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Sede del Pd a Chiavari vandalizzata, la lettera anonima dei presunti autori: “Avevamo bevuto troppo”
Si era parlato di violenza politica, un’aggressione squadrista dall’inconfondibile matrice fascista. C’era stata la condanna da parte della politica regionale e persino di Elly Shlein. Ora una lettera anonima rischia di ribaltare la possibile ricostruzione dei danneggiamento al circolo locale di Chiavari del Partito Democratico: la politica – dice la lettera – non c’entra. Almeno è quanto si legge nel testo senza firma lasciato nell’androne della sede de Il Secolo XIX da un ragazzo dal volto coperto. La firma: “Ragazzi del misfatto“. La lettera è autentica? Gli autori sono davvero coloro che hanno danneggiato il circolo dem a suon di cori che inneggiavano al Duce? E’ una burla, l’opera di un mitomane, una giustificazione per nascondere l’impeto di un momento e gli spiriti nostalgici veri o presunti? La lettera è stata requisita dalla polizia per gli accertamenti del caso. Si legge: “Scriviamo per scusarci del pasticcio che abbiamo combinato. Non ci aspettavamo questo riscontro a livello nazionale e ci dispiace molto anche perché non ha senso prendere di mira un luogo pacifico come il Pd di Chiavari. Siamo ragazzi giovani, senza alcun interesse per la politica e speriamo che la questione si possa risolvere in modo sereno, sperando di non aver lasciato danni permanenti né al Pd Chiavari né sul suolo pubblico”. Il movente, semplicemente, non c’è, spiegano gli anonimi: “Avevamo bevuto troppo e abbiamo causato questi danni, non siamo in alcun modo coinvolti in organizzazioni filofasciste e non la pensiamo in quel modo, non ci interessa la politica, il nostro è stato solo un gesto insensato e privo di ragionamento, dettato da un consumo eccessivo di alcolici”. Il segretario del circolo, Antonio Bertani, aveva dichiarato di aver udito frasi come “Siamo noi i camerati” e “Duce, duce!“. La matrice dei cori sarebbe la stessa degli atti vandalici: “I cori che si possono essere sentiti sono risultato di un eccessivo consumo alcolico. Però, comunque, non possono essere giustificati e ci scusiamo”. I “Ragazzi del misfatto” definiscono l’aggressione uno stupido errore e, oltre a scusarsi, si rendono disponibili a risarcire i danni. L'articolo Sede del Pd a Chiavari vandalizzata, la lettera anonima dei presunti autori: “Avevamo bevuto troppo” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Cacciari a La7: “Se crescono le destre è colpa della pessima politica europea, non di libri esposti a una fiera”
“Secondo me fanno un errore, non è con sistemi di censura che si combattono le idee, per quanto pericolose siano.” Sono le parole pronunciate a Otto e mezzo (La7) dal filosofo Massimo Cacciari, a proposito delle polemiche relative alla fiera della piccola e media editoria, Più libri più liberi, che oggi apre i battenti in un clima di tensione per la presenza, tra gli editori ammessi, di Passaggio al Bosco, sigla fiorentina nata nell’orbita della “Destra identitaria”. Contro la partecipazione della casa editrice si sono mobilitati storici, associazioni antifasciste e centinaia di scrittori, che nella lettera aperta del 2 dicembre parlano di un “pantheon nazifascista e antisemita” e chiedono all’AIE di revocare l’ammissione, evocando il precedente Altaforte del 2019. Nel dibattito interviene Cacciari, rovesciando il punto di vista. Per il filosofo, concentrare l’attenzione sull’espositore controverso significa ignorare il terreno su cui si alimentano i fenomeni neofascisti: “La battaglia politica-culturale contro i fenomeni fascisti la fai nella scuola, studiando, all’università, discutendo, dialogando, la fai con una politica seria. Se crescono le forze di destra, anche fasciste, in Europa, non è colpa di una casa editrice che esponga o non esponga i suoi libri, è colpa di una cattiva, pessima politica europea“. Quando Lilli Gruber commenta contrariata (“Non so, l’Europa cosa c’entra?”), Cacciari ribadisce: “Certo, la cattiva politica europea. Se ci fosse stata una seria politica europea, non ci sarebbe l’alleanza per la Germania, non ci sarebbe la Le Pen. Mussolini per caso è stato portato con le armate e dai marziani oppure è stato portato dalla cattiva politica precedente, da errori fatti da socialisti, da comunisti, da liberali? Che cos’è che produce il fascismo e il nazismo? Si autoproducono?“. Di fronte all’obiezione della conduttrice (“Questa casa editrice pubblica Mussolini”), Cacciari replica: “Mussolini è sempre stato pubblicato, anche il Mein Kampf. Sono sempre state le case editrici che hanno pubblicato alcuni testi canonici del fascismo, con altri, magari sotto mentite spoglie.” E aggiunge: “Certo, la prospettiva politica è quella, ma sono libri che si sono sempre trovati, case editrici che le hanno sempre pubblicate.” La sua posizione insiste sull’inefficacia concreta dei divieti: “Fatto sta che questi libri si sono sempre trovati, che differenza fa nella sostanza che si trovino in una libreria o che si trovino al festival più libri, più liberi? Che differenza fa? Nessuna. Perché questi testi si trovano in tutta Europa, dappertutto, in tutte le librerie, o se no le ordini. Su Amazon le ordini, tutti. Anche i peggiori, tutti.” E conclude: “Cosa vuoi che conti nel mondo attuale la censura? Cosa vuoi che fermi la censura? È solo cultura, scuola, educazione che può servire a qualcosa.” L'articolo Cacciari a La7: “Se crescono le destre è colpa della pessima politica europea, non di libri esposti a una fiera” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Il lato nero della Spagna: per i 50 anni della morte di Francisco Franco messe e raduni tra neonazisti e preti compiacenti
A cinquant’anni dalla morte di Francisco Franco, in Spagna si moltiplicano messe, omaggi e iniziative pubbliche che celebrano la figura del dittatore. Da Madrid a Valencia, passando per decine di parrocchie, il 20 novembre — data simbolica del 20-N, giorno della morte sia del Caudillo sia del falangista José Antonio Primo de Rivera — diventa ancora una volta il palcoscenico di un nostalgismo organizzato, che unisce fondazioni franchiste, movimenti ultracattolici e sacerdoti apertamente conservatori. Il tutto nell’indifferenza, quando non nel silenzio complice, di buona parte della gerarchia ecclesiastica. Al centro di questa rete spiccano due attori storici: la Famiglia Franco, che custodisce l’eredità politica del dittatore, e la Fundación Nacional Francisco Franco, oggi sotto esame per violazione della legge sulla memoria democratica. Nonostante il possibile scioglimento, la Fnff continua a convocare i suoi sostenitori e quest’anno invita a una messa nella parrocchia madrilena dei Dodici Apostoli, mentre promuove celebrazioni in molte altre diocesi. Accanto alla fondazione opera il Movimiento Católico Español, guidato da José Luis Corral, veterano dell’ultracattolicesimo spagnolo. Per il Mce non conta chi organizzi la messa: conta l’obiettivo, ovvero pregare per Franco e per Primo de Rivera. Sul fronte ecclesiastico non mancano figure controverse. Tra queste, il sacerdote Jesús Calvo, volto storico del tradizionalismo cattolico e sostenitore dichiarato del regime, simbolo di quella miscela di nostalgia autoritaria e religiosità identitaria che segna una parte della Chiesa spagnola. Ma Calvo non è un caso isolato: secondo le associazioni memorialiste, ogni anno decine di parroci celebrano messe per l’anima del dittatore. Molti lo fanno in silenzio, temendo esposizione mediatica o richiami dei vescovi, ma senza mai interrompere la pratica. La reazione arriva soprattutto dall’Asociación para la Recuperación de la Memoria Histórica. Il presidente Emilio Silva accusa la Chiesa di legittimare, con queste celebrazioni, un regime responsabile di repressione e crimini sistematici. L’associazione chiede al governo di intervenire, anche riconsiderando i privilegi fiscali concessi all’istituzione ecclesiastica. Le tensioni sono esplose soprattutto nella Comunità Valenciana, dove la messa per Franco celebrata nella parrocchia di Simat de la Valldigna — pagata da un fedele — è stata definita “un’umiliazione” dalle famiglie delle vittime della dittatura. Le messe, però, rappresentano solo un tassello di un apparato più ampio. Come documentano diverse inchieste, durante la “settimana del 20-N” si organizzano una ventina di eventi: manifestazioni, cene nostalgiche, discorsi pubblici. Il Mce ha convocato un raduno a Plaza de Oriente con la partecipazione della neonazista Isabel Peralta; la Falange Española de las Jons sfila da via Génova fino alla sede del Psoe denunciando un immaginario “genocidio degli spagnoli”; nostalgici si recano nei cimiteri di Mingorrubio e San Isidro per omaggi floreali a Franco e Primo de Rivera. La Fnff prepara una cena in luogo segreto, mentre gruppi affini si ritrovano nel “Chino franquista”, bar madrileno noto per l’estetica falangista. Il 22 novembre la Comunión Tradicionalista Carlista annuncia una messa al Cerro de los Ángeles con slogan come “España vive” e richiami al golpe definito “crociata”. Dietro questo calendario fitto si muove una rete strutturata, che continua a reinterpretare il franchismo come un riferimento politico, culturale e religioso. Il fatto che molte diocesi mantengano un silenzio costante solleva interrogativi giuridici e morali: come può una democrazia tollerare celebrazioni pubbliche di un regime dittatoriale? E quale spazio resta per la memoria delle vittime, quando chi difende l’eredità del Caudillo mantiene una visibilità tanto capillare? Per i nostalgici, quelle messe non sono un rito privato: sono un gesto politico. Per chi difende la memoria democratica, rappresentano la prova che il franchismo non è mai del tutto uscito dalla scena pubblica spagnola. L'articolo Il lato nero della Spagna: per i 50 anni della morte di Francisco Franco messe e raduni tra neonazisti e preti compiacenti proviene da Il Fatto Quotidiano.
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