere la propria colpevolezza. Evidentemente ha cambiato idea. L'articolo Israele, Netanyahu chiede la grazia al presidente Herzog. È sotto processo per corruzione, frode e abuso proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Attacco del 7 ottobre a Israele, Netanyahu si nasconde mentre nell’Idf iniziano le purghe: rimossi già tre alti ufficiali
“Il fallimento del 7 ottobre è stato sistemico e non tattico e momentaneo”. La frase è da attribuire al tenente generale Eyal Zamir, capo dell’esercito israeliano, a conclusione di una inchiesta elaborata da una commissione guidata dal generale in congedo Sami Turgeman su quel che accadde il giorno del massacro firmato da Hamas, con 1.200 morti e più di 200 ostaggi catturati, la maggior parte civili. L’Idf vuole riconquistare la fiducia degli israeliani e per questo, al contrario di quanto sta facendo il governo guidato dal premier Benjamin Netanyahu, mostra di essere attivo nell’individuare le responsabilità tra i suoi ranghi. Così, Zamir ha rimosso tre alti ufficiali. Il primo è il maggiore generale Aharon Haliva, ex capo della Direzione dell’intelligence militare che aveva annunciato le sue dimissioni nell’aprile 2024. A seguirlo l’ex capo della Direzione Operativa, il maggiore generale Oded Basiuk, che si è dimesso dall’esercito al termine del suo mandato nel mese di luglio. A chiudere la lista il maggiore generale Yaron Finkelman, ex responsabile del Comando Sud, sostituito nell’incarico lo scorso marzo dopo aver annunciato le dimissioni a gennaio. Nei confronti di altri ufficiali che sono ancora in servizio attivo, Zamir ha fatto sapere che saranno prese ulteriori misure. Queste decisioni sono state rese note nel bel mezzo di uno scontro aperto tra l’Idf e il governo Netanyahu, tanto che il ministro della Difesa, Israel Katz, ha annunciato il congelamento di un mese delle nomine di alto livello dell’Idf per riesaminare il rapporto di Turgeman. Katz ha incaricato il generale in congedo Yair Volanski di esaminare il documento e di presentare le sue conclusioni entro trenta giorni. Per capire a quale livello sia la frizione tra esercito e governo basta un esempio: secondo i media israeliani, Zamir non avrebbe aggiornato Katz sulle sanzioni indirizzate ai suoi ufficiali. Gli israeliani assistono a questo braccio di ferro continuando a chiedere al premier Netanyahu di avviare una inchiesta indipendente: sabato scorso, aderendo a una iniziativa lanciata dal gruppo October Council, in migliaia si sono radunati in piazza Habima a Tel Aviv e a gran voce hanno sollecitato l’esecutivo ad assumersi le sue responsabilità su quel che accadde il 7 ottobre. Alla protesta hanno preso parte molti esponenti dell’opposizione come l’ex primo ministro Naftali Bennett, Yair Lapid, Avigdor Liberman (Yisrael Beytenu), gli ex generali Benny Gantz (leader del partito Kaḥol Lavan), Gadi Eisenkot e Yair Golan (Democratici). Lapid ha poi scritto sui suoi profili social: “Stasera in piazza ci siamo riuniti con un chiaro intento, l’istituzione di una commissione statale d’inchiesta. Nel nostro governo, questo avverrà nei primi giorni”, profetizzando una sconfitta di Bibi Netanyahu nelle elezioni del prossimo anno. L'articolo Attacco del 7 ottobre a Israele, Netanyahu si nasconde mentre nell’Idf iniziano le purghe: rimossi già tre alti ufficiali proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Millennium, il numero sulle violenze dei coloni israeliani ancora in vendita in edicole, librerie e store online
È ancora disponibile il numero di MillenniuM, il mensile diretto da Peter Gomez, che con il titolo di copertina Gangs of Netanyahu racconta le violenze dei coloni israeliani in Cisgiordania ai danni della popolazione palestinese. Il numero si può acquistare in diversi store online (Amazon, Ibs, Feltrinelli, Mondadori, Liberia Universitaria, Hoepli), in edicole e librerie selezionate (trovate qui il punto vendita più comodo per voi). Dal 7 ottobre 2023 sono oltre 1.100 i palestinesi sono stati uccisi negli scontri con bande armate di coloni israeliani spalleggiati dall’esercito e dalla polizia (qui un riassunto del numero). Una lunga inchiesta di Fabio Scuto ripercorre gli episodi più cruenti, mette in luce i legami fra i coloni e il governo Netanyahu e spiega chi sono e come si finanziano i gruppi più violenti. Il numero è arricchito da un ritratto di Daniella Weiss, leader ideologica del movimento che ora promette di colonizzare anche la Striscia di Gaza, mentre lo storico Arturo Marzano spiega come il sionismo sia passato negli anni da una visione progressista a un radicalismo religioso di destra. In un’intervista, l’autorevole arabista Gilles Kepel mette in guardia dal rischio terrorismo, anche in Europa, legato alla crisi palestinese. Al di fuori del tema di copertina, MillenniuM propone una lunga inchiesta di Youssef Taby sui cosiddetti “maranza” milanesi, mente la chiuruga-narratrice Ilaria Potenza esplora una nuova frontiera della maternità: il social freezing, la crioconservazione degli oviciti grazie alla quale le donne possono pianificare una gravidanza, non più solo per esigenze terapeutiche, ma per conciliazione famiglia e professione. Fra i rubrichisti del mensile ricordiamo Marco Travaglio, Antonio Padellaro, Valentina Petrini, Luca Mercalli, Claudia Rossi, Carlo Petrini, Fabrizio d’Esposito, Alberto Vannucci. MillenniuM esce contemporaneamente su tutti i canali di vendita: edicole, librerie e store online. Il giorno di uscita è venerdì di metà mese, invece del tradizionale sabato. Di conseguenza, anche i MillenniuM Live, le dirette social in cui sono presentati i contenuti del numero in corso, si spostano dal venerdì al giovedì. Detto questo, il modo più semplice per leggere il mensile è abbonarsi alla versione cartacea o digitale. L’abbonamento dà diritto anche all’accesso alla versione navigabile, e all’archivio, del sito. L'articolo Millennium, il numero sulle violenze dei coloni israeliani ancora in vendita in edicole, librerie e store online proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Gangs of Netanyahu, l’altra guerra impunita degli israeliani: Portanova presenta il nuovo numero di MillenniuM
Abbiamo pensato che fosse arrivato il momento di scandagliare l’altro fronte del conflitto fra Israele e i palestinesi, partendo da un fenomeno finora poco approfondito, quello delle violenze illegali e impunite dei coloni in Cisgiordania. Come al solito non ci siamo fermati al racconto dei fatti – comunque sconvolgenti – ma abbiamo provato ad andare oltre. Con un’intervista a Gilles Kepel sui possibili sbocchi dopo il cessate il fuoco mediato da Trump, con un ritratto della leader estremista Daniella Weiss, con un viaggio alle origini del fanatismo ideologico-religioso dei coloni accompagnati dallo storico Arturo Marzano. Dal 14 novembre in edicole e librerie selezionate e in tutti gli store online Da subito in abbonamento L'articolo Gangs of Netanyahu, l’altra guerra impunita degli israeliani: Portanova presenta il nuovo numero di MillenniuM proviene da Il Fatto Quotidiano.
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