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Così si è costruita la tempesta perfetta per la catastrofe degli esami filtro a Medicina
La catastrofe culturale conseguente alla riforma dell’accesso ai Corsi di Laurea a numero programmato in Medicina e Chirurgia, Medicina Veterinaria e Odontoiatria si sta manifestando con l’esito degli esami di ammissione; una ragione del disastro sta nell’imposizione dall’alto di metodi e tempistiche inadatti al loro scopo. Nel semestre cosiddetto aperto, preliminare agli esami di ammissione, le lezioni delle tre materie previste (Fisica Medica, Chimica e Propedeutica Biochimica e Biologia) si svolgevano tra l’inizio di settembre e la fine di ottobre. Le date prestabilite per le due prove di esame, coincidenti su tutto il territorio nazionale, erano il 20 novembre e il 10 dicembre. Poiché ciascun corso aveva un carico didattico assegnato di 6 crediti formativi, ciascuno dei quali corrisponde a 25 ore di impegno dello studente “medio”, la metà delle quali in aula, è facile calcolare che l’impegno previsto era di 450 ore di studio. Questo impegno, oltre ad essere molto gravoso, era basato su una tempistica coercitiva che non lasciava allo studente margini per organizzare lo studio nel modo da lui preferito. Ancora più coercitiva era la pretesa che si dovessero sostenere tre esami nello stesso giorno, consecutivamente, con un quarto d’ora di intervallo tra l’uno e l’altro. Ogni docente (come ogni ex studente) sa che la maggioranza degli studenti universitari, se appena ha la libertà di scegliere come organizzare e pianificare i suoi esami, evita di prevedere due esami nello stesso giorno, e cerca invece di distanziarli il più possibile nel corso della sessione. Lo studente ha bisogno di alcuni giorni prima di ciascun esame per ripassare la materia e mette in atto il “chiusone”, così chiamato perché nei giorni che precedono l’esame si rifiutano feste, inviti, cinema, partite di calcetto e altre distrazioni e ci si concentra invece nello studio. Il calendario ministeriale non consente questa modalità: in primo luogo le lezioni (obbligatorie) finivano piuttosto a ridosso delle date di esame; in secondo luogo un chiusone di lunghezza triplicata, necessario per sostenere tre esami, risulta insostenibile. Il secondo caposaldo della preparazione dello studente medio è la “sbobina”, che si pratica in genere in gruppo: uno studente a turno registra la lezione del docente col telefonino e ne prepara un trascritto; la somma dei trascritti costituisce la guida allo studio e per gli argomenti trattati con maggiore dettaglio dal docente può arrivare a sostituire il libro di testo. Alcuni di noi forniscono direttamente i trascritti, per evitare errori di interpretazione. La sbobina, come il chiusone, può non essere un metodo di studio ideale, ma in genere funziona perché gli argomenti di maggiore rilevanza per il corso, spiegati con maggiore dettaglio, sono anche quelli più importanti per l’esame. La riforma introdotta quest’anno dal Mur prevedeva che gli esami si svolgessero su quesiti identici a livello nazionale e preparati da una commissione ministeriale, della quale non facevano parte i docenti che tenevano i corsi. Agli studenti che ci chiedevano come sarebbe stato l’esame, non potevamo dare altra risposta che di guardare le norme pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale, perché non saremmo stati noi a preparare le domande di esame. Infine, per completare la costruzione della tempesta perfetta, la riforma utilizza gli esami come prove di ammissione; mentre nelle prove concorsuali usuali la graduatoria si basa sui punteggi ottenuti dai candidati qualunque essi siano, negli esami esiste una soglia di sbarramento data dalla sufficienza: chi non ha la sufficienza nelle tre materie non entra in graduatoria; questo fa sì che soltanto una minima percentuale dei candidati appaia meritevole. Il metodo precedentemente in vigore prevedeva un concorso di ammissione preliminare su argomenti di logica o tratti dai programmi di liceo, costruiva una graduatoria senza limiti di sufficienza e non pregiudicava il successivo svolgimento dei corsi e la preparazione agli esami universitari. E’ possibile imporre ad uno studente universitario, del quale noi cerchiamo di valorizzare l’autonomia e l’iniziativa, un sistema rigido, nel quale i suoi strumenti preferiti, chiusone e sbobina, sono vanificati e l’accesso alla graduatoria di ammissione prevede una soglia di punteggio? Chi ha il potere, e l’arroganza necessaria, può imporre molte cose, ma i risultati dell’attività imposta saranno inferiori, spesso molto inferiori, a quelli che si sarebbero ottenuti se si fosse lasciata allo studente una maggiore libertà: obbligare qualcuno a lavorare in un modo piuttosto che in un altro non porta mai al risultato migliore che quel qualcuno potrebbe produrre. Inoltre, poiché lo studente lavora per se stesso, ottenere una preparazione peggiore in un esame di ammissione costruisce un debito formativo che lo studente, se ammesso, dovrà poi colmare. L'articolo Così si è costruita la tempesta perfetta per la catastrofe degli esami filtro a Medicina proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Perché la risposta della ministra Bernini agli studenti che la contestano divide più della sua riforma
di Paolo Gallo È una scena che colpisce: studenti che contestano una riforma universitaria complessa e divisiva, e una ministra che risponde con espressioni che li etichettano e li svalutano. Il punto non è giudicare l’emotività del momento, ma interrogarsi sul significato istituzionale e sociale di un linguaggio che, da un rappresentante dello Stato, assume un peso simbolico ben più grande di una semplice battuta stizzita. Le istituzioni, in una democrazia matura, non hanno solo il compito di governare: devono anche incarnare un metodo, un tono, un esempio. È naturale che una figura pubblica venga contestata, soprattutto quando la posta in gioco riguarda il futuro formativo e professionale di migliaia di giovani. Ma è altrettanto naturale attendersi che la risposta istituzionale mantenga un livello di compostezza adeguato, non per formalismo, bensì per responsabilità. Le parole non sono un dettaglio: definiscono relazioni, costruiscono fiducia o la erodono. L’etichettamento ideologico di studenti che esprimono timori e critiche può produrre effetti che vanno oltre la polemica contingente. Gli studi di psicologia sociale mostrano come il linguaggio divisivo, soprattutto se proveniente da figure di autorità, attivi dinamiche di polarizzazione e di esclusione. Il messaggio implicito rischia di essere: chi dissente non è un interlocutore, ma un avversario. E quando quest’avversario è composto da giovani che si affacciano alla vita adulta, il costo collettivo diventa evidente. Gli studenti che protestano lo fanno quasi sempre perché vivono direttamente le conseguenze delle scelte politiche: pressioni, incertezze, timori per il proprio futuro. Ridurre queste istanze a slogan o categorie identitarie significa perdere l’occasione di ascoltare ciò che il Paese reale prova e chiede. Significa anche alimentare un sentimento di lontananza tra politica e nuove generazioni, una frattura che da anni rappresenta uno dei principali fattori di disaffezione verso la partecipazione democratica. Una risposta diversa, più attenta e dialogica, non solo sarebbe stata più coerente con il ruolo di un membro del governo, ma avrebbe potuto trasformare un momento di tensione in un’occasione di confronto. Le istituzioni non sono obbligate a condividere le critiche, ma hanno il dovere di ascoltarle con rispetto. È questa la differenza tra un potere che si sente messo in discussione e una democrazia che si sente arricchita dal dissenso. Le parole della ministra non cambieranno la sostanza della riforma, né la determinazione degli studenti. Ma contribuiscono a definire un clima. Un clima in cui il dialogo rischia di essere sostituito da etichette, e in cui il confronto, invece di migliorare le decisioni, viene relegato a scontro identitario. L’Italia ha bisogno dell’energia, della competenza e delle domande dei suoi giovani. E i giovani hanno bisogno di istituzioni che rispondano con rigore, fermezza, ma anche rispetto. Perché è da questo equilibrio che nasce la fiducia. E senza fiducia, nessuna riforma può davvero funzionare. IL BLOG SOSTENITORE OSPITA I POST SCRITTI DAI LETTORI CHE HANNO DECISO DI CONTRIBUIRE ALLA CRESCITA DE ILFATTOQUOTIDIANO.IT, SOTTOSCRIVENDO L’OFFERTA SOSTENITORE E DIVENTANDO COSÌ PARTE ATTIVA DELLA NOSTRA COMMUNITY. TRA I POST INVIATI, PETER GOMEZ E LA REDAZIONE SELEZIONERANNO E PUBBLICHERANNO QUELLI PIÙ INTERESSANTI. QUESTO BLOG NASCE DA UN’IDEA DEI LETTORI, CONTINUATE A RENDERLO IL VOSTRO SPAZIO. DIVENTARE SOSTENITORE SIGNIFICA ANCHE METTERCI LA FACCIA, LA FIRMA O L’IMPEGNO: ADERISCI ALLE NOSTRE CAMPAGNE, PENSATE PERCHÉ TU ABBIA UN RUOLO ATTIVO! SE VUOI PARTECIPARE, AL PREZZO DI “UN CAPPUCCINO ALLA SETTIMANA” POTRAI ANCHE SEGUIRE IN DIRETTA STREAMING LA RIUNIONE DI REDAZIONE DEL GIOVEDÌ – MANDANDOCI IN TEMPO REALE SUGGERIMENTI, NOTIZIE E IDEE – E ACCEDERE AL FORUM RISERVATO DOVE DISCUTERE E INTERAGIRE CON LA REDAZIONE. SCOPRI TUTTI I VANTAGGI! L'articolo Perché la risposta della ministra Bernini agli studenti che la contestano divide più della sua riforma proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“Livello di ignoranza spaventoso. Altro che povere vittime, dite ai vostri figli che le elementari sono finite. Me li vedo al pronto soccorso che chiedono al paziente di sanguinare meno”: la rabbia di Burioni
È una requisitoria senza sconti, rivolta più ai genitori che agli studenti, quella con cui Roberto Burioni interviene sulle polemiche esplose dopo l’esito del semestre filtro di Medicina, che ha lasciato fuori due candidati su tre. Per il virologo del San Raffaele il problema non è il test, né la riforma, ma “il livello spaventoso di ignoranza” emerso dalle prove. E lo dice con parole che hanno acceso il dibattito sui social: “Un genitore normale, se il figlio che ha mantenuto e fatto studiare arriva alla maturità e pretende di entrare a Medicina senza sapere la formula chimica del sale da cucina, dovrebbe arrabbiarsi con il figlio che non ha studiato”, scrive Burioni. Invece, osserva, “se la prendono con il ministro, con la scuola, con il governo, con il destino cinico e baro e infine con me, che ho avuto il torto di far notare che molte domande di questi ‘difficilissimi’ test sono di una facilità imbarazzante”. Al centro delle proteste c’è l’elevato numero di bocciati al primo appello del semestre filtro, contestato anche pubblicamente alla ministra dell’Università Anna Maria Bernini. Ma per Burioni la dinamica è chiara: “La selezione, che avete accuratamente evitato, è arrivata ieri. Due su tre non entreranno, e un esame che elimina il 66% dei candidati non è impossibile, ma è decisamente selettivo”. In altre parole, la selezione non è stata abolita, ma solo spostata più avanti nel percorso. Le parole più dure sono riservate ai genitori. Secondo Burioni, molti di loro descrivono i figli come “povere vittime, devastate da tre esami in un pomeriggio (poverini!)”. E aggiunge, con sarcasmo: “Io me li vedo al pronto soccorso che chiedono al paziente di sanguinare meno, sennò si stressano e gli viene l’ansia”. La responsabilità, per il virologo, è strutturale e parte da lontano. “I vostri figli hanno veleggiato per anni in una scuola che voi avete voluto non selettiva, perseguitando ogni insegnante minimamente severo”, accusa. Una scuola che, a suo dire, “non ha chiesto di studiare perché l’importante era esprimere la propria personalità”, fino ad arrivare a una maturità che “tra mille paure ha promosso il 99,98% di loro”. Da qui l’invito, che Burioni rivolge direttamente alle famiglie: “Fateli sfogare per una settimana e poi invitateli a studiare seriamente per il prossimo anno”. Ma con una precisazione netta: “Dite loro che non sono più alle elementari e che nel mondo vero non basta l’impegno e il sacrificio: ci vuole il risultato”. Il virologo insiste nel chiarire che la discussione, a suo avviso, è stata spostata sul piano sbagliato. “Il discorso non è sulle modalità di selezione a Medicina, ma sul livello spaventoso di ignoranza dimostrato dai partecipanti alla selezione”, ribadisce. A sostegno della sua tesi, Burioni ha pubblicato sui social alcune delle domande contestate, come quella sul cloruro di sodio, giudicandole oggettivamente elementari. In un altro intervento, rincara la dose: “Visti gli esami di Medicina: io li avrei superati al quarto anno di liceo insieme a tutti i miei compagni di classe. Bisogna lamentarsi di meno e studiare MOLTO di più”. E ancora: “Se il liceo vi ha illuso, promuovendo alla maturità il 99,98% di voi e dando in alcune regioni al 20% degli studenti il massimo dei voti, questa è un’ottima occasione per riprendere contatto con la dura realtà”. Poi l’autocorrezione, che rende il giudizio ancora più severo: “Ho scritto che uno studente di seconda liceo avrebbe superato gli esami di ammissione a Medicina. Devo correggermi: a diverse domande avrebbe saputo rispondere correttamente anche uno studente di seconda media”. E aggiunge: “Personalmente, se fossi il ministro, identificherei chi non sa fare un’equivalenza e lo rispedirei in quinta elementare”. Il riferimento è a domande di base, come la conversione tra unità di misura: “Spero che chi ha avuto la faccia di presentarsi a un esame universitario senza sapere a quanti millilitri corrispondono 10 decimetri cubi si stia vergognando profondamente”. Alle sue parole hanno fatto eco anche insegnanti delle superiori. Una professoressa di Informatica ha scritto: “Ogni anno in seconda devo spiegare proporzioni e percentuali ripartendo dalla torta divisa in 100 parti. Ogni anno è peggio”. Burioni ha risposto rilanciando: “Credo che il problema di come selezionare i futuri medici sia irrilevante rispetto all’oggettiva catastrofe scolastica dimostrata da queste prove. La facilità delle domande è oggettiva, il quadro sconfortante”. > “Sapendo che 1 metro è uguale a 100 centimetri” ecco la difficoltà di alcune > domande dell’esame di fisica che ieri ha fatto strage al “semestre filtro”. > In un Paese oggettivamente privo di un’istruzione primaria e secondaria non > può esistere uguaglianza. pic.twitter.com/XHDED1QIF4 > > — Roberto Burioni (@RobertoBurioni) December 11, 2025 L'articolo “Livello di ignoranza spaventoso. Altro che povere vittime, dite ai vostri figli che le elementari sono finite. Me li vedo al pronto soccorso che chiedono al paziente di sanguinare meno”: la rabbia di Burioni proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“Il semestre filtro a medicina è un fallimento, migliaia di studenti nel limbo”: la protesta degli universitari
“Dopo mesi di silenzi e rimpalli, il semestre filtro si conferma per ciò che è: un esperimento fallito che ha lasciato migliaia di studenti in un limbo ingestibile. Nessuna risposta chiara, nessuna tutela, solo attese infinite e percorsi universitari bloccati. Mentre il ministero continua a rincorrere ipotesi e correggere in corsa un modello nato già storto, negli atenei si consuma un disastro: studenti che stanno male, carriere sospese, mesi di studio che rischiano di finire nel vuoto”. A dirlo sono è Alessandro Bruscella, coordinatore nazionale dell’Unione degli universitari, che oggi sono scesi di nuovo in piazza – da Roma, in Piazza Vidoni sotto il Senato, ad altre piazze in Italia – “per pretendere ciò che la politica non ha voluto garantire: una soluzione immediata, uniforme e che ammetta tutti gli studenti coinvolti nel semestre filtro. Non accetteremo altri rinvii, nè altri giochi al ribasso. Il semestre filtro è un fallimento sotto gli occhi di tutti; a pagarne il prezzo non saranno ancora una volta gli studenti”, concludono. In piazza anche Cambiare Rotta, con uno striscione che recita: “Più medici, meno bombe”. “Il governo non finanzia la sanità pubblica ma pensa a finanziare le armi. La ministra Bernini con questa riforma ha chiaramente fallito ogni suo intento”, ha dichiarato Licia di Cambiare Rotta. “Si sarebbe dovuto dare la possibilità agli atenei di accogliere questa grande domanda, tramite un finanziamento adeguato, ma a costo zero così come è stata fatta la riforma le università hanno fatto dei corsi che si sono rivelati inadeguati. Addirittura non coprendo i posti per la prima volta nella stoia”, afferma la senatrice Pd Cecilia D’Elia. L'articolo “Il semestre filtro a medicina è un fallimento, migliaia di studenti nel limbo”: la protesta degli universitari proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“Siete sempre dei poveri comunisti”, la ministra Bernini contro gli studenti di Medicina che la contestavano
Mentre cresce la polemica per il pasticcio del test filtro per Medicina e si cercano soluzioni all’italiana, a riscaldare gli animi arriva anche la risposta piccatissima della ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, a un gruppo di studenti che la contestavano, all’inizio del suo intervento ad Atreju. + “Non ce la facciamo più, con il semestre filtro rischiamo di perdere un anno”, hanno urlato i giovani, mobilitati contro la riforma del corso di laurea in Medicina voluta proprio da Bernini. La ministra ha replicato citando l’ex presidente Silvio Berlusconi: “Sapete come diceva il presidente Berlusconi? Siete sempre dei poveri comunisti. Prima di contestare fatemi parlare. Questo dimostra la vostra inutilità”. Dopo lo scambio di battute, Bernini è scesa dal palco per dialogare direttamente con gli studenti. Rivolgendosi nuovamente ai giovani, la ministra ha aggiunto: “Stavate meglio pagando 30mila euro? Ho investito 9,4 miliardi sull’università e oltre 800 milioni sulle borse di studio. Questa degli studenti è la strategia del caos: parlano ma non ascoltano. Comincio a preoccuparmi quando qualche partito politico fa loro eco”. Bernini ha poi ammesso che nei test della prova di Fisica – descritta come difficile – “c’erano due errori e nel caso della seconda domanda sbagliata, verrà riconosciuto un punto” per tutti “quindi nel compito di fisica si partirà da un punto”. La ministra ha poi annunciato che “saranno riempiti tutti i posti della graduatoria di medicina: 24mila posti saranno coperti sulla base delle valutazioni di merito perché le domande sono serie. Quella di oggi non è una sanatoria, è la naturale evoluzione di una riforma che deve aspettare di arrivare a tutte le fasi di attuazione – ha spiegato – nel momento in cui noi avremo tutti i voti prima di Natale di tutti gli studenti che hanno partecipato al primo e al secondo appello, faremo la graduatoria e sulla base della graduatoria vedremo chi entra subito, chi entro il 28″ febbraio “sconterà i suoi debiti d’esame e chi potrà scivolare sulle materie affini che sono già state indicate perché hanno potuto gratuitamente già iscriversi a delle materie affini”. “Per quanto riguarda le preoccupazioni degli studenti, io vorrei dire che è semplicemente l’evoluzione della riforma – ha poi continuato – Abbiamo fatto il primo appello, il secondo appello, compileremo la graduatoria che scorrerà e chi non ha la sufficienza nelle proprie sedi di destinazione, ciascuno ne ha indicate 10, avrà i suoi crediti formativi”. Per Bernini “il cambio di paradigma è che prima c’erano dei candidati ai test che venivano ghigliottinati fuori dai cancelli dell’università. Qui dal primo settembre abbiamo 55mila studenti che stanno studiando, formandosi e accumulando crediti formativi”. L'articolo “Siete sempre dei poveri comunisti”, la ministra Bernini contro gli studenti di Medicina che la contestavano proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Ecco i primi robot microscopici: possono prendere decisioni autonome e muoversi. Lo studio su Science
“Robot microscopici che percepiscono, pensano, agiscono ed elaborano dati”. Un team di ricercatori coordinato dell’Università della Pennsylvania ha realizzato i primi robot con dimensioni comparabili a quelle di un batterio. Macchine, invisibili a occhio nudo, sono in grado di percepire l’ambiente circostante, eseguire calcoli, prendere decisioni autonome e muoversi. Il risultato dello studio, pubblicato su Science Robotics, è stato così innovativo da meritare la copertina della rivista. La robotica ha da decenni come obiettivo la miniaturizzazione di macchine completamente automatizzate, ossia capaci di operare senza alcun controllo esterno. Tuttavia, tutti i tentativi precedenti si erano scontrati con limiti tecnologici significativi: i robot più piccoli realizzati fino ad oggi avevano dimensioni non inferiori a un millimetro e necessitavano di ricevere dall’esterno sia energia sia istruzioni operative. Per superare questi limiti, i ricercatori hanno sfruttato le tecniche di litografia, comunemente impiegate per la produzione di transistor. Grazie a questo approccio, il volume complessivo dei microrobot è stato ridotto di circa 10.000 volte rispetto agli standard precedenti. I nuovi microrobot misurano appena 250 micrometri, ossia 250 milionesimi di metro, equivalenti alle dimensioni di un paramecio, uno degli organismi unicellulari più noti. Nonostante le dimensioni estremamente ridotte, i robot incorporano un micro-calcolatore, sensori e altri dispositivi miniaturizzati che permettono loro di muoversi autonomamente. Il consumo energetico è estremamente basso, pari a circa 100 nanoWatt, ossia un miliardesimo di Watt. La programmazione dei microrobot avviene tramite impulsi luminosi, permettendo loro di rispondere a stimoli esterni. I primi test sperimentali hanno dimostrato che i robot sono capaci di percepire variazioni di temperatura nell’ambiente e di dirigersi verso la fonte di calore, confermando una forma elementare di comportamento adattivo. Le potenziali applicazioni di questa tecnologia sono molteplici. I microrobot potrebbero essere utilizzati per il monitoraggio ambientale, per interventi chirurgici o per il trasporto mirato di farmaci all’interno dell’organismo, aprendo nuove prospettive nella robotica medica e nella nanotecnologia applicata. Lo studio rappresenta un passo fondamentale verso la realizzazione di sistemi robotici completamente autonomi a scala microscopica, capaci di operare in ambienti complessi senza intervento umano diretto. Lo studio su Science L'articolo Ecco i primi robot microscopici: possono prendere decisioni autonome e muoversi. Lo studio su Science proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Per il pasticciaccio del test filtro di Medicina il ministero valuta il recupero crediti per tutti
Come risolvere il pasticciaccio del test filtro per la facoltà di Medicina con gli studenti cadute sulle pare difficilissime domande di Fisica? Il ministero dell’Università e della Ricerca lavora a una soluzione per uscire dal buco nero del semestre filtro di Medicina, in cui rischiano di essere inghiottito l’80% degli aspiranti camici bianchi. Anche il secondo appello sembrerebbe essere andato malissimo con proteste, denunce di presunti brogli e probabili ricorsi. L’ipotesi più concreta, attualmente sul tavolo del Mur, prevede l’inserimento in graduatoria di tutti i candidati, anche di coloro che non abbiano raggiunto la sufficienza – il “18” – in tutte e tre le prove, a condizione però di recuperare successivamente i crediti formativi mancanti. Il nuovo schema di classificazione, secondo quanto emerge, dovrebbe prevedere una graduazione per fasce: in cima gli studenti (i pochissimi) che hanno ottenuto almeno tre sufficienze; a seguire chi ne ha raggiunte due; poi, progressivamente, tutti gli altri. Anche chi non ha superato tutte le prove riceverà comunque l’assegnazione di una sede, nella quale sarà tenuto a colmare i debiti formativi. La proposta arriva dopo l’ondata di proteste scatenata dai risultati dell’ultimo appello. Migliaia di studenti hanno denunciato quesiti “estremamente complessi” e, soprattutto, una prova di fisica definita da molti “impossibile”. Commenti e testimonianze hanno invaso gruppi e social, descrivendo un esame percepito come non omogeneo né trasparente. Oggi quasi 50.000 candidati hanno affrontato nuovamente le prove di biologia, chimica – ritenuta da alcuni più agevole – e fisica, ancora una volta la più temuta. Durissima la posizione dell’Unione degli Universitari, che parla apertamente di “fallimento” del semestre filtro: “Non può essere questa la risposta alla necessità di formare nuovi medici”, commentano i rappresentanti, presenti questa mattina davanti alle sedi d’esame per ricordare agli studenti la possibilità di ricorrere contro “un sistema profondamente ingiusto”. Le preoccupazioni dell’Udu erano già emerse dopo il primo appello, quando il numero insufficiente di idonei aveva fatto temere che alcuni posti non venissero coperti. Da qui la richiesta, arrivata da molti candidati, di un terzo appello. “L’unico modo è aprire tutto o fare un terzo appello”, afferma Elisa, una delle studentesse che hanno sostenuto il test. Ma non tutti sono d’accordo: “Chi si rimette a studiare?”, ribatte Tiziana. Altri, come Monica, propongono invece di eliminare il vincolo del “18” almeno nella prova di fisica. Intanto sui social alcuni avvocati segnalano nuove presunte irregolarità: circolazione di messaggi con domande degli esami, richieste d’aiuto e un aumento anomalo di ricerche su Google con parole chiave legate ai test. Elementi che alimentano ulteriori dubbi sulla regolarità della procedura. La mobilitazione degli studenti non si ferma. Per giovedì è stata convocata una manifestazione a Roma, nei pressi del Senato, con l’obiettivo di rilanciare il ricorso collettivo promosso dopo il primo appello e chiedere al governo un intervento urgente sul semestre filtro, prima che la situazione degeneri ulteriormente. FOTO DI ARCHIVIO L'articolo Per il pasticciaccio del test filtro di Medicina il ministero valuta il recupero crediti per tutti proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Certificati di malattia “da remoto” e prescrizioni prolungate: cosa cambierà per pazienti e medici
Possibili novità per pazienti e medici. Nel disegno di legge sulle semplificazioni, approvato nei giorni scorsi ma non ancora in vigore, sono previsti certificati di malattia “da remoto” e prescrizioni valide anche per 12 mesi per i malati cronici. Sarà quindi possibile sostenere una televisita, a dispetto dell’obbligatorietà prevista fino ad ora di una visita in presenza nello studio medico o a domicilio. È importante sottolineare che per rendere operative queste due nuove misure – richieste espressamente dalla Fimmg, il sindacato dei medici – bisognerà aspettare ancora un po’ di tempo. Fimmg precisa che per quanto riguarda le visite telematiche, si attende un accordo nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni. Fino a quel momento resteranno obbligatorie le regolari visite e in atto le pene per i lavoratori che ricevono e i medici che rilasciano certificati falsi o non validi. Pene che rimarranno invariate anche nel caso di introduzione del nuovo sistema. Il sindacato – tramite il segretario generale Silvestro Scotti – precisa: “L’articolo 58 del provvedimento equipara la certificazione effettuata da remoto, attraverso la telemedicina, a quella tradizionale in presenza. Quando accadrà? Non immediatamente. La legge rinvia ad un successivo accordo che sarà assunto in Conferenza Stato-Regioni, senza indicare nessuna precisa scadenza: in questa sede, su proposta del ministro della Salute, saranno definiti i casi e le modalità del ricorso alla telecertificazione. Fino ad allora resteranno in vigore le regole attuali: il medico deve accertare di persona le condizioni del paziente. Resta ferma la tutela contro i certificati falsi, con pene severe per i lavoratori e i medici che li rilasciano, sia in presenza che in modalità telematica”. Per quanto concerne, invece, la nuova durata delle prescrizioni potrebbe bastare l’attesa di 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto, fissata al 18 dicembre. La novità è contenuta nell’articolo 62 del decreto e nello specifico riguarda la possibilità da parte dei medici di prescrivere farmaci per patologie croniche fino a 12 mesi, senza ripetere continuamente le ricette. Il medico dovrà indicare nella ricetta la posologia (ovvero il numero delle dosi) e il numero di confezioni dispensabili per massimo un anno, e potrà sospendere la prescrizione o modificare la terapia qualora fosse necessario per gli esiti di salute del paziente. Possibili, quindi, tempi brevi. La Fimmg conferma: “Entro 90 giorni a partire dal 18 dicembre, quando entrerà in vigore la legge, previo decreto attuativo del ministro della Salute, di concerto con il ministro dell’Economia, che definirà le modalità di attuazione della norma”. Sarà possibile “ottenere i farmaci prescritti anche con documentazione di dimissione ospedaliera o referti del pronto soccorso, senza dover attendere una seconda prescrizione da parte del medico di famiglia. Il farmacista, ricevuta la ricetta” – conclude il sindacato dei medici di medicina generale – “informerà l’assistito sulla corretta modalità di assunzione dei medicinali prescritti e consegnerà un numero di confezioni sufficiente a coprire 30 giorni di terapia in relazione alla posologia indicata e dovrà trasmettere la consegna al paziente del farmaco al rispettivo medico di famiglia nell’ottica di una vera collaborazione interprofessionale nell’ambito delle cure territoriali”. Scotti, infine, spiega che la possibilità di prolungare le ricette “deve essere bilanciata con la necessità di controllo, da parte del medico, dell’evoluzione di malattia e dell’aderenza alla terapia”. I medici stanno sviluppando strumenti informatici per individuare i pazienti che possono ricevere prescrizioni in tal senso, e la collaborazione digitale estesa alle farmacie permetterebbe di monitorare l’effettivo utilizzo dei farmaci. La prescrizione prolungata “non può significare abbandono del paziente perché c’è un progetto complessivo”, ma deve seguire criteri clinici e i Pdta (Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali”, conclude il segretario generale. L'articolo Certificati di malattia “da remoto” e prescrizioni prolungate: cosa cambierà per pazienti e medici proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Medicina di base
Il disastro degli esami filtro a Medicina dimostra che questo metodo è sbagliato
La riforma dell’accesso ai Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia, Medicina Veterinaria e Odontoiatria in vigore da quest’anno si sta dimostrando disastrosa, come peraltro era stato previsto da tutti gli organi accademici, inclusa la Conferenza dei Rettori e il Consiglio Universitario Nazionale. La legge conteneva un tale numero di errori di prospettiva, incongruità e difetti, che non è possibile analizzarli tutti in un solo post; in questo post mi limito ad analizzare i difetti progettuali della prova di esame. Non considererò minimamente le violazioni delle norme, la pubblicazione dei quesiti in rete, etc., che non sono difetti strutturali della legge: la riforma sarebbe pessima anche in assenza di qualunque anomalia nella gestione delle prove di esame. Come è noto la riforma prevede l’accesso libero a tre corsi erogati tra settembre e ottobre: Fisica Medica, Chimica e Propedeutica Biochimica e Biologia; gli studenti hanno due possibilità di sostenere i relativi esami a novembre e dicembre, e infine coloro che sono stati promossi in tutti e tre gli esami entrano in una graduatoria che consente il proseguimento degli studi nel corso scelto, entro il limite del numero programmato (che non viene abrogato). La prima prova ha avuto un esito disastroso e i promossi nelle tre materie sono risultati circa il 10% degli iscritti, un numero molto inferiore a quello dei posti da coprire. Una catastrofe di questo genere dimostra che la modalità di esame prevista dalla riforma è inadeguata al suo scopo. Per poter assegnare ad un esame universitario la funzione aggiuntiva di prova concorsuale, le legge prevede un esame scritto, uguale in tutta Italia, con 16 domande “a completamento” (frasi nelle quali manca una parola, che lo studente deve aggiungere) e 15 quiz (“a crocette”). Questa modalità di valutazione, largamente impiegata in molti contesti, anche all’estero, testa le conoscenze dello studente su un programma ampio (31 domande sono tante) ma ad un livello di comprensione molto superficiale; poteva essere adatta per un test di ammissione, come si faceva negli anni passati, ma non corrisponde agli scopi formativi dell’università, che richiedono invece approfondimento, comprensione e capacità di ragionamento. Uno dei pochi pregi rimasti all’università italiana, che rende i nostri laureati desiderati e competitivi anche all’estero, sta proprio nel fatto che noi manteniamo una modalità di esame basata sull’interrogazione orale o scritta, nella quale al candidato è richiesto il ragionamento. Le prove di esame non erano di per sé difficili e la grande passione dello studente medio è l’esame a quiz da studiarsi sul quizzario, un elenco di tutti i quiz utilizzabili per l’esame con le rispettive risposte. A parte il fatto che nel caso presente, per fortuna, il quizzario non c’era, il punto è che nei corsi di livello universitario si spiegano ragionamenti e ipotesi scientifiche, non si dispensano rispostine a domandine, peraltro imprevedibili. E’ superfluo aggiungere che la medicina, come ogni scienza, non è fatta di domandine e rispostine, che molte domande che un medico si deve porre non hanno risposte certe e assolute, che certe risposte possono essere giuste in un contesto e sbagliate in un altro, che in molti casi la transizione tra giusto e sbagliato è graduale e non assoluta: in una parola che finalizzare un corso universitario al superamento di un quiz è un tradimento culturale della missione dell’università. Anche in quei contesti stranieri in cui l’esame a quiz è usato, il corso non è costruito sulla misura dei quiz. La prima ragione per la quale gli esami sono stati tragicamente deludenti è quindi che la modalità di esame imposta dalla riforma è completamente inadeguata alla modalità formativa universitaria e professionale: i corsi hanno cercato di insegnare allo studente a ragionare, ma la legge ha poi imposto una valutazione nozionistica, nella quale il ragionamento serviva a poco; questo ha tradito e tratto in inganno gli studenti. Spiego meglio questo concetto facendo al tempo stesso una solenne promessa alla ministra Bernini, e a tutti gli italiani, a nome mio e di tutti i colleghi docenti nei Corsi di Laurea in Medicina: a nessun paziente accadrà mai di andare da un medico, chiedergli: “dottore, cosa ho?” e sentirsi rispondere: “scriva su un pezzo di carta quattro diagnosi e io metterò una crocetta su quella che mi pare giusta”. Non accadrà mai una cosa del genere, Signora ministra, perché l’università educa il futuro medico in un modo che è completamente diverso da quello che la sua riforma pretende di valutare con esami nozionistici non solo inadeguati, ma metodologicamente estranei alla formazione che lo studente ha il diritto di ricevere. Gli studenti avrebbero avuto risultati migliori se si fossero potuti preparare per esami universitari “veri”, anche se più difficili. L'articolo Il disastro degli esami filtro a Medicina dimostra che questo metodo è sbagliato proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Anna Maria Bernini
Test Ingresso Università
“Test semestre filtro di Medicina? Pochi promossi e gli altri costretti a decidere se accettare il voto al buio”
Accetta o rifiuta il voto?” è una delle frasi ricorrenti all’università. In questo caso, però, le circostanze rendono ancora più difficile dare una risposta. Le studentesse e gli studenti di medicina si trovano a dover fare i conti con gli effetti della riforma al corso di medicina. Adesso che sono stati pubblicati gli esiti della prima prova del semestre filtro, bisogna decidere se accettare il voto oppure ritentare la prova all’appello del 10 dicembre. Il problema, però, è che la graduatoria non è stata pubblicata e la decisione verrà presa al buio. Il semestre filtro era stato progettato per superare il famigerato test d’ingresso a numero chiuso e rispondere alla carenza di personale sanitario nel nostro Paese. Tuttavia, guardando ai risultati della prima prova, sembra che questo nuovo collo di bottiglia non renda il semestre filtro un sistema a numero aperto. Le percentuali del numero di idonei sono davvero basse: 20% per biologia, meno del 20% per chimica e il 10% per fisica. “La gestione del semestre filtro si conferma così incoerente, opaca e strutturalmente discriminatoria”, dichiarano gli studenti di Udu, l’Unione degli universitari, che sottolineano “il divario tra iscritti e posti disponibili rimane enorme: con oltre 54mila aspiranti per meno di 17mila posti, non si può parlare di numero aperto”. Udu ha organizzato un presidio che si terrà l’11 dicembre alle ore 15 in piazza Vidoni, a Roma, e in molte altre piazze italiane. La Flc-Cgil sostiene la mobilitazione, e aggiunge che “il sistema universitario, malgrado le parole di circostanza delle Rettrici e dei Rettori, è sempre stato consapevole della illogicità e dell’inutilità di questa presunta riforma. Si tratta dell’ennesima presa in giro, con una selezione dilazionata impostata su prove di esame irrigidite e standardizzate (anche fuori e oltre le attuali normative sulla libertà di docenza), proprio per fungere di fatto da test nazionale”. E rimarca sulla valanga di bocciature, segno del fallimento del semestre filtro. Oltre alla mobilitazione, Udu inoltrerà una diffida collettiva per garantire agli studenti la possibilità di mantenere tutti i voti positivi ottenuti nella prima sessione e decidere successivamente quale esito conservare, una volta resi pubblici i dati necessari. Sempre sul fronte legale, stanno preparando anche un ricorso collettivo al Comitato europeo dei diritti sociali per chiedere il riconoscimento delle violazioni sistemiche, la tutela del diritto allo studio e l’ingresso in sovrannumero per chi è stato penalizzato dal sistema del semestre filtro. L'articolo “Test semestre filtro di Medicina? Pochi promossi e gli altri costretti a decidere se accettare il voto al buio” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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