“Il Ponte sullo Stretto ce lo chiede l’Europa”. È questa l’ultima versione
fornita dal Ministro delle infrastrutture e trasporti del governo Meloni, Matteo
Salvini. Durante il Question Time a Montecitorio siaAvs, sia il Movimento 5
Stelle hanno interrogato il ministro sull’opera che non ha avuto il via libera
dalla Corte dei Conti. “Il Ponte si farà milioni di italiani lo vogliono, lo
aspettano, lo meritano” afferma Salvini. “Io farò di tutto affinché l’Italia ce
l’abbia”. Bonelli ha contestato i costi. “Silvio Berlusconi aveva più a cuore i
conti pubblici dello Stato che lei perché Berlusconi prevedeva costi per il 60%
di privati e 40% per lo Stato. Poi è arrivato lei che ha previsto 100% per lo
Stato, tanto paga pantalone, che ci frega, pagano gli italiani? – e l’esponente
di Avs ha concluso – lei dice che andrà avanti e lo faremo anche noi, avendo
segnalato il tutto, compreso il suo operato alla Corte dei Conti Europea”.
Salvini, in risposta ai questi pentastellati afferma che “il Ponte va avanti ma”
parallelamente “vanno avanti tutte le altre opere che Sicilia, Calabria ed
Italia attendono da anni”. A Salvini, per il Movimento 5 Stelle, replica Sergio
Costa. Che elenca dieci irregolarità che riguardano il progetto del Ponte sulle
Stretto. “Ma come diamine avete fatto a fare tanti errori in un unico
provvedimento? Forse, lei e lo staff da lei nominato, quando siete stati presi
al Ministro siete stati presi con la ‘teoria Nordio’ sul sorteggio o siete stati
presi su Temu – e il vicepresidente della camera dei Deputati conclude – lei ha
firmato un contratto d’insolvenza che può portare al pagamento da parte dello
Stato” di una penale “fino a circa 1,5 miliardi di euro a favore del consorzio
che ha avuto l’appalto. Ma chi li pagherà questi soldi? I cittadini come già
accaduto per i 49 milioni che ancora devono essere restituiti?”
L'articolo Salvini: “Il Ponte ce lo chiede l’Europa”. Bonelli (Avs):
“Sciocchezza”. Costa (M5s): “Lei è un ministro preso su Temu” proviene da Il
Fatto Quotidiano.
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Giuseppe Conte punta i piedi su Atreju. Dato come ospite certo alla festa di
Fratelli d’Italia a Roma, prevista in dicembre, ieri sera ha letto delle
condizioni poste dalla segretaria del Pd, Elly Schlein, per partecipare: ovvero
un confronto sul palco tra lei e Giorgia Meloni, come a ribadire che la premier
deve duellare innanzitutto con lei, che si ritiene leader naturale del campo
largo. Così oggi al Fatto Quotidiano il leader del Movimento tiene a precisare:
“Anche io l’anno scorso, quando ero stato invitato ad Atreju, avevo sondato la
disponibilità della premier Meloni per un confronto diretto con me. Tanto più
che sin dal primo giorno di governo la premier mi usa a giorni alterni come
capro espiatorio per nascondere l’inadeguatezza del suo governo. Quella
disponibilità allora non mi venne data. Sono loro i padroni di casa, tocca a
loro decidere se cambiare il format. Quanto a me, resto comunque disponibile a
un confronto democratico che ritengo sempre utile anche e soprattutto dinanzi ad
una platea non certo benevola nei miei confronti”. Tradotto, io ci sono: ma a me
il confronto con Meloni venne negato. E sembra anche un modo per mettere sotto
pressione la premier, e magari spingerla a rifiutare un trattamento diverso a
Schlein.
L'articolo Per accettare Atreju Schlein chiede un duello con Meloni. Conte: “A
me fu negato, scelgano loro se cambiare format” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Un collega lo aveva sfottuto sui social per aver pubblicato un grafico non
proprio attendibile. Lui, in risposta, lo aveva attaccato in modo pesantissimo
per più giorni, dandogli dello “sfigato“, paragonandolo a Paperino e insinuando
che avesse chiesto raccomandazioni per essere nominato in un importante ruolo
pubblico. Per questo Luigi Marattin, deputato e professore associato di Economia
politica a Bologna, a lungo in Italia viva (ora ha fondato un suo nuovo
soggetto, il Partito liberaldemocratico) è stato condannato a risarcire con
trentamila euro l’economista Lucio Picci, esperto di anticorruzione, ordinario
nello stesso ateneo nonché suo ex docente. La vicenda risale a settembre 2022,
pochi giorni dopo le ultime elezioni politiche: nel tentativo di dimostrare che
il consenso (superiore alle aspettative) del Movimento 5 stelle fosse legato al
reddito di cittadinanza, Marattin aveva pubblicato su X un grafico con due linee
quasi sovrapposte, una rappresentante il numero (assoluto) di percettori di Rdc
in ciascuna regione d’Italia e l’altra il numero (sempre assoluto) di voti per
il partito di Giuseppe Conte nello stesso territorio. Com’è evidente, però, la
presunta correlazione è del tutto inattendibile, perché non rapporta i valori al
numero di abitanti: è ovvio che nelle regioni più popolose (e quindi,
tendenzialmente, con più percettori di reddito e anche con più elettori)
entrambe le curve si alzino, in quelle meno popolose si abbassino. La topica del
deputato era stata oggetto di vari tweet ironici, tra cui uno dello stesso
Picci: “Le mie lezioni di econometria. È colpa mia“, aveva commentato, alludendo
al fatto di aver avuto Marattin tra i propri allievi. E anche il Fatto aveva
dedicato al “caso” un breve articolo.
La storia sarebbe potuta finire lì, se non fosse che il politico – evidentemente
punto nel vivo – nei giorni successivi si era dedicato a distruggere la figura
del collega sui social, bersagliandolo con affermazioni piuttosto pesanti.
“Nessuna figura di merda. Il grafico è corretto. A contestarlo è solo l’organo
di stampa del M5s e un collega arrabbiato con me perché non lo aiutai a
diventare presidente Istat, come insistentemente voleva (ma con lui vado easy,
la vita è già stata troppo severa)”, twittava il 29 settembre, due giorni dopo
la battuta di Picci. Altre 48 ore dopo, il 1° ottobre, tornava alla carica con
ancora più acredine in un post sul proprio blog: “Ma il tuo “professore di
economia” che ti ha rimproverato? Da diversi anni invece è un mio collega, il
più “sfigato” del dipartimento. Basta farsi un giro per la città e pronunciare
il suo nome per capire qualcosa di più. Qualche anno fa – lavoravo a palazzo
Chigi – mi cercava insistentemente perché si era messo in testa di voler fare il
presidente dell’Istat. Era come se Paperino volesse fare il Ceo di Apple, quindi
cercai educatamente di lasciar correre, senza ferire la sua sensibilità. Invece
non me l’ha mai perdonata, e periodicamente cerca visibilità sui social
attaccandomi, e trovando sponda solo in alcuni “sfigati” come lui e nell’organo
stampa del M5s, cioè Il Fatto Quotidiano. Come ho detto in più occasioni, non ho
interesse ad essere particolarmente cattivo con lui. Lo è, purtroppo, già stata
abbastanza la vita“.
Per queste dichiarazioni Picci si è rivolto al Tribunale civile di Bologna, che
ha condannato Marattin a risarcirlo con trentamila euro, a rimuovere tweet e
post e a pubblicare la sentenza sul blog e su X. Per la giudice Carolina Gentili
le affermazioni del deputato ex renziano hanno “una significativa portata
diffamatoria“, in particolare “con riferimento alla vicenda (di quattro anni
prima) concernente la nomina del presidente dell’Istat”: Marattin, infatti,
lascia “intendere al lettore medio” che Picci, “in passato, avesse ricercato il
torbido favoreggiamento di quest’ultimo – in ragione del suo coinvolgimento
nella politica nazionale – per assicurarsi la carica. Invece, dalla
documentazione di causa emerge chiaramente che la candidatura del ricorrente
alla presidenza dell’Istat fosse motivata da intenti edificanti, avendo egli in
animo di introdurre nel dibattito politico il tema della necessaria competenza
tecnica nella selezione dei dirigenti delle istituzioni, peraltro nella piena e
genuina consapevolezza di non avere alcuna chance di nomina”. Circostanze,
queste, di cui il politico era “pienamente a conoscenza”. Dalla sentenza, poi,
emerge come Marattin abbia tentato di difendersi invocando il diritto di satira:
un richiamo definito dalla giudice particolarmente “inopportuno“, in quanto le
sue dichiarazioni “non presentano alcun tratto creativo tipico dei generi
satirici letterari, poetici, teatrali, pittorici e vignettistici”. La sentenza,
non impugnata, è diventata definitiva.
L'articolo Marattin diffamò il suo ex professore che lo sfotteva sul reddito di
cittadinanza: condannato a risarcirlo con 30mila euro proviene da Il Fatto
Quotidiano.