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“Uso abnorme degli affidamenti diretti per le forniture alle Asl, a Caserta e Salerno picchi del 100%”: il dossier dell’Anticamorra campana
La commissione Anticamorra della Regione Campania saluta e chiude i lavori per fine legislatura con un dossier sull’uso abnorme degli affidamenti diretti per le forniture alle Asl campane nel periodo 2020-2023. Nei giorni scorsi la presidente uscente Carmela Rescigno (Lega), ricandidata e non rieletta in Consiglio, ha consegnato il rapporto nelle mani del procuratore di Napoli Nicola Gratteri. Dal documento risulta che nelle Asl di Caserta e Salerno la percentuale degli affidi diretti in alcuni lunghi periodi temporali ha raggiunto il 100%. In generale, emerge come le strutture delle Asl preposte all’approvvigionamento di beni, servizi e lavori abbiano fatto un uso larghissimo degli affidamenti diretti, fino a superare in molti casi il 90% e comunque “in misura percentuale tale da destare non pochi dubbi e perplessità sulla legittimità dei relativi atti di affidamento” secondo Rescigno, che ricorda inoltre l’utilizzo di “numerose procedure negoziate senza la pubblicazione del bando di gara, che è prevista dalla legge”. Il dossier è frutto dell’opera di un comitato di vigilanza e investigazione composto dai rappresentati di tutte le forze dell’ordine e della Direzione investigativa antimafia, tra cui il dirigente di Polizia Nicola Donadio, referente nazionale del Siulp. Del comitato ha fatto parte Salvatore Carli, consulente tecnico di diverse procure campane ed esperto in materia di appalti pubblici. I dati sono stati raccolti attraverso il portale Anac, i siti web delle singole Asl ed il portale Open Data della Regione Campania. Nel periodo considerato sono stati analizzati oltre 120.000 lotti di appalto, per un valore complessivo stimato superiore a 3 miliardi di euro. Il picco di attività si è registrato nel 2020, in corrispondenza della prima ondata pandemica. Nel biennio successivo c’è stata una graduale normalizzazione. Dai grafici allegati al rapporto (nella foto) risulta che i valori più alti degli affidamenti diretti sia in termini di lotti che di valori sono quelli delle Asl di Caserta e Salerno. Quanto ai dubbi sollevati da Rescigno sulla legittimità degli atti di affidamento, resteranno sospesi. Con l’abrogazione dell’abuso d’ufficio è diventato quasi impossibile – in assenza di reati ‘spia’ tipo turbative d’sta o tangenti – dare risposte a questi interrogativi. L'articolo “Uso abnorme degli affidamenti diretti per le forniture alle Asl, a Caserta e Salerno picchi del 100%”: il dossier dell’Anticamorra campana proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Arriva la legge contro chi “esalta” la mafia: è palese che sia dedicata ai soliti nemici
di Giovanni Muraca A Castel Sant’Angelo si è conclusa la kermesse del partito di maggioranza del governo, Atreju. Manifestazione che ha visto Fratelli d’Italia mettere in pratica il famoso piano che posiziona Giorgia Meloni e tutta la compagine di partito in una posizione più “pop”. Una strategia che descriveva bene Giacomo Salvini prima dell’estate. Un rilancio che cancella gli “estremismi di partito” che ha l’intento di far entrare un partito – ormai a stelle e fiamma tricolore – digeribile anche a quella parte moderata di elettorato. Spente le luci del palco romano, si ritorna alla normalità di un paese ormai al baratro. I conti sono in ordine, ma dietro a politiche di austerità che lasciano – ancora una volta – le persone a sopravvivere se non a morire di fame. Priorità di un governo che non sa dove girarsi. Tolto l’emendamento proposto sempre da Fd’I sull’innalzamento del contante a 10.000 euro con flat tax annessa e dietro a obbligo di fatturazione cartacea (dove sappiamo che anche le fatture possono essere tranquillamente fittizie), arriva un ddl contro chi “esalta” la mafia. Ddl a firma Maria Carolina Varchi depositato a ottobre. Leggendo il disegno è palese quanto sia dedicato “ai soliti nemici” e non al vero e proprio atto. Il testo riporta: chi ripropone personaggi mafiosi con intento “apologetico”, chi “esalta fatti, metodi, princìpi” mafiosi , “serie televisive che mitizzano personaggi reali o immaginari delle varie associazioni criminali di stampo mafioso”. Se tanto mi dà tanto, allora questo si potrebbe tradurre e imputare ai libri di Saviano, dei Procuratori Gratteri e Di Matteo e alle serie TV come Gomorra e Mare Fuori. L’ennesimo ddl che profuma di proibizionismo. Proposta che sembra più un ulteriore colpo alla “cancel culture” attivata da quando governi ultra conservatori sono saliti al potere. E fa specie quando a questo si allineano documenti che raccontano di piani eversivi che arrivano da oltre oceano per distruggere l’Europa – già debole grazie all’attuale Commissione – dall’interno, utilizzando paesi “amici” come Italia e Polonia per attuarli. La sovranità tanto cara alla maggioranza attualmente si misura in un’infrastruttura di Telecom ormai di KKR – fondo americano, Stellantis che ormai è entità straniera, ITA Airways che per il 41% è di Lufthansa – compagnia di bandiera tedesca. Mancava solo che un gruppo editoriale come Gedi venisse venduto. Ma a chi? A un magnate con la foto di Donald Trump sulla scrivania. Una sorta di assist che mette a tacere un media di “opposizione”. Abbiamo passato una settimana a parlare della famiglia nel bosco, nel 2023 di Peppa Pig, di Frecciarossa che fanno fermate speciali per i ministri e di acqua che fa ammalare. Mentre l’opposizione è occupata a parlare di leadership di questo campo largo anziché prendere l’attuale maggioranza in contropiede su temi come questi e facilitare una possibile vincita alle politiche del 2027, qual è realmente l’agenda di governo nei prossimi mesi? Cosa stiamo realmente facendo per la lotta alle mafie? Se non fosse per i procuratori – anch’essi isolati e presi di mira dal governo per il Referendum primaverile per la divisione delle carriere – del tema, non è che se ne sente molto parlare. Gli unici in auge al momento sono sempre la difesa, il Rearm Europe (o Readiness – per indorarci la pillola), circondati da emendamenti come questo che trovano contraddizioni con l’immobilismo di questo esecutivo. Negli incontri che Salvatore Borsellino – fratello di Paolo, magistrato tanto menzionato e caro alla Premier – fa nelle scuole, una delle frasi di apertura degli stessi è sempre: “La Mafia non è solo quella che conosciamo, ma Mafia è anche fare i propri interessi a discapito degli altri”. Se questa frase fosse una legge, saremmo un paese in salute in vari ambiti. Ma perché migliorarsi quando si potrebbe far ancora di più? Magari un altro decreto che cancelli determinate parole dal dizionario. Come si dice, tolta la parola, risolto il problema. IL BLOG SOSTENITORE OSPITA I POST SCRITTI DAI LETTORI CHE HANNO DECISO DI CONTRIBUIRE ALLA CRESCITA DE ILFATTOQUOTIDIANO.IT, SOTTOSCRIVENDO L’OFFERTA SOSTENITORE E DIVENTANDO COSÌ PARTE ATTIVA DELLA NOSTRA COMMUNITY. TRA I POST INVIATI, PETER GOMEZ E LA REDAZIONE SELEZIONERANNO E PUBBLICHERANNO QUELLI PIÙ INTERESSANTI. QUESTO BLOG NASCE DA UN’IDEA DEI LETTORI, CONTINUATE A RENDERLO IL VOSTRO SPAZIO. DIVENTARE SOSTENITORE SIGNIFICA ANCHE METTERCI LA FACCIA, LA FIRMA O L’IMPEGNO: ADERISCI ALLE NOSTRE CAMPAGNE, PENSATE PERCHÉ TU ABBIA UN RUOLO ATTIVO! SE VUOI PARTECIPARE, AL PREZZO DI “UN CAPPUCCINO ALLA SETTIMANA” POTRAI ANCHE SEGUIRE IN DIRETTA STREAMING LA RIUNIONE DI REDAZIONE DEL GIOVEDÌ – MANDANDOCI IN TEMPO REALE SUGGERIMENTI, NOTIZIE E IDEE – E ACCEDERE AL FORUM RISERVATO DOVE DISCUTERE E INTERAGIRE CON LA REDAZIONE. SCOPRI TUTTI I VANTAGGI! L'articolo Arriva la legge contro chi “esalta” la mafia: è palese che sia dedicata ai soliti nemici proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Violenze sessuali e maltrattamenti in una casa di riposo a Capri: arrestato un operatore sanitario
Violenze sessuali, percosse e maltrattamenti avvenivano tra le docce e le stanze 12 e 15 della casa di riposo “San Giuseppe” a Capri. Vittime, quattro persone anziane – un uomo e tre donne tra gli 82 e i 91 anni – affette da demenza senile, Parkinson e altre patologie tipiche dell’età avanzata. Persone particolarmente deboli e fragili, in evidente stato di inferiorità fisica e psichica. Erano finite nelle grinfie di un operatore sanitario di 47 anni, in servizio in questa struttura dal 2019. Con queste accuse l’uomo è stato arrestato stamane su ordine del Gip di Napoli, Anna Tirone. La procura di Napoli, sezione fasce deboli – procuratore Nicola Gratteri, aggiunto Raffaello Falcone, pm Monica Campese – aveva chiesto il carcere. Il giudice ha ritenuto adeguati i domiciliari col braccialetto elettronico. È stata un’indagine molto rapida, quella condotta dai carabinieri della stazione di Capri e del nucleo investigativo della Compagnia di Sorrento. In poche settimane, tra metà ottobre e fine novembre, i militari agli ordini del capitano Mario Gioia hanno raccolto prove sufficienti per incastrare l’indagato. Grazie agli audio e ai video delle cimici e delle telecamere nascoste nella struttura, è stato possibile documentare le condotte sessualmente predatorie dell’operatore socio sanitario, sul quale già gravavano alcuni sospetti. La struttura infatti ospita 16 persone anziane ed alcune erano “riluttanti” a farsi assistere da lui, l’unico operatore maschio in servizio. Lo ha riferito una sua collega sentita dagli investigatori. Si tratta dell’operatrice che ha lanciato l’allarme, riferendo alla direttrice, con una telefonata del 16 ottobre scorso, di aver assistito ad un episodio di violenza sessuale ai danni di un anziano. L’uomo è accusato anche di aver preso a schiaffi un’anziana restìa a prendere medicinali e di aver insultato e deriso le sue vittime. “Ti fa male la testa? E tu tieni la merda dentro quella sta girando”. Questa è una delle frasi pubblicabili, rivolta a un anziano. Impubblicabili quelle che diceva alle anziane ospiti della casa di riposo mentre provvedeva alla loro igiene. L'articolo Violenze sessuali e maltrattamenti in una casa di riposo a Capri: arrestato un operatore sanitario proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Camorra e politica, a Castellammare è scontro. Il consigliere col figlio indagato: “Difenderò sempre la mia famiglia”
Vincenzo Di Maio, il figlio del consigliere comunale di Castellammare di Stabia Nino Di Maio (quest’ultimo non indagato), è ritenuto dagli investigatori della Dda di Napoli “un possibile anello di congiunzione tra la società civile ed il tessuto criminale”, per via del ruolo del padre e perché frequenta diversi imprenditori importanti. Di Maio junior è l’allenatore di una squadra di calcio stabiese, ed è sindacalista come il padre. Secondo una informativa del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, allegata all’indagine sui condizionamenti del clan D’Alessandro negli appalti e nell’economia di Castellammare di Stabia, il figlio del consigliere “risulta quotidianamente insieme a Pasquale D’Alessandro (il reggente del clan, ndr), che spesso accompagna negli spostamenti a bordo sia della propria autovettura che dei propri motoveicoli, avvalendosi in alcuni casi della collaborazione del figlio”. Di Maio junior era una delle persone da avvicinare per arrivare al boss, che nel 2023 circolava libero a Castellammare, con l’obbligo di dimora. Si entrava in contatto con Pasquale D’Alessandro lungo una rete di negozi in via Roma, sempre gli stessi, appartenenti a tre famiglie. I ‘punti di ritrovo per gli elementi del clan’. L’informativa è piena di foto di Di Maio jr a colloquio con D’Alessandro ed altri esponenti e sodali della cosca, tra cui il boss Paolo Carolei, e “un personaggio di spicco nello scacchiere della malavita stabiese”, M.D.I., un ex consigliere comunale condannato per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Dagli atti depositati al Riesame di Napoli sugli 11 arresti di novembre chiesti e ottenuti dalla procura – pm Giuseppe Cimmarotta, procuratore Nicola Gratteri – rimbalzano notizie che aumentano l’agitazione dell’amministrazione comunale di Castellammare di Stabia. Nei giorni scorsi ilfattoquotidiano.it ha rivelato in esclusiva che Vincenzo Di Maio e il figlio (Nino, come il nonno consigliere) sono indagati per associazione camorristica. Era bastata la sola presenza di Vincenzo nell’ordinanza cautelare come persona di fiducia di uno degli arrestati, Pasquale D’Alessandro, per far alzare la voce a chi, come l’europarlamentare e consigliere comunale dem Sandro Ruotolo, chiedeva al sindaco Luigi Vicinanza (nella foto) chiarezza e prese di distanza coi politici lambiti dalle indagini. Politici al plurale, non solo Di Maio: dalle carte era emersa un’intercettazione del consigliere comunale Gennaro Oscurato (non indagato) con il cassiere arrestato del clan, Michele Abbruzzese, poche settimane prima delle amministrative del giugno 2024: “Zio Michele noi dobbiamo parlare da vicino dobbiamo fare certe cose importanti…”. Oscurato ricevette da Abruzzese questa risposta: “Sono a disposizione … mi faccio in quattro per te”. Le indagini hanno documentato la consegna di una cassa di vino da Oscurato ad Abruzzese e la sua soddisfazione per l’elezione dell’odontotecnico in consiglio comunale. Non è la pistola fumante di un condizionamento del clan nelle elezioni e nell’amministrazione locale, ma ce n’è abbastanza per chiedere accertamenti ulteriori e per provocare tensioni. Oscurato e Di Maio infatti sono stati eletti in due liste civiche di maggioranza. Dalla quale Vicinanza, al termine di colloqui coi capigruppo del Pd, del M5s e delle altre forze di coalizione, li ha estromessi con un comunicato stampa. “Ho sempre ribadito che sulla mia maggioranza non possono gravare ombre, dubbi, sospetti, zone grigie. Per questo, da oggi, considero i consiglieri comunali Gennaro Oscurato e Nino Di Maio fuori dal perimetro della maggioranza che sostiene l’amministrazione comunale di Castellammare”. Durante la cerimonia del premio Cavaliere, alla presenza del procuratore di Torre Annunziata Nunzio Fragliasso, Vicinanza è tornato sulla questione invocando le dimissioni dei due consiglieri. L’occasione poteva essere il consiglio comunale del 27 novembre sulla manovra economica per approvare il piano di riqualificazione del rione Savorito. Oscurato era assente. Di Maio c’era, ed ha replicato che non si dimette. “Sono stato eletto per stare in maggioranza e resto qui, ma se il mio voto dovesse essere determinante, mi asterrò, così ognuno sarà soddisfatto”. Su questo punto ha accolto un invito del sindaco. Respingendone gli altri. “Ho preso voti a Scanzano dove ho la mia famiglia. La mia storia personale parla chiaro”. La parola ‘famiglia’ l’ha ripetuta più volte. “È una famiglia di quelle vere, e la difenderò sempre”. L'articolo Camorra e politica, a Castellammare è scontro. Il consigliere col figlio indagato: “Difenderò sempre la mia famiglia” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Camorra e politica, indagati per 416bis il figlio e il nipote del consigliere di Castellammare di Stabia Nino Di Maio
Si allarga la crepa delle infiltrazioni della camorra nel mondo che ruota intorno alla politica di Castellammare di Stabia (Napoli). Ilfattoquotidiano.it può rivelare che il figlio e il nipote del consigliere comunale e presidente della commissione pari opportunità, Nino Di Maio, sono indagati per associazione camorristica. Si chiamano Vincenzo Di Maio e Nino Di Maio (quest’ultimo, figlio di Vincenzo, porta il nome del nonno come da tradizione al Sud), e per loro è in corso una proroga delle indagini per 416bis firmata dalla giudice per le indagini prelimari di Napoli Maria Luisa Miranda. È quanto si legge negli atti allegati agli undici arresti eseguiti nei giorni scorsi, in vista delle sessioni di Riesame. La notizia arriva pochi giorni poco la pubblicazione delle intercettazioni tra il cassiere del clan D’Alessandro Michele Abbruzzese e il consigliere comunale Gennaro Oscurato, colloqui avvenuti nel mese precedente le elezioni comunali del giugno 2024: “Mi farò in quattro per te, dobbiamo vederci da vicino, dobbiamo fare cose importanti insieme”. Con annessa consegna ad Abruzzese, da parte di Oscurato, di una cassa di vino. È l’ultima inchiesta della Dda partenopea – procuratore Nicola Gratteri, pm Giuseppe Cimmarotta – sugli interessi del clan D’Alessandro negli appalti cittadini, tra i quali l’ospedale in costruzione, e sulle pressioni estorsive ai cantieri edili e ad un cinema. Nell’ordinanza cautelare già spuntavano alcuni brevi riferimenti a Vincenzo Di Maio, indicato come uomo di fiducia del boss Pasquale D’Alessandro, uno degli arrestati, ritenuto il reggente della cosca da quando nel 2023 è tornato in libertà. Vincenzo Di Maio avrebbe incontrato Pasquale D’Alessandro e messo a disposizione un negozio a lui riconducibile, per i suoi summit riservati: lì il boss sapeva di essere al riparo da occhi e orecchie indiscrete. Sono agli atti diverse foto scattate dalla polizia tra ottobre 2023 e settembre 2024. Ritraggono Pasquale D’Alessandro che raduna i suoi fedelissimi a uno a uno per impartire direttive. Eludendo la sorveglianza speciale connessa all’obbligo di dimora. La sola circostanza della presenza di Di Maio jr nelle carte, e le intercettazioni di Oscurato, hanno agitato le notti della maggioranza guidata dal sindaco del campo largo Luigi Vicinanza. L’ex direttore dell’Espresso fu eletto in totale discontinuità con le ombre dello scioglimento per camorra disposto dal governo Draghi nel 2022. “Chi non si schiera apertamente nella lotta e nel contrasto al malaffare camorristico non può avere responsabilità pubbliche, non può far parte della mia maggioranza, deve dimettersi”, scrisse a caldo Vicinanza appena emersero le prime indiscrezioni sulle intercettazioni di Oscurato, peraltro lontano parente di uno degli arrestati. Fu la risposta all’europarlamentare dem Sandro Ruotolo, responsabile legalità della segreteria Schlein, che in qualità di consigliere comunale di Castellammare di Stabia ha invocato le dimissioni dei politici coinvolti “senza le quali diserterò i lavori del consiglio”. Il centrodestra ha chiesto l’invio della commissione d’accesso. Nei giorni scorsi Vicinanza ha poi comunicato di aver estromesso dalla maggioranza Oscurato e Di Maio. Quest’ultimo prima ancora di sapere che suo figlio e suo nipote sono formalmente indagati per camorra. L'articolo Camorra e politica, indagati per 416bis il figlio e il nipote del consigliere di Castellammare di Stabia Nino Di Maio proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Clan Moccia, il processo finisce “sotto accusa”. Le difese: “Via da Napoli” per legittimo sospetto e pressioni mediatiche
C’è un passaggio dell’istanza di legittimo sospetto per trasferire il processo al clan Moccia via da Napoli, causa “scandalo mediatico”, firmata dagli avvocati di 12 imputati, che alza il livello dello scontro. È quello in cui i difensori affermano che il Tribunale è già sicuro della colpevolezza degli imputati, mentre è ancora in corso l’esame dei testi delle difese. La convinzione sarebbe contenuta nelle pieghe dell’ordinanza del 9.10.25 con cui i giudici della settima sezione penale hanno disposto il divieto di dimora in Campania e nel Lazio per alcune figure apicali dei Moccia. Richiama “per relationem” e dunque “fa propria” – secondo i legali – le parti dell’ordinanza di arresto in cui Antonio, Angelo e Luigi Moccia sono definiti i tre membri di un “triumvirato” di comando. “Le espressioni di certezza circa il ruolo svolto da Moccia Antonio nel sodalizio, l’essere componente del “Triumvirato di comando del clan”, condivise e fatte proprie dal collegio costituiscono una chiarissima manifestazione di convincimento circa la colpevolezza degli imputati per i fatti di cui sono chiamati a giudicare all’esito del processo ancora in corso”, si legge fra le 33 pagine dell’istanza. Per gli avvocati il processo va trasferito perché è stato irrimediabilmente compromesso da una campagna stampa e di opinione iniziata dopo la scarcerazione estiva di 15 imputati per decorrenza dei termini. L’istanza cita gli articoli di Roberto Saviano sul Corriere della Sera, il post di Ciro Pellegrino (Fanpage.it), il video TikTok del magistrato Catello Maresca, gli interventi social del deputato Francesco Borrelli e di qualche altro influencer. Tutti verso la direzione dell’indignazione per una scarcerazione che, come sottolineano gli avvocati, era “prevedibilissima” alla luce della tempistica dei rinvii a giudizio inizialmente disposti al Tribunale di Napoli Nord. E se tre anni non sono stati sufficienti per una sentenza di primo grado, i ritardi sono “con tutta evidenza addebitabili, oltre all’originario error in procedendo di individuare un Giudice incompetente, soprattutto alle scelte della Pubblica Accusa”: un anno e mezzo per sentire un ufficiale dei carabinieri e altro. Il documento sottolinea tra gli elementi di pressione mediatica anche la discesa in campo del procuratore Nicola Gratteri, che ha partecipato all’udienza del 7 ottobre per affiancare i pm Ivana Fulco ed Ida Teresi. Una presenza che ha comprensibilmente attirato la presenza di numerosi giornalisti. “Mai visti né prima né dopo al processo”, scrivono gli avvocati. In quell’udienza Gratteri – ampiamente ripreso sui giornali e sui social – spese parole forti per sollecitare un’accelerazione dei tempi del processo, chiedendo più udienze e sottolineando che nei maxi processi calabresi “si lavorava sino a notte fonda”. Circostanza che avrebbe prodotto “una spaccatura manichea tra il “bene” rappresentato dal procuratore Nicola Gratteri e il “male” rappresentato dagli avvocati della difesa che mirano alla prescrizione”. Infine viene ricordato il provvedimento del presidente del Tribunale Gianpiero Scoppa che ha invitato i giudici a chiudere “ineludibilmente” il dibattimento entro novembre per scongiurare quello che sarebbe il quindicesimo cambiamento di collegio: uno dei suoi componenti, il dottor Michele Ciambellini, è stato trasferito alla Procura generale della Cassazione. Esonerando tutti i giudici dal lavorare ad altri dibattimenti. Quindi: quattro udienze a settimana, avvocati costretti ad accelerare e a tagliare liste testi, e la protesta della Camera Penale che ad ottobre ha disposto un’astensione di quattro giorni per denunciare la compressione del diritto di difesa. Ora l’istanza di legittimo sospetto, un nodo che la Cassazione scioglierà nei prossimi mesi: nel frattempo, il processo può andare avanti e concludere la fase istruttoria. Ma non potrà esserci sentenza prima della decisione degli ermellini. L'articolo Clan Moccia, il processo finisce “sotto accusa”. Le difese: “Via da Napoli” per legittimo sospetto e pressioni mediatiche proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Referendum giustizia, Travaglio a La7: “Il centrodestra attacca Gratteri perché la gente si fida di lui e teme la sua forza”
“Da parte di Giorgia Meloni c’è un’allergia nei confronti dei poteri di controllo solo quando le danno torto“. Sono le parole pronunciate a Otto e mezzo (La7) dal direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, che mette in fila gli episodi che mostrano un filo rosso: l’irritazione del governo verso chi esercita una funzione di vigilanza. Travaglio osserva che la Corte dei Conti, un tempo invocata dal centrodestra “addirittura con delle denunce” contro gli avversari politici, diventa improvvisamente un nemico quando solleva rilievi su “contratti strani, affari strani sul Ponte sullo Stretto o sprechi strani“. Al centro dell’intervento c’è poi il caso Gratteri. Travaglio respinge l’idea che gli attacchi del centrodestra al procuratore capo di Napoli nascano da una citazione di Giovanni Falcone utilizzata in modo impreciso: “È una citazione che avevamo sbagliato anche noi, fidandoci di alcune pubblicazioni che la davano per vera. In ogni caso, quello che pensava Falcone della separazione delle carriere e delle funzioni è stranoto, perché l’ha ripetuto 800 mila volte prima che arrivasse Berlusconi e quindi prima che la separazione delle carriere venisse associata alla sottoposizione del pm all’esecutivo”. Il punto, afferma il direttore del Fatto, è un altro: “Quelli del centrodestra sanno che quando Gratteri parla di giustizia e di mafia, la gente lo sta a ascoltare perché è un magistrato autentico, non è un personaggio costruito, è uno che si è fatto da solo è uno che non ha mai fatto parte di correnti. Ha visitato la sede dell’Anm l’altro giorno, giusto per fare la battaglia insieme sul referendum ma non ne ha condiviso tante posizioni corporative”. E ribadisce: “Il centrodestra sa che di Gratteri la gente si fida, mentre il centrodestra fatica a trovare una figura altrettanto popolare e credibile davanti all’opinione pubblica per sostenere una tesi che i due terzi del centrodestra hanno sempre combattuto”. Poi rifila una frecciata a Italo Bocchino, ospite in studio: “Bocchino ne è testimone perché viene dalla storia del Msi, di Alleanza Nazionale e di Fratelli d’Italia che hanno sempre contrastato già in Bicamerale con D’Alema la separazione delle carriere: furono Gianfranco Fini e Oscar Luigi Scalfaro a bloccarla. Dobbiamo a loro il fatto che la Bicamerale non produsse la separazione delle carriere. Quindi, non solo hanno la coda di paglia, tranne i forzisti che hanno sempre chiesto la separazione delle carriere, ma in più faticano a trovare qualcuno che abbia la stessa credibilità e lo stesso standing che ha Gratteri. E quindi gli stanno dando addosso“. Travaglio conclude: “Io non credo che questa strategia del centrodestra funzionerà perché Gratteri ha dalla sua una carriera talmente specchiata che di questi attacchi se ne fa un baffo. Insomma, continuerà a parlare, lo conosciamo: è un caterpillar e non si fermerà”. L'articolo Referendum giustizia, Travaglio a La7: “Il centrodestra attacca Gratteri perché la gente si fida di lui e teme la sua forza” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Gratteri, solidarietà dell’Anm: “Attaccato per l’impegno per il No al referendum. Il suo contributo tecnico merita rispetto”
“Piena solidarietà” a Nicola Gratteri, “raggiunto da pesanti critiche e attacchi personali in questi giorni, legati al suo impegno per il No al referendum sulla riforma Nordio”. L’Associazione nazionale magistrati manifesta la propria vicinanza al procuratore di Napoli, oggetto di una campagna di delegittimazione da parte dei media vicini al centrodestra dopo che in tv – spiegando le ragioni della sua contrarietà alla separazione delle carriere tra giudici e pm – ha citato erroneamente un passaggio di un’intervista (poi rivelatasi inesistente) attribuita a Giovanni Falcone. La presa di posizione dell’Anm arriva dopo che Quarta Repubblica, la trasmissione di Nicola Porro su Rete 4, ha dedicato un intero blocco della puntata di lunedì ad accusare il magistrato di diffondere “fake news“. Il sindacato delle toghe difende “il contributo tecnico” di Gratteri, che, “come quello dell’intera categoria dei magistrati, merita rispetto perché ha come unico scopo quello di arricchire il dibattito sulla riforma e dare ai cittadini maggiori elementi di riflessione in vista del voto referendario”, si legge in una nota. Da giorni, però, il centrodestra sta approfittando dell’errore su Falcone per attaccare il procuratore, il volto più popolare del fronte del No. Nei giorni scorsi Gratteri è intervenuto per ricordare che le parole citate, anche se non pronunciate effettivamente da Falcone, “sintetizzano e rappresentano il suo reale pensiero“, come peraltro ha confermato in un’intervista al Fatto Alfredo Morvillo, cognato del giudice ucciso. L'articolo Gratteri, solidarietà dell’Anm: “Attaccato per l’impegno per il No al referendum. Il suo contributo tecnico merita rispetto” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Camorra, 44 arresti decapitano il clan Russo. Indagati anche un sindaco e un consigliere: “I soldi li ho cacciati, i voti dove stanno?”
Cambiano le alleanze di camorra, cambiano i metodi delle pratiche estorsive, si confermano i contatti tra la politica e i clan, quest’ultimi un evergreen delle indagini della Dda di Napoli: indagati per voto di scambio il sindaco di Cicciano Giuseppe Caccavale, (eletto nel 2023 per la terza volta), e il candidato sindaco sconfitto di Casamarciano Antonio Manzi, consigliere di minoranza. Secondo le accuse, i loro intermediari avrebbero procacciato voti attraverso uomini del clan Russo, egemone nel Nolano. Arrestato e ai domiciliari anche un candidato al consiglio comunale di Monteforte Irpino, Giovanni Mazzola, ma per un reato non elettorale: l’esercizio abusivo delle attività di scommesse nella sua agenzia irpina, altra attività sotto il controllo della cosca. C’è questo e altro nelle 44 misure cautelari eseguite stamane dai carabinieri di Castello di Cisterna e di Nola, descritte nel corso di una conferenza stampa presso la sala convegni della Procura di Napoli. “Dalle indagini – ha affermato il procuratore di Napoli Nicola Gratteri – è emersa una importante novità, il clan Russo è nuovamente alleato coi Licciardi (dunque con l’Alleanza di Secondigliano, ndr), si apre uno scenario importante in cui non c’è più una camorra parcellizzata che va per i fatti suoi”. Un’alleanza “che si estrinsecava nel settore del gioco di azzardo” come ha precisato il procuratore aggiunto Sergio Ferrigno. Inchiesta coordinata dai pm Henry John Woodcock e Francesco Toscano e condotta dai carabinieri, sintetizzata dal Gip Isabella Iaselli in una corposa ordinanza di circa 450 pagine con 18 capi di imputazione. Tra i quali spicca la vicenda dell’allora capo dell’Utc di Nola, l’architetto Rosa Pascarella, parte lesa di una tentata estorsione orchestrata dall’ingegnere Michele Russo, rampollo del clan, laurea ottenuta online e un lavoro in un centro di progettazione del posto. La dirigente dell’Utc si era opposta ad alcune pratiche edilizie di interesse di Russo – un parco residenziale nella frazione Piazzolla, una sanatoria di un suo immobile – e fu avvicinata “ripetutamente” da persone vicine a lui e al consigliere comunale di Nola Antonio Napolitano (finito ai domiciliari): “Stai attenta, mo’ stai esagerando…ti devi fermare”. Lei però non si è fermata e i lavori sono stati sospesi. E anche la Curia di Nola si sarebbe piegata indirettamente ai metodi del clan Russo, che avrebbe provato a indirizzare la cessione di un terreno a Palma Campania. “La terra se la deve prendere Green Park”, queste le minacce arrivate a un geometra, e veicolate da uomini del clan in modo da far ritirare la concorrenza dall’affare che faceva gola alla ditta amica. Centrale la figura dell’ingegnere Michele Russo, “promotore ed organizzatore” insieme ad Antonio Russo dell’associazione a delinquere di stampo camorristico, che attraverso lo studio professionale dove lavorava “imponeva una consulenza, un progetto, qualcosa di più sofisticato rispetto ai soliti metodi, che aggiorna il metodo di estorsione”, ha spiegato Gratteri. Russo così si imponeva nelle compravendite immobiliari e nelle pratiche edili, il suo cognome e la sua provenienza familiare gli aprivano porte che dovevano rimanere chiuse. Le indagini e le attività tecniche di intercettazione hanno attraversato la campagna elettorale delle elezioni amministrative di Casamarciano e Cicciano tra il 2022 e il 2023. A Casamarciano il candidato avrebbe comprato dal clan un pacchetto di voti in cambio di 18.500 euro. Si sente una intercettazione con queste parole: “I soldi li ho cacciati… i voti dove stanno?...”. A Cicciano invece il capo di imputazione riferisce una “utilità non meglio definita” alla base dell’accordo. In entrambi i casi il giudice ha però escluso l’aggravante camorristica. Indagini sono ancora in corso, invece, sulle pratiche che riguardano un Caf e i migranti. “Quello dell’agro nolano – ha spiegato il maggiore Andrea Coratza, comandante del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna – è un territorio solo apparentemente tranquillo, ma nessuno denuncia”. L'articolo Camorra, 44 arresti decapitano il clan Russo. Indagati anche un sindaco e un consigliere: “I soldi li ho cacciati, i voti dove stanno?” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“Riforma della giustizia? Un attacco alla magistratura”: Gratteri e Parodi (Anm) spiegano il loro no – Video
“La riforma proposta è indirettamente, ma non per questo meno efficacemente, un attacco all’indipendenza della magistratura”. Così Cesare Parodi, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, ieri a Genova per un incontro su separazione delle carriere e libertà di informazione. Presente anche il procuratore antimafia Nicola Gratteri, entrambi hanno spiegato le ragioni “tecniche” del loro “No” al progetto del governo Meloni e del ministro Carlo Nordio di separare le carriere. Una questione di “salvaguardia dell’autonomia dei magistrati dall’esecutivo”, hanno spiegato tra gli altri interventi che si sono susseguiti nel pomeriggio. Parodi insiste sul cuore costituzionale della partita: “Si dice che l’articolo 104 non viene toccato, ma viene completamente stravolto il ruolo del Csm“. Se viene meno un Consiglio superiore “in grado di porsi come efficace interlocutore con governo e Parlamento, l’indipendenza è destinata a venire meno in un futuro neanche troppo lontano”. Da qui la linea del No indicata dal presidente dell’Anm: “Noi ci preoccupiamo dell’indipendenza di tutta la magistratura, non solo dei pm ma anche dei giudici”. Parodi respinge l’idea di uno scontro tra fronti politici: “Noi ci rivolgiamo solo ai cittadini, anche quelli che votano i partiti di governo. Quando si cambia la Costituzione si cambiano le regole per tutti e per un lungo periodo. Qua si cambiano le regole del gioco per il futuro, per le prossime generazioni, per quella che sarà l’Italia. Ecco perché è così importante”. Sul referendum, il presidente dell’Anm sottolinea l’assenza di quorum. “Le sorte della riforma costituzionale non si baserà sulle ‘intenzioni di voto’ che ora raccolgono i sondaggi, ma dipende da chi si alzerà una mattina e deciderà di spendere un’ora del suo tempo ad andare a votare”. Collegato dalla Procura di Napoli, Gratteri porta l’argomento sul terreno concreto degli equilibri interni alla giurisdizione. “Davvero il problema sono i 34 magistrati che cambiano funzione? Penso che per una trentina di magistrati non si possa modificare la Costituzione” osserva il procuratore, ricordando che non basta dire che giudici e pubblici ministeri si conoscono o “si danno del tu”, perché “costantemente i pm si vedono respingere dai giudici richieste di intercettazioni o misure cautelari”. Per Gratteri, il nodo è la comune cultura professionale: “Io penso che un pubblico ministero che ha la stessa formazione e cultura del giudice sia un miglior pubblico ministero”. Il pm, aggiunge, non è “una parte identica alle altre”, perché ha il dovere di raccogliere anche le prove a favore dell’indagato, mentre “l’avvocato, invece, se trova riscontri sulla colpevolezza del suo cliente non è tenuto a comunicarli: i ruoli restano diversi”. Tenere pm e giudici “sotto la stessa giurisdizione” è, per lui, una garanzia strutturale di equilibrio e non un vantaggio di categoria. Sul capitolo correnti e sorteggio, Gratteri “ammette” di avere in passato sostenuto il sorteggio per il Csm dopo molte decisioni ribaltate dal Consiglio di Stato, ma oggi vede un altro rischio: “La politica vuole introdurre il sorteggio secco per i magistrati e quello temperato per i laici. Da un lato i magistrati vengono estratti a sorte, dall’altro è il Parlamento a indicare un elenco di laici. Il gioco non è alla pari”. Per questo, pur restando critico verso il sistema delle correnti, conclude che “oggi dico che è più importante che giudici e pm restino sotto la stessa giurisdizione”. L'articolo “Riforma della giustizia? Un attacco alla magistratura”: Gratteri e Parodi (Anm) spiegano il loro no – Video proviene da Il Fatto Quotidiano.
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