Arriva a una svolta la catena di inchieste per corruzione nell’Agenzia per gli
appalti della Nato (Nspa), di cui il Fatto ha dato conto nei giorni scorsi. Il
gigante della difesa israeliana, Elbit Systems, è stata sospesa dalla Nato a
causa di un’indagine per corruzione. Inoltre un italiano di sessant’anni
strettamente legato a Elbit è nel mirino di un mandato di arresto internazionale
per il suo presunto ruolo nella corruzione di dipendenti della Nspa. Lo ha
rivelato la testata online olandese Follow The Money (Ftm), che sta conducendo
una inchiesta giornalistica con le testate partner La Lettre, Le Soir e Knack.
La Nato Support and Procurement Agency (Nspa) è da tempo al centro di un vasto
scandalo di corruzione, con personale attuale ed ex funzionari sotto inchiesta
in Belgio e Lussemburgo, dove l’agenzia ha sede, mentre due indagini condotte
negli Usa sono state improvvisamente e inspiegabilmente archiviate a luglio,
sollevando dubbi su interferenze politiche. Diversi sospettati sono stati
arrestati a maggio durante raid della polizia in sette Paesi, tra cui Belgio e
Stati Uniti. Si presume che alcune aziende del settore della difesa abbiano
pagato tangenti per un valore potenziale di milioni per assicurarsi contratti
tramite l’Nspa per la fornitura all’alleanza militare e ai suoi 32 Stati membri.
Ftm ora ha ottenuto documento che mostrano che Elbit, uno dei principali
fornitori della Nato, è stata sospesa dalla Nspa il 31 luglio. Diversi dei suoi
contratti in corso sono sospesi e l’azienda non può più competere per nuove gare
d’appalto.
Secondo Ftm una figura chiave associata a Elbit, un cittadino italiano
identificato come Eliau Eluasvili, uno dei consulenti di Elbit che al momento
non è indagata, è ricercato a livello internazionale per il suo presunto ruolo
nella corruzione del personale della Nspa. Eliau E. è proprietario o direttore
di diverse società di consulenza nel settore della difesa: Elar Systems Corp
negli Stati Uniti, Eral Systems UAB in Lituania e Arelco Europe Management
Consultancies in Grecia.
La Procura federale belga ha confermato che il 30 settembre è stato emesso
tramite l’Interpol un mandato di arresto internazionale nei confronti di Eliau
E. per le ipotesi di reato di corruzione e associazione a delinquere. Il
ricercato è ancora latitante e si suppone che abbia cambiato identità. Il 31
luglio la Nspa ha sospeso Elbit e Orion Advanced Systems, una delle sue
controllate: secondo fonti a conoscenza della situazione, tra gli appalti Nato
vinti da Elbit che sono stati sospesi ci sono contratti per la fornitura di
obici montati su camion, sistemi di artiglieria missilistica mobile e sistemi di
difesa per aerei ed elicotteri militari e detonatori esplosivi della Orion
Advanced Systems.
Elbit è il più grande produttore di armi di Israele, con un fatturato di quasi 7
miliardi di dollari nel 2024. L’azienda, che ha sede a Haifa, produce droni,
carri armati e munizioni, tra le altre attrezzature militari, ed è al 25° posto
nella classifica delle 100 più grandi aziende di difesa mondiali secondo i
rapporti dello Stockholm International Peace Research Institute (Sipri).
Nell’ultimo decennio, Elbit ha venduto alla Nato equipaggiamenti militari per un
valore di decine di milioni di euro, tra cui munizioni, visori notturni e
sistemi antimissile per aerei, ma il valore totale potrebbe essere molto più
alto, poiché molti contratti militari e le somme di denaro coinvolte non vengono
mai resi pubblici. Un portavoce di Elbit ha dichiarato che l’azienda non è stata
in grado di commentare le accuse.
Due persone vicine all’inchiesta hanno affermato a Ftm che Eliau E. era in
stretto contatto con Guy M., il principale sospettato dell’indagine belga:
secondo gli inquirenti quest’ultimo avrebbe gestito tangenti per un valore
complessivo di 1,9 milioni di euro. Si tratta di un ex funzionario della difesa
belga ed ex dipendente della Nspa, che ha iniziato a lavorare come consulente
dopo aver lasciato l’agenzia nel 2021. Guy M. è stato arrestato all’aeroporto di
Bruxelles il 12 maggio scorso con l’accusa di appartenenza a un’organizzazione
criminale, corruzione e riciclaggio di denaro. Il sessantenne ha trascorso circa
sei mesi in custodia cautelare prima di essere rilasciato il mese scorso con un
braccialetto elettronico. Secondo una persona vicina alle indagini, Eliau E. e
Guy M. sono stati presentati dal turco Ismail Terlemez, un altro ex dipendente
della Nspa. Ora dirige Arca, una delle aziende di difesa in più rapida crescita
in Turchia, di cui è anche comproprietario. Terlemez è stato arrestato anche in
Belgio a maggio. Il 43enne avrebbe dovuto essere estradato negli Stati Uniti,
dove era in corso un’indagine parallela sulla corruzione negli appalti della
Nato. Ma quando l’indagine fu bruscamente interrotta a luglio, la richiesta di
estradizione decadde e Terlemez fu rilasciato.
L'articolo Scandalo appalti Nato, nel mirino il colosso israeliano Elbit
Systems: mandato d’arresto per un italiano proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Nel corso della sua consueta diretta streaming su Facebook, il presidente
uscente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, affonda il colpo su
geopolitica, media occidentali e crisi mediorientale, costruendo un intervento
che scorre come un atto d’accusa contro la “mistificazione” che domina il
racconto pubblico della guerra tra Russia e Ucraina.
Il governatore parte dall’ultima dichiarazione del comandante militare della
Nato, l’ammiraglio Cavo Dragone, che evoca la disponibilità della Nato a
condurre attacchi preventivi nel campo della cybersicurezza e della protezione
delle infrastrutture strategiche. Un’affermazione che per De Luca diventa il
simbolo di una narrazione rovesciata che ha causato una distorsione mediatica:
“Sulle prima pagine dei giornali abbiamo letto: ‘La Russia minaccia l’Europa’.
Continuiamo in questa linea di mistificazione intollerabile. La Russia non si
regge neanche in piedi, ma che deve minacciare? Sta da quattro anni e non riesce
ad avanzare neanche nel Donbass. Ha un Pil che è inferiore a quello
dell’Italia“.
A far da contrappunto, De Luca richiama la lezione storica della crisi di Cuba
per spiegare le ragioni strategiche di Mosca: l’allargamento della Nato nell’Est
Europa configurerebbe, a suo giudizio, una minaccia tale da giustificare
l’atteggiamento russo: “Kennedy aveva ragione. Non puoi mettermi i missili a
dieci minuti di distanza da Washington o da New York, quindi li devi togliere,
perché quando si parla della sicurezza fondamentale di una grande potenza, la
legge che prevale è questa: la tutela delle ragioni fondamentali di sicurezza.
Dovrebbe valere questa legge anche per la Russia, perché finché non avrà una
condizione accettabile di sicurezza, ma si trova lungo tutto il confine i
missili della Nato a dieci minuti da Mosca e da San Pietroburgo, sarà sempre un
po’ preoccupata e un po’ nervosa. Ma, secondo molti media italiani, la Russia
aggredisce”.
La diretta vira poi sulla crisi mediorientale, con toni che si fanno ancora più
duri. De Luca denuncia la recrudescenza dell’antisemitismo in Europa,
collocandolo nel quadro emotivo prodotto dal genocidio a Gaza e dalle immagini
delle vittime civili palestinesi: “Oggi riprende vigore l’antisemitismo, perché
a Gaza il genocidio in atto del popolo palestinese ha cambiato completamente lo
stato d’animo di milioni di cittadini d’Europa e soprattutto di giovani per i
quali i campi di concentramento sono vicende storiche e lontane, mentre invece i
morti e ammazzati di Gaza sono cose quotidiane. E così – prosegue – apprendiamo
che 5mila bambini hanno bisogno di medicinali ma non li fanno arrivare, che
nelle carceri israeliane si torturano i prigionieri e si violentano le donne,
che in Cisgiordania si fanno i rastrellamenti come facevano i nazisti e si dà
un’ora di tempo alle famiglie palestinesi per abbandonare le case e le buttano a
terra oppure le ammazzano nell’indifferenza generale”.
E sottolinea: “Quando parliamo di antisemitismo dobbiamo capire che o
prosciughiamo le sorgenti dell’antisemitismo, oppure parliamo al vento. O
affermiamo che il diritto vale per tutti sul piano internazionale, anche per
Israele, oppure non si frenerà l’ondata di antisemitismo. Perché sarà difficile
per un ragazzo di 18 anni distinguere tra governo e cittadini israeliani. Tutti
questi distinguo di fronte alle migliaia di morti e al genocidio non valgono
niente. Questa è la realtà”.
La critica si estende al sistema internazionale, giudicato incapace di far
rispettare il diritto e di contenere la logica della guerra preventiva. Israele,
osserva, è “l’unico Paese del Medio Oriente dotato di armi atomiche e 100
ordigni nucleari”, un’anomalia che mina la credibilità dell’intero impianto
multilaterale.
Il presidente campano approda così a una riflessione più ampia sul rischio di un
progressivo scivolamento verso la normalizzazione della guerra, soprattutto in
società in cui si attenua la memoria dei conflitti del Novecento. L’ossessione
per il riarmo, l’espansione delle alleanze militari e la spettacolarizzazione
delle tecnologie belliche costituirebbero, nella sua lettura, un pericolo
imminente: “Più vengono fuori nuove generazioni lontane dalla memoria delle
guerre mondiali, più la guerra diventa una tragedia possibile”.
La conclusione è una sorta di ammonimento rivolto tanto alla politica quanto
agli apparati militari: le tecnologie di difesa, afferma, si potenziano “in
silenzio”, senza proclami, e la strada da seguire non è l’esibizione muscolare
bensì il ritorno al multilateralismo, unico orizzonte che può tutelare la pace:
“Facciamo qualche ragionamento su una linea che guarda al multilateralismo, non
al potenziamento delle alleanze militari, perché su questa strada la pace non la
difendiamo, è una illusione”.
L'articolo De Luca: “Sulla Russia mistificazione intollerabile”. E su Gaza: “I
giovani europei rifiutano narrazioni ipocrite sul genocidio” proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Vladimir Putin chiama, Mark Rutte risponde. “Se l’Europa vuole la guerra, noi
siamo pronti“, ha detto lo zar prima dell’incontro di 5 ore con Steve Witkoff e
Jared Kushner al termine del quale Mosca ha fatto sapere che con gli Stati Uniti
“non è stato trovato un compromesso” su uno dei nodi principali del negoziato: i
territori contesi con Kiev. Da lì è partito il segretario generale della Nato,
aprendo la riunione dei ministri degli Esteri dell’Alleanza a Bruxelles, per
rinnovare l’invito agli alleati a intensificare investimenti e sostegno
all’Ucraina. Mosca, ha sottolineato l’ex premier olandese, “continua a mettere
alla prova la nostra deterrenza“, continua a “violare nostro spazio aereo con
jet e droni, ha condotto sabotaggi e invia navi spia nelle nostre acque. Queste
azioni sono sconsiderate e sono pericolose”.
Fin qui il leader dell’Alleanza atlantica è rimasto concentrato sull’Europa,
quindi ha allargato il perimetro dell’analisi: “Non è solo la Russia”, ha
proseguito Rutte, Mosca “sta lavorando a stretto contatto con la Cina, la Corea
del Nord e l’Iran per tentare di disturbare le nostre società e stracciare le
regole globali. Si stanno preparando per un confronto a lungo termine“. E’ un
segreto di Pulcinella, ma detto in questo momento fa il suo effetto. Il volume
degli scambi commerciali tra i due paesi ha toccato i 240 miliardi di dollari
nel 2023, Pechino è diventata un acquirente chiave del petrolio e del gas russo,
offrendo a Mosca un mercato di sbocco vitale dopo le sanzioni occidentali, e le
fornisce materiali “dual use”, componenti elettronici (inclusi semiconduttori) e
macchinari industriali fondamentali per l’industria della difesa.
Da almeno due anni Pyongyang invia in Russia personale militare, inclusi soldati
e unità di costruzione, che combattono al fianco delle truppe russe o sono
impiegati nelle opere di ricostruzione nelle aree occupate come la regione di
Kursk, oltre a missili balistici a corto raggio, proiettili di artiglieria,
razzi e munizioni per mortai. E Teheran da parte sua ha fornito a Mosca migliaia
di droni kamikaze Shahed, che le forze russe hanno ampiamente utilizzato per
attacchi aerei a basso costo contro obiettivi militari e civili, e secondo le
agenzie di intelligence occidentali anche missili balistici a corto raggio.
Nulla che non fosse già noto, quindi. Ma ricordarlo a poche ore dal fallimento
dell’ennesima tornata di colloqui per il cessate il fuoco serve a spingere
l’acceleratore nella direzione da tempo intrapresa nella Nato e nell’Unione
europea, i cui stati parlano da tempo di programmi di riarmo per centinaia di
miliardi e stanno reintroducendo i servizi di leva obbligatoria o volontaria –
Francia e Germania sono gli ultimi due casi – per rinfoltire le file di eserciti
sostanzialmente a riposo da decenni e depauperati dall’invecchiamento costante
dei popoli del continente.
La Nato, ha detto ancora Rutte, sta “rispondendo con forza, unità e
determinazione”. Gli alleati europei e il Canada “stanno davvero intensificando
gli investimenti nella difesa, e questo è positivo, ma non possiamo permetterci
di riposare sugli allori: tutti noi dobbiamo fare la nostra parte e
velocemente”. Il riferimento è all’accordo raggiunto il 1° dicembre 2025 per la
partecipazione di Ottawa -prima capitale non europea a farlo – al programma
Security Action for Europe (SAFE), lo strumento finanziario dell’Ue volto ad
accelerare la prontezza della difesa permettendo investimenti urgenti
nell’industria della difesa europea. “Dobbiamo anche sostenere di più
l’Ucraina”, ha proseguito il capo dell’Alleanza, evidenziando che nel mentre
serve accelerare i contributi al meccanismo Purl (Prioritized Ukraine
Requirements List), mediante il quale gli alleati acquistano con i proprio soldi
le armi dagli Usa e le consegnano a Kiev, così che possa “difendersi oggi e
prevenire l’aggressione in futuro”.
L'articolo Ucraina, Rutte (Nato) spaventa l’Europa: “La Russia lavora con Cina,
Nord Corea e Iran per una guerra a lungo termine” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
L'articolo Ucraina, niente intesa sui territori. Rutte (Nato): “Avanti con armi
a sanzioni. Putin minaccia, ma lontano dal fronte” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Torna l’appuntamento settimanale con Sicurezza Internazionale, la rubrica
settimanale di Alessandro Orsini, che oggi interviene sulle recenti affermazioni
dell’ammiragio Cavo Dragone e cerca di rispondere all’interrogativo: “La Nato
attaccherà la Russia?”
L'articolo La Nato attaccherà la Russia? La diretta con Alessandro Orsini
proviene da Il Fatto Quotidiano.
Un attacco informatico della Nato, preventivo, nei confronti della Russia?
“Prenderebbe di mira la rete elettrica, i trasporti pubblici ma anche i voli
aerei, oppure la finanza con possibili blocchi ai prelievi dei contanti da parte
dei cittadini comuni, con bancomat e carte. I civili sono le prime vittime in
una guerra ibrida”. Michele Colajanni dipinge scenari in bilico sull’apocalisse,
analizzando il monito bellicoso affidato al Financial Times dall’ammiraglio
Giuseppe Cavo Dragone, il più alto ufficiale militare dell’Alleanza Atlantica.
La Nato sta valutando di essere “più aggressiva” contro la Russia, nel
rispondere agli attacchi informatici, ai sabotaggi e alle violazioni dello
spazio aereo: ovvero, l’intero arsenale della guerra ibrida. Secondo l’ufficiale
della Nato, neppure “l’attacco preventivo” contro Mosca è escluso, perché
sarebbe “un’azione difensiva”. Colajanni, tra i massimi esperti italiani di
sicurezza informatica, docente di scienze informatiche all’università di Bologna
e Reggio Emilia, è stupito dalle parole dell’Ammiraglio: “Di solito, queste cose
si fanno ma non si dicono, è così che agisce Putin. In una guerra ibrida, i
civili sono le prime vittime”.
Professor Colajanni, torna alla memoria la teoria della “guerra preventiva” con
cui Bush giustificò l’invasione dell’Iraq e dell’Afghanistan dopo l’attentato di
Al Qaeda alle torri gemelle.
Quella era la guerra tradizionale ma oggi è sempre meno in voga, soppiantata
dalla guerra ibrida. Cavo Dragone evoca uno scenario distantissimo dal conflitto
tradizionale.
In cosa consiste la guerra ibrida?
Attacchi informatici, droni per invadere lo spazio aereo, disinformazione, ma
anche il sabotaggio fisico. Queste opzioni hanno una cosa in comune: la mano del
colpevole è sempre invisibile ed è quasi impossibile attribuire responsabilità
in modo certo. È una guerra che non si svolge in mimetica, sparando col fucile o
lanciando i missili: in questo caso non c’è il radar a svelare l’origine del
raid. I confini della guerra ibrida con le attività civili sono molto sfumati e
fluidi
Se non si può sapere chi ha commesso l’attacco ibrido, Nato ed Europa come
possono essere certe che il colpevole sia Putin?
Infatti non hanno prove definitive contro Mosca, né sugli attacchi informatici
né sui droni che violano lo spazio aereo. Anche per questo l’Occidente e la Nato
sono in difficoltà. Per il diritto internazionale – largamente in declino con
l’Onu ridotto a spettatore – puoi reagire solo se il responsabile è chiaramente
individuato. Invece in questi casi è sempre occulto, soprattutto per gli
attacchi informatici commessi da delinquenti esperti, presumibilmente manovrati
dagli Stati.
Eppure gli esperti sono concordi, nell’attribuire alla Russia un numero
sconfinato di attacchi cibernetici contro l’Occidente.
È dimostrata la responsabilità di gruppi criminali russi, in numerosissimi
attacchi informatici contro Paesi democratici. Però manca la prova della
connessione tra i colpevoli e gli apparati militari e statali del Cremlino.
L’Occidente come si adatta alla nuova guerra ibrida?
La Nato è rimasta alla guerra “guerreggiata” e alle teorie di von Clausewitz, ma
non funzionano nello scenario odierno. Infatti le parole di Cavo Dragone
annunciano un cambio di rotta e la volontà di attrezzarsi alla guerra ibrida,
abbandonando la tradizione. Il sabotaggio, ad esempio, non è più un’esclusiva
dei terroristi, ma anche degli Stati: ne sono un esempio gli attacchi ai
gasdotti Nord Stream e ai cavi nel Mar Baltico.
Dunque Cavo Dragone, per vincere la guerra contro la Russia, dice che dobbiamo
fare come la Russia?
Sì, in buona sintesi, almeno nel modo di fare la guerra dovremmo imitare il
Cremlino abbandonando lo scontro aperto. Del resto, la guerra ibrida è stata
teorizzata dalla Russia almeno dal 2013, già prima dell’invasione russa in
Crimea, con la dottrina Gerasimov.
In cosa consiste la dottrina elaborata dal generale russo Valerij Gerasimov?
Un conflitto asimmetrico e mai aperto, condotto in modo che l’aggressore abbia
sempre il vantaggio dell’anonimato, perché sarebbe impossibile risalire al
colpevole di un attacco informatico, oppure al pilota di un drone manovrato a
distanza. Per non parlare delle attività di disinformazione, quasi sempre
avvolte nel mistero.
Questa dottrina però non è in un documento ufficiale del Cremlino, bensì una
ricostruzione degli analisti occidentali.
È vero che non è un documento ufficiale, ma Gerasimov ne scrisse in un articolo
del 2013, dopo le primavere arabe. Lui attribuiva l’origine della guerra ibrida
all’intelligence americana. Nel frattempo, i russi si suppone l’abbiano messa in
pratica, gli americani meno. Ma forse ora anche la Nato e l’Occidente si stanno
adeguando.
Perché la Nato ha minacciato pubblicamente la Russia, invece di attaccarla senza
dirlo?
Le parole di Cavo Dragone sembrano anche un segnale di frustrazione occidentale,
per non riuscire a inchiodare Putin alle sue responsabilità. Ma forse è un
messaggio con diversi destinatari: alla Russia dice di stare attenta, alzando
l’asticella della deterrenza, perché l’Occidente potrebbe attaccare con una
strategia da guerra ibrida; ai cittadini e a chi si oppone, dice chiaramente che
anche la Nato può essere più aggressiva e attaccare per prima. Questa sembra la
direzione.
Ci sono segnali che l’Occidente stia abbracciando la guerra ibrida?
Certo e li possiamo osservare in casa nostra. Crosetto ha detto chiaramente che
“l’Italia è già in una guerra ibrida”. Infatti vuole assumere 1500 soldati da
scrivania, quelli che fanno la guerra con gli attacchi informatici. Il generale
Masiello, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, invece ha dichiarato: “chi non
possiede la superiorità tecnologica è destinato a soccombere. Il cyber non è più
un supporto, ma un dominio di manovra al pari di terra, mare e cielo”.
L'articolo “Attacchi informatici a reti elettriche, banche e anche aerei. È la
guerra ibrida Nato-Russia evocata dall’ammiraglio Cavo Dragone” proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Secondo il più alto ufficiale militare dell’alleanza, la NATO sta valutando di
essere “più aggressiva” nel rispondere agli attacchi informatici, ai sabotaggi e
alle violazioni dello spazio aereo della Russia. L’ammiraglio Giuseppe Cavo
Dragone ha dichiarato al Financial Times che l’alleanza militare occidentale sta
valutando di intensificare la sua risposta alla guerra ibrida di Mosca.
“Stiamo studiando tutto… Sul fronte informatico, siamo in un certo senso
reattivi. Essere più aggressivi o proattivi invece che reattivi è qualcosa a cui
stiamo pensando”, ha affermato Dragone, che è presidente del comitato militare
della NATO.
L’Europa è stata colpita da numerosi incidenti di guerra ibrida – alcuni
attribuiti alla Russia e altri poco chiari – dal taglio dei cavi nel Mar Baltico
agli attacchi informatici in tutto il continente.
Alcuni diplomatici, soprattutto dei paesi dell’Europa orientale, hanno esortato
la NATO a smettere di essere semplicemente reattiva e a reagire. Una simile
risposta sarebbe più facile per gli attacchi informatici, dove molti paesi hanno
capacità offensive, ma sarebbe meno facile per i sabotaggi o le intrusioni dei
droni.
Dragone ha affermato che un “attacco preventivo” potrebbe essere considerato
un’“azione difensiva”, ma ha aggiunto: “È più lontano dal nostro normale modo di
pensare e di comportarci”.
Ha aggiunto: “Essere più aggressivi rispetto all’aggressività della nostra
controparte potrebbe essere un’opzione. [Le questioni sono] il quadro giuridico,
il quadro giurisdizionale, chi lo farà?”
La NATO ha avuto successo con la sua missione Baltic Sentry, nell’ambito della
quale navi, aerei e droni navali hanno pattugliato il Mar Baltico, impedendo il
ripetersi di numerosi incidenti di taglio di cavi nel 2023 e nel 2024 da parte
di navi collegate alla flotta ombra russa, progettata per eludere le sanzioni
occidentali.
“Dall’inizio di Baltic Sentry, non è successo nulla. Quindi questo significa che
questa deterrenza sta funzionando”, ha aggiunto Dragone.
Un diplomatico baltico ha affermato: “Se continuiamo a essere reattivi,
invitiamo la Russia a continuare a provare, a continuare a danneggiarci.
Soprattutto quando la guerra ibrida è asimmetrica: costa loro poco e a noi
molto. Dobbiamo cercare di essere più inventivi”.
Nonostante il successo del Baltic Sentry della NATO, permangono preoccupazioni
nell’alleanza dopo che un tribunale finlandese ha archiviato il caso contro
l’equipaggio dell’Eagle S, una nave della flotta ombra che aveva tagliato
diversi cavi elettrici e dati sottomarini, poiché la nave si trovava in acque
internazionali al momento del presunto sabotaggio.
Alla domanda se ciò desse carta bianca alle navi russe in acque internazionali,
il ministro degli Esteri finlandese Elina Valtonen ha risposto al Financial
Times: “Sì, e questo è un problema”.
Ha aggiunto che essere più assertivi “è qualcosa che stiamo valutando. Finora,
non credo ce ne sia stato bisogno. Dovremmo anche fare un passo indietro e
analizzare attentamente cosa sta cercando l’aggressore. Poi, probabilmente, non
dovremmo essere isterici. Abbiamo il nostro piano d’azione e dovremmo fidarci
perché è piuttosto solido”.
Dragone ha ammesso che un problema era che la NATO e i suoi membri avevano
“molti più limiti rispetto alla nostra controparte, per motivi etici, legali,
giurisdizionali. È un problema. Non voglio dire che sia una posizione perdente,
ma è una posizione più difficile di quella della nostra controparte”.
Il capo del comitato militare della NATO ha affermato che la prova cruciale era
scoraggiare future aggressioni. “Il modo in cui si ottiene la deterrenza –
attraverso la ritorsione, attraverso l’attacco preventivo – è qualcosa che
dobbiamo analizzare a fondo perché in futuro potrebbe esserci ancora più
pressione su questo”, ha aggiunto Dragone.
L'articolo “La Nato sta valutando di essere più aggressiva con la Russia.
Attacco preventivo? Sarebbe un’azione difensiva” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
“L’Ucraina ha perso la guerra tra il giugno e il settembre del 2023, quando si
impegnò nella controffensiva e perse moltissimi uomini e fu costretta ad
arretrare”. Lo ha detto Alessandro Orsini, ospite di Accordi&Disaccordi, il talk
condotto da Luca Sommi con la partecipazione di Marco Travaglio e Andrea Scanzi,
in onda il sabato su Nove. Orsini ha parlato della teoria di Mike Tyson, secondo
cui “quando prendi un cazzotto in faccia tutte le strategie che hai preparato
vengono meno”. E in definitiva “è esattamente ciò che è successo alla Nato“.
L'articolo Orsini (Nove): “Ucraina già sconfitta due anni fa. La Nato ha preso
un pugno in bocca” proviene da Il Fatto Quotidiano.