La commissione Anticamorra della Regione Campania saluta e chiude i lavori per
fine legislatura con un dossier sull’uso abnorme degli affidamenti diretti per
le forniture alle Asl campane nel periodo 2020-2023. Nei giorni scorsi la
presidente uscente Carmela Rescigno (Lega), ricandidata e non rieletta in
Consiglio, ha consegnato il rapporto nelle mani del procuratore di Napoli Nicola
Gratteri. Dal documento risulta che nelle Asl di Caserta e Salerno la
percentuale degli affidi diretti in alcuni lunghi periodi temporali ha raggiunto
il 100%.
In generale, emerge come le strutture delle Asl preposte all’approvvigionamento
di beni, servizi e lavori abbiano fatto un uso larghissimo degli affidamenti
diretti, fino a superare in molti casi il 90% e comunque “in misura percentuale
tale da destare non pochi dubbi e perplessità sulla legittimità dei relativi
atti di affidamento” secondo Rescigno, che ricorda inoltre l’utilizzo di
“numerose procedure negoziate senza la pubblicazione del bando di gara, che è
prevista dalla legge”.
Il dossier è frutto dell’opera di un comitato di vigilanza e investigazione
composto dai rappresentati di tutte le forze dell’ordine e della Direzione
investigativa antimafia, tra cui il dirigente di Polizia Nicola Donadio,
referente nazionale del Siulp. Del comitato ha fatto parte Salvatore Carli,
consulente tecnico di diverse procure campane ed esperto in materia di appalti
pubblici.
I dati sono stati raccolti attraverso il portale Anac, i siti web delle singole
Asl ed il portale Open Data della Regione Campania. Nel periodo considerato sono
stati analizzati oltre 120.000 lotti di appalto, per un valore complessivo
stimato superiore a 3 miliardi di euro. Il picco di attività si è registrato nel
2020, in corrispondenza della prima ondata pandemica. Nel biennio successivo c’è
stata una graduale normalizzazione. Dai grafici allegati al rapporto (nella
foto) risulta che i valori più alti degli affidamenti diretti sia in termini di
lotti che di valori sono quelli delle Asl di Caserta e Salerno.
Quanto ai dubbi sollevati da Rescigno sulla legittimità degli atti di
affidamento, resteranno sospesi. Con l’abrogazione dell’abuso d’ufficio è
diventato quasi impossibile – in assenza di reati ‘spia’ tipo turbative d’sta o
tangenti – dare risposte a questi interrogativi.
L'articolo “Uso abnorme degli affidamenti diretti per le forniture alle Asl, a
Caserta e Salerno picchi del 100%”: il dossier dell’Anticamorra campana proviene
da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Nicola Gratteri
di Giovanni Muraca
A Castel Sant’Angelo si è conclusa la kermesse del partito di maggioranza del
governo, Atreju. Manifestazione che ha visto Fratelli d’Italia mettere in
pratica il famoso piano che posiziona Giorgia Meloni e tutta la compagine di
partito in una posizione più “pop”. Una strategia che descriveva bene Giacomo
Salvini prima dell’estate. Un rilancio che cancella gli “estremismi di partito”
che ha l’intento di far entrare un partito – ormai a stelle e fiamma tricolore –
digeribile anche a quella parte moderata di elettorato.
Spente le luci del palco romano, si ritorna alla normalità di un paese ormai al
baratro. I conti sono in ordine, ma dietro a politiche di austerità che lasciano
– ancora una volta – le persone a sopravvivere se non a morire di fame. Priorità
di un governo che non sa dove girarsi. Tolto l’emendamento proposto sempre da
Fd’I sull’innalzamento del contante a 10.000 euro con flat tax annessa e dietro
a obbligo di fatturazione cartacea (dove sappiamo che anche le fatture possono
essere tranquillamente fittizie), arriva un ddl contro chi “esalta” la mafia.
Ddl a firma Maria Carolina Varchi depositato a ottobre.
Leggendo il disegno è palese quanto sia dedicato “ai soliti nemici” e non al
vero e proprio atto. Il testo riporta: chi ripropone personaggi mafiosi con
intento “apologetico”, chi “esalta fatti, metodi, princìpi” mafiosi , “serie
televisive che mitizzano personaggi reali o immaginari delle varie associazioni
criminali di stampo mafioso”. Se tanto mi dà tanto, allora questo si potrebbe
tradurre e imputare ai libri di Saviano, dei Procuratori Gratteri e Di Matteo e
alle serie TV come Gomorra e Mare Fuori.
L’ennesimo ddl che profuma di proibizionismo. Proposta che sembra più un
ulteriore colpo alla “cancel culture” attivata da quando governi ultra
conservatori sono saliti al potere. E fa specie quando a questo si allineano
documenti che raccontano di piani eversivi che arrivano da oltre oceano per
distruggere l’Europa – già debole grazie all’attuale Commissione – dall’interno,
utilizzando paesi “amici” come Italia e Polonia per attuarli.
La sovranità tanto cara alla maggioranza attualmente si misura in
un’infrastruttura di Telecom ormai di KKR – fondo americano, Stellantis che
ormai è entità straniera, ITA Airways che per il 41% è di Lufthansa – compagnia
di bandiera tedesca. Mancava solo che un gruppo editoriale come Gedi venisse
venduto. Ma a chi? A un magnate con la foto di Donald Trump sulla scrivania. Una
sorta di assist che mette a tacere un media di “opposizione”. Abbiamo passato
una settimana a parlare della famiglia nel bosco, nel 2023 di Peppa Pig, di
Frecciarossa che fanno fermate speciali per i ministri e di acqua che fa
ammalare.
Mentre l’opposizione è occupata a parlare di leadership di questo campo largo
anziché prendere l’attuale maggioranza in contropiede su temi come questi e
facilitare una possibile vincita alle politiche del 2027, qual è realmente
l’agenda di governo nei prossimi mesi? Cosa stiamo realmente facendo per la
lotta alle mafie? Se non fosse per i procuratori – anch’essi isolati e presi di
mira dal governo per il Referendum primaverile per la divisione delle carriere –
del tema, non è che se ne sente molto parlare.
Gli unici in auge al momento sono sempre la difesa, il Rearm Europe (o Readiness
– per indorarci la pillola), circondati da emendamenti come questo che trovano
contraddizioni con l’immobilismo di questo esecutivo. Negli incontri che
Salvatore Borsellino – fratello di Paolo, magistrato tanto menzionato e caro
alla Premier – fa nelle scuole, una delle frasi di apertura degli stessi è
sempre: “La Mafia non è solo quella che conosciamo, ma Mafia è anche fare i
propri interessi a discapito degli altri”.
Se questa frase fosse una legge, saremmo un paese in salute in vari ambiti. Ma
perché migliorarsi quando si potrebbe far ancora di più? Magari un altro decreto
che cancelli determinate parole dal dizionario. Come si dice, tolta la parola,
risolto il problema.
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L'articolo Arriva la legge contro chi “esalta” la mafia: è palese che sia
dedicata ai soliti nemici proviene da Il Fatto Quotidiano.
Violenze sessuali, percosse e maltrattamenti avvenivano tra le docce e le stanze
12 e 15 della casa di riposo “San Giuseppe” a Capri. Vittime, quattro persone
anziane – un uomo e tre donne tra gli 82 e i 91 anni – affette da demenza
senile, Parkinson e altre patologie tipiche dell’età avanzata. Persone
particolarmente deboli e fragili, in evidente stato di inferiorità fisica e
psichica. Erano finite nelle grinfie di un operatore sanitario di 47 anni, in
servizio in questa struttura dal 2019. Con queste accuse l’uomo è stato
arrestato stamane su ordine del Gip di Napoli, Anna Tirone. La procura di
Napoli, sezione fasce deboli – procuratore Nicola Gratteri, aggiunto Raffaello
Falcone, pm Monica Campese – aveva chiesto il carcere. Il giudice ha ritenuto
adeguati i domiciliari col braccialetto elettronico.
È stata un’indagine molto rapida, quella condotta dai carabinieri della stazione
di Capri e del nucleo investigativo della Compagnia di Sorrento. In poche
settimane, tra metà ottobre e fine novembre, i militari agli ordini del capitano
Mario Gioia hanno raccolto prove sufficienti per incastrare l’indagato. Grazie
agli audio e ai video delle cimici e delle telecamere nascoste nella struttura,
è stato possibile documentare le condotte sessualmente predatorie dell’operatore
socio sanitario, sul quale già gravavano alcuni sospetti. La struttura infatti
ospita 16 persone anziane ed alcune erano “riluttanti” a farsi assistere da lui,
l’unico operatore maschio in servizio.
Lo ha riferito una sua collega sentita dagli investigatori. Si tratta
dell’operatrice che ha lanciato l’allarme, riferendo alla direttrice, con una
telefonata del 16 ottobre scorso, di aver assistito ad un episodio di violenza
sessuale ai danni di un anziano.
L’uomo è accusato anche di aver preso a schiaffi un’anziana restìa a prendere
medicinali e di aver insultato e deriso le sue vittime. “Ti fa male la testa? E
tu tieni la merda dentro quella sta girando”. Questa è una delle frasi
pubblicabili, rivolta a un anziano. Impubblicabili quelle che diceva alle
anziane ospiti della casa di riposo mentre provvedeva alla loro igiene.
L'articolo Violenze sessuali e maltrattamenti in una casa di riposo a Capri:
arrestato un operatore sanitario proviene da Il Fatto Quotidiano.
Vincenzo Di Maio, il figlio del consigliere comunale di Castellammare di Stabia
Nino Di Maio (quest’ultimo non indagato), è ritenuto dagli investigatori della
Dda di Napoli “un possibile anello di congiunzione tra la società civile ed il
tessuto criminale”, per via del ruolo del padre e perché frequenta diversi
imprenditori importanti. Di Maio junior è l’allenatore di una squadra di calcio
stabiese, ed è sindacalista come il padre.
Secondo una informativa del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato,
allegata all’indagine sui condizionamenti del clan D’Alessandro negli appalti e
nell’economia di Castellammare di Stabia, il figlio del consigliere “risulta
quotidianamente insieme a Pasquale D’Alessandro (il reggente del clan, ndr), che
spesso accompagna negli spostamenti a bordo sia della propria autovettura che
dei propri motoveicoli, avvalendosi in alcuni casi della collaborazione del
figlio”.
Di Maio junior era una delle persone da avvicinare per arrivare al boss, che nel
2023 circolava libero a Castellammare, con l’obbligo di dimora. Si entrava in
contatto con Pasquale D’Alessandro lungo una rete di negozi in via Roma, sempre
gli stessi, appartenenti a tre famiglie. I ‘punti di ritrovo per gli elementi
del clan’. L’informativa è piena di foto di Di Maio jr a colloquio con
D’Alessandro ed altri esponenti e sodali della cosca, tra cui il boss Paolo
Carolei, e “un personaggio di spicco nello scacchiere della malavita stabiese”,
M.D.I., un ex consigliere comunale condannato per estorsione aggravata dal
metodo mafioso.
Dagli atti depositati al Riesame di Napoli sugli 11 arresti di novembre chiesti
e ottenuti dalla procura – pm Giuseppe Cimmarotta, procuratore Nicola Gratteri –
rimbalzano notizie che aumentano l’agitazione dell’amministrazione comunale di
Castellammare di Stabia. Nei giorni scorsi ilfattoquotidiano.it ha rivelato in
esclusiva che Vincenzo Di Maio e il figlio (Nino, come il nonno consigliere)
sono indagati per associazione camorristica. Era bastata la sola presenza di
Vincenzo nell’ordinanza cautelare come persona di fiducia di uno degli
arrestati, Pasquale D’Alessandro, per far alzare la voce a chi, come
l’europarlamentare e consigliere comunale dem Sandro Ruotolo, chiedeva al
sindaco Luigi Vicinanza (nella foto) chiarezza e prese di distanza coi politici
lambiti dalle indagini.
Politici al plurale, non solo Di Maio: dalle carte era emersa un’intercettazione
del consigliere comunale Gennaro Oscurato (non indagato) con il cassiere
arrestato del clan, Michele Abbruzzese, poche settimane prima delle
amministrative del giugno 2024: “Zio Michele noi dobbiamo parlare da vicino
dobbiamo fare certe cose importanti…”. Oscurato ricevette da Abruzzese questa
risposta: “Sono a disposizione … mi faccio in quattro per te”. Le indagini hanno
documentato la consegna di una cassa di vino da Oscurato ad Abruzzese e la sua
soddisfazione per l’elezione dell’odontotecnico in consiglio comunale.
Non è la pistola fumante di un condizionamento del clan nelle elezioni e
nell’amministrazione locale, ma ce n’è abbastanza per chiedere accertamenti
ulteriori e per provocare tensioni. Oscurato e Di Maio infatti sono stati eletti
in due liste civiche di maggioranza. Dalla quale Vicinanza, al termine di
colloqui coi capigruppo del Pd, del M5s e delle altre forze di coalizione, li ha
estromessi con un comunicato stampa. “Ho sempre ribadito che sulla mia
maggioranza non possono gravare ombre, dubbi, sospetti, zone grigie. Per questo,
da oggi, considero i consiglieri comunali Gennaro Oscurato e Nino Di Maio fuori
dal perimetro della maggioranza che sostiene l’amministrazione comunale di
Castellammare”. Durante la cerimonia del premio Cavaliere, alla presenza del
procuratore di Torre Annunziata Nunzio Fragliasso, Vicinanza è tornato sulla
questione invocando le dimissioni dei due consiglieri.
L’occasione poteva essere il consiglio comunale del 27 novembre sulla manovra
economica per approvare il piano di riqualificazione del rione Savorito.
Oscurato era assente. Di Maio c’era, ed ha replicato che non si dimette. “Sono
stato eletto per stare in maggioranza e resto qui, ma se il mio voto dovesse
essere determinante, mi asterrò, così ognuno sarà soddisfatto”. Su questo punto
ha accolto un invito del sindaco. Respingendone gli altri. “Ho preso voti a
Scanzano dove ho la mia famiglia. La mia storia personale parla chiaro”. La
parola ‘famiglia’ l’ha ripetuta più volte. “È una famiglia di quelle vere, e la
difenderò sempre”.
L'articolo Camorra e politica, a Castellammare è scontro. Il consigliere col
figlio indagato: “Difenderò sempre la mia famiglia” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Si allarga la crepa delle infiltrazioni della camorra nel mondo che ruota
intorno alla politica di Castellammare di Stabia (Napoli). Ilfattoquotidiano.it
può rivelare che il figlio e il nipote del consigliere comunale e presidente
della commissione pari opportunità, Nino Di Maio, sono indagati per associazione
camorristica. Si chiamano Vincenzo Di Maio e Nino Di Maio (quest’ultimo, figlio
di Vincenzo, porta il nome del nonno come da tradizione al Sud), e per loro è in
corso una proroga delle indagini per 416bis firmata dalla giudice per le
indagini prelimari di Napoli Maria Luisa Miranda. È quanto si legge negli atti
allegati agli undici arresti eseguiti nei giorni scorsi, in vista delle sessioni
di Riesame.
La notizia arriva pochi giorni poco la pubblicazione delle intercettazioni tra
il cassiere del clan D’Alessandro Michele Abbruzzese e il consigliere comunale
Gennaro Oscurato, colloqui avvenuti nel mese precedente le elezioni comunali del
giugno 2024: “Mi farò in quattro per te, dobbiamo vederci da vicino, dobbiamo
fare cose importanti insieme”. Con annessa consegna ad Abruzzese, da parte di
Oscurato, di una cassa di vino.
È l’ultima inchiesta della Dda partenopea – procuratore Nicola Gratteri, pm
Giuseppe Cimmarotta – sugli interessi del clan D’Alessandro negli appalti
cittadini, tra i quali l’ospedale in costruzione, e sulle pressioni estorsive ai
cantieri edili e ad un cinema. Nell’ordinanza cautelare già spuntavano alcuni
brevi riferimenti a Vincenzo Di Maio, indicato come uomo di fiducia del boss
Pasquale D’Alessandro, uno degli arrestati, ritenuto il reggente della cosca da
quando nel 2023 è tornato in libertà. Vincenzo Di Maio avrebbe incontrato
Pasquale D’Alessandro e messo a disposizione un negozio a lui riconducibile, per
i suoi summit riservati: lì il boss sapeva di essere al riparo da occhi e
orecchie indiscrete. Sono agli atti diverse foto scattate dalla polizia tra
ottobre 2023 e settembre 2024. Ritraggono Pasquale D’Alessandro che raduna i
suoi fedelissimi a uno a uno per impartire direttive. Eludendo la sorveglianza
speciale connessa all’obbligo di dimora.
La sola circostanza della presenza di Di Maio jr nelle carte, e le
intercettazioni di Oscurato, hanno agitato le notti della maggioranza guidata
dal sindaco del campo largo Luigi Vicinanza. L’ex direttore dell’Espresso fu
eletto in totale discontinuità con le ombre dello scioglimento per camorra
disposto dal governo Draghi nel 2022. “Chi non si schiera apertamente nella
lotta e nel contrasto al malaffare camorristico non può avere responsabilità
pubbliche, non può far parte della mia maggioranza, deve dimettersi”, scrisse a
caldo Vicinanza appena emersero le prime indiscrezioni sulle intercettazioni di
Oscurato, peraltro lontano parente di uno degli arrestati.
Fu la risposta all’europarlamentare dem Sandro Ruotolo, responsabile legalità
della segreteria Schlein, che in qualità di consigliere comunale di
Castellammare di Stabia ha invocato le dimissioni dei politici coinvolti “senza
le quali diserterò i lavori del consiglio”. Il centrodestra ha chiesto l’invio
della commissione d’accesso. Nei giorni scorsi Vicinanza ha poi comunicato di
aver estromesso dalla maggioranza Oscurato e Di Maio. Quest’ultimo prima ancora
di sapere che suo figlio e suo nipote sono formalmente indagati per camorra.
L'articolo Camorra e politica, indagati per 416bis il figlio e il nipote del
consigliere di Castellammare di Stabia Nino Di Maio proviene da Il Fatto
Quotidiano.
C’è un passaggio dell’istanza di legittimo sospetto per trasferire il processo
al clan Moccia via da Napoli, causa “scandalo mediatico”, firmata dagli avvocati
di 12 imputati, che alza il livello dello scontro. È quello in cui i difensori
affermano che il Tribunale è già sicuro della colpevolezza degli imputati,
mentre è ancora in corso l’esame dei testi delle difese.
La convinzione sarebbe contenuta nelle pieghe dell’ordinanza del 9.10.25 con cui
i giudici della settima sezione penale hanno disposto il divieto di dimora in
Campania e nel Lazio per alcune figure apicali dei Moccia. Richiama “per
relationem” e dunque “fa propria” – secondo i legali – le parti dell’ordinanza
di arresto in cui Antonio, Angelo e Luigi Moccia sono definiti i tre membri di
un “triumvirato” di comando. “Le espressioni di certezza circa il ruolo svolto
da Moccia Antonio nel sodalizio, l’essere componente del “Triumvirato di comando
del clan”, condivise e fatte proprie dal collegio costituiscono una chiarissima
manifestazione di convincimento circa la colpevolezza degli imputati per i fatti
di cui sono chiamati a giudicare all’esito del processo ancora in corso”, si
legge fra le 33 pagine dell’istanza.
Per gli avvocati il processo va trasferito perché è stato irrimediabilmente
compromesso da una campagna stampa e di opinione iniziata dopo la scarcerazione
estiva di 15 imputati per decorrenza dei termini. L’istanza cita gli articoli di
Roberto Saviano sul Corriere della Sera, il post di Ciro Pellegrino
(Fanpage.it), il video TikTok del magistrato Catello Maresca, gli interventi
social del deputato Francesco Borrelli e di qualche altro influencer. Tutti
verso la direzione dell’indignazione per una scarcerazione che, come
sottolineano gli avvocati, era “prevedibilissima” alla luce della tempistica dei
rinvii a giudizio inizialmente disposti al Tribunale di Napoli Nord. E se tre
anni non sono stati sufficienti per una sentenza di primo grado, i ritardi sono
“con tutta evidenza addebitabili, oltre all’originario error in procedendo di
individuare un Giudice incompetente, soprattutto alle scelte della Pubblica
Accusa”: un anno e mezzo per sentire un ufficiale dei carabinieri e altro.
Il documento sottolinea tra gli elementi di pressione mediatica anche la discesa
in campo del procuratore Nicola Gratteri, che ha partecipato all’udienza del 7
ottobre per affiancare i pm Ivana Fulco ed Ida Teresi. Una presenza che ha
comprensibilmente attirato la presenza di numerosi giornalisti. “Mai visti né
prima né dopo al processo”, scrivono gli avvocati. In quell’udienza Gratteri –
ampiamente ripreso sui giornali e sui social – spese parole forti per
sollecitare un’accelerazione dei tempi del processo, chiedendo più udienze e
sottolineando che nei maxi processi calabresi “si lavorava sino a notte fonda”.
Circostanza che avrebbe prodotto “una spaccatura manichea tra il “bene”
rappresentato dal procuratore Nicola Gratteri e il “male” rappresentato dagli
avvocati della difesa che mirano alla prescrizione”.
Infine viene ricordato il provvedimento del presidente del Tribunale Gianpiero
Scoppa che ha invitato i giudici a chiudere “ineludibilmente” il dibattimento
entro novembre per scongiurare quello che sarebbe il quindicesimo cambiamento di
collegio: uno dei suoi componenti, il dottor Michele Ciambellini, è stato
trasferito alla Procura generale della Cassazione. Esonerando tutti i giudici
dal lavorare ad altri dibattimenti. Quindi: quattro udienze a settimana,
avvocati costretti ad accelerare e a tagliare liste testi, e la protesta della
Camera Penale che ad ottobre ha disposto un’astensione di quattro giorni per
denunciare la compressione del diritto di difesa.
Ora l’istanza di legittimo sospetto, un nodo che la Cassazione scioglierà nei
prossimi mesi: nel frattempo, il processo può andare avanti e concludere la fase
istruttoria. Ma non potrà esserci sentenza prima della decisione degli
ermellini.
L'articolo Clan Moccia, il processo finisce “sotto accusa”. Le difese: “Via da
Napoli” per legittimo sospetto e pressioni mediatiche proviene da Il Fatto
Quotidiano.
“Da parte di Giorgia Meloni c’è un’allergia nei confronti dei poteri di
controllo solo quando le danno torto“. Sono le parole pronunciate a Otto e mezzo
(La7) dal direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, che mette in fila gli
episodi che mostrano un filo rosso: l’irritazione del governo verso chi esercita
una funzione di vigilanza.
Travaglio osserva che la Corte dei Conti, un tempo invocata dal centrodestra
“addirittura con delle denunce” contro gli avversari politici, diventa
improvvisamente un nemico quando solleva rilievi su “contratti strani, affari
strani sul Ponte sullo Stretto o sprechi strani“.
Al centro dell’intervento c’è poi il caso Gratteri. Travaglio respinge l’idea
che gli attacchi del centrodestra al procuratore capo di Napoli nascano da una
citazione di Giovanni Falcone utilizzata in modo impreciso: “È una citazione che
avevamo sbagliato anche noi, fidandoci di alcune pubblicazioni che la davano per
vera. In ogni caso, quello che pensava Falcone della separazione delle carriere
e delle funzioni è stranoto, perché l’ha ripetuto 800 mila volte prima che
arrivasse Berlusconi e quindi prima che la separazione delle carriere venisse
associata alla sottoposizione del pm all’esecutivo”.
Il punto, afferma il direttore del Fatto, è un altro: “Quelli del centrodestra
sanno che quando Gratteri parla di giustizia e di mafia, la gente lo sta a
ascoltare perché è un magistrato autentico, non è un personaggio costruito, è
uno che si è fatto da solo è uno che non ha mai fatto parte di correnti. Ha
visitato la sede dell’Anm l’altro giorno, giusto per fare la battaglia insieme
sul referendum ma non ne ha condiviso tante posizioni corporative”.
E ribadisce: “Il centrodestra sa che di Gratteri la gente si fida, mentre il
centrodestra fatica a trovare una figura altrettanto popolare e credibile
davanti all’opinione pubblica per sostenere una tesi che i due terzi del
centrodestra hanno sempre combattuto”.
Poi rifila una frecciata a Italo Bocchino, ospite in studio: “Bocchino ne è
testimone perché viene dalla storia del Msi, di Alleanza Nazionale e di Fratelli
d’Italia che hanno sempre contrastato già in Bicamerale con D’Alema la
separazione delle carriere: furono Gianfranco Fini e Oscar Luigi Scalfaro a
bloccarla. Dobbiamo a loro il fatto che la Bicamerale non produsse la
separazione delle carriere. Quindi, non solo hanno la coda di paglia, tranne i
forzisti che hanno sempre chiesto la separazione delle carriere, ma in più
faticano a trovare qualcuno che abbia la stessa credibilità e lo stesso standing
che ha Gratteri. E quindi gli stanno dando addosso“.
Travaglio conclude: “Io non credo che questa strategia del centrodestra
funzionerà perché Gratteri ha dalla sua una carriera talmente specchiata che di
questi attacchi se ne fa un baffo. Insomma, continuerà a parlare, lo conosciamo:
è un caterpillar e non si fermerà”.
L'articolo Referendum giustizia, Travaglio a La7: “Il centrodestra attacca
Gratteri perché la gente si fida di lui e teme la sua forza” proviene da Il
Fatto Quotidiano.
“Piena solidarietà” a Nicola Gratteri, “raggiunto da pesanti critiche e attacchi
personali in questi giorni, legati al suo impegno per il No al referendum sulla
riforma Nordio”. L’Associazione nazionale magistrati manifesta la propria
vicinanza al procuratore di Napoli, oggetto di una campagna di delegittimazione
da parte dei media vicini al centrodestra dopo che in tv – spiegando le ragioni
della sua contrarietà alla separazione delle carriere tra giudici e pm – ha
citato erroneamente un passaggio di un’intervista (poi rivelatasi inesistente)
attribuita a Giovanni Falcone. La presa di posizione dell’Anm arriva dopo che
Quarta Repubblica, la trasmissione di Nicola Porro su Rete 4, ha dedicato un
intero blocco della puntata di lunedì ad accusare il magistrato di diffondere
“fake news“.
Il sindacato delle toghe difende “il contributo tecnico” di Gratteri, che, “come
quello dell’intera categoria dei magistrati, merita rispetto perché ha come
unico scopo quello di arricchire il dibattito sulla riforma e dare ai cittadini
maggiori elementi di riflessione in vista del voto referendario”, si legge in
una nota. Da giorni, però, il centrodestra sta approfittando dell’errore su
Falcone per attaccare il procuratore, il volto più popolare del fronte del No.
Nei giorni scorsi Gratteri è intervenuto per ricordare che le parole citate,
anche se non pronunciate effettivamente da Falcone, “sintetizzano e
rappresentano il suo reale pensiero“, come peraltro ha confermato in
un’intervista al Fatto Alfredo Morvillo, cognato del giudice ucciso.
L'articolo Gratteri, solidarietà dell’Anm: “Attaccato per l’impegno per il No al
referendum. Il suo contributo tecnico merita rispetto” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Cambiano le alleanze di camorra, cambiano i metodi delle pratiche estorsive, si
confermano i contatti tra la politica e i clan, quest’ultimi un evergreen delle
indagini della Dda di Napoli: indagati per voto di scambio il sindaco di
Cicciano Giuseppe Caccavale, (eletto nel 2023 per la terza volta), e il
candidato sindaco sconfitto di Casamarciano Antonio Manzi, consigliere di
minoranza. Secondo le accuse, i loro intermediari avrebbero procacciato voti
attraverso uomini del clan Russo, egemone nel Nolano. Arrestato e ai domiciliari
anche un candidato al consiglio comunale di Monteforte Irpino, Giovanni Mazzola,
ma per un reato non elettorale: l’esercizio abusivo delle attività di scommesse
nella sua agenzia irpina, altra attività sotto il controllo della cosca.
C’è questo e altro nelle 44 misure cautelari eseguite stamane dai carabinieri di
Castello di Cisterna e di Nola, descritte nel corso di una conferenza stampa
presso la sala convegni della Procura di Napoli. “Dalle indagini – ha affermato
il procuratore di Napoli Nicola Gratteri – è emersa una importante novità, il
clan Russo è nuovamente alleato coi Licciardi (dunque con l’Alleanza di
Secondigliano, ndr), si apre uno scenario importante in cui non c’è più una
camorra parcellizzata che va per i fatti suoi”. Un’alleanza “che si estrinsecava
nel settore del gioco di azzardo” come ha precisato il procuratore aggiunto
Sergio Ferrigno.
Inchiesta coordinata dai pm Henry John Woodcock e Francesco Toscano e condotta
dai carabinieri, sintetizzata dal Gip Isabella Iaselli in una corposa ordinanza
di circa 450 pagine con 18 capi di imputazione. Tra i quali spicca la vicenda
dell’allora capo dell’Utc di Nola, l’architetto Rosa Pascarella, parte lesa di
una tentata estorsione orchestrata dall’ingegnere Michele Russo, rampollo del
clan, laurea ottenuta online e un lavoro in un centro di progettazione del
posto. La dirigente dell’Utc si era opposta ad alcune pratiche edilizie di
interesse di Russo – un parco residenziale nella frazione Piazzolla, una
sanatoria di un suo immobile – e fu avvicinata “ripetutamente” da persone vicine
a lui e al consigliere comunale di Nola Antonio Napolitano (finito ai
domiciliari): “Stai attenta, mo’ stai esagerando…ti devi fermare”. Lei però non
si è fermata e i lavori sono stati sospesi.
E anche la Curia di Nola si sarebbe piegata indirettamente ai metodi del clan
Russo, che avrebbe provato a indirizzare la cessione di un terreno a Palma
Campania. “La terra se la deve prendere Green Park”, queste le minacce arrivate
a un geometra, e veicolate da uomini del clan in modo da far ritirare la
concorrenza dall’affare che faceva gola alla ditta amica. Centrale la figura
dell’ingegnere Michele Russo, “promotore ed organizzatore” insieme ad Antonio
Russo dell’associazione a delinquere di stampo camorristico, che attraverso lo
studio professionale dove lavorava “imponeva una consulenza, un progetto,
qualcosa di più sofisticato rispetto ai soliti metodi, che aggiorna il metodo di
estorsione”, ha spiegato Gratteri. Russo così si imponeva nelle compravendite
immobiliari e nelle pratiche edili, il suo cognome e la sua provenienza
familiare gli aprivano porte che dovevano rimanere chiuse.
Le indagini e le attività tecniche di intercettazione hanno attraversato la
campagna elettorale delle elezioni amministrative di Casamarciano e Cicciano tra
il 2022 e il 2023. A Casamarciano il candidato avrebbe comprato dal clan un
pacchetto di voti in cambio di 18.500 euro. Si sente una intercettazione con
queste parole: “I soldi li ho cacciati… i voti dove stanno?...”. A Cicciano
invece il capo di imputazione riferisce una “utilità non meglio definita” alla
base dell’accordo. In entrambi i casi il giudice ha però escluso l’aggravante
camorristica. Indagini sono ancora in corso, invece, sulle pratiche che
riguardano un Caf e i migranti. “Quello dell’agro nolano – ha spiegato il
maggiore Andrea Coratza, comandante del Nucleo Investigativo di Castello di
Cisterna – è un territorio solo apparentemente tranquillo, ma nessuno denuncia”.
L'articolo Camorra, 44 arresti decapitano il clan Russo. Indagati anche un
sindaco e un consigliere: “I soldi li ho cacciati, i voti dove stanno?” proviene
da Il Fatto Quotidiano.
“La riforma proposta è indirettamente, ma non per questo meno efficacemente, un
attacco all’indipendenza della magistratura”. Così Cesare Parodi, presidente
dell’Associazione nazionale magistrati, ieri a Genova per un incontro su
separazione delle carriere e libertà di informazione. Presente anche il
procuratore antimafia Nicola Gratteri, entrambi hanno spiegato le ragioni
“tecniche” del loro “No” al progetto del governo Meloni e del ministro Carlo
Nordio di separare le carriere. Una questione di “salvaguardia dell’autonomia
dei magistrati dall’esecutivo”, hanno spiegato tra gli altri interventi che si
sono susseguiti nel pomeriggio. Parodi insiste sul cuore costituzionale della
partita: “Si dice che l’articolo 104 non viene toccato, ma viene completamente
stravolto il ruolo del Csm“. Se viene meno un Consiglio superiore “in grado di
porsi come efficace interlocutore con governo e Parlamento, l’indipendenza è
destinata a venire meno in un futuro neanche troppo lontano”.
Da qui la linea del No indicata dal presidente dell’Anm: “Noi ci preoccupiamo
dell’indipendenza di tutta la magistratura, non solo dei pm ma anche dei
giudici”. Parodi respinge l’idea di uno scontro tra fronti politici: “Noi ci
rivolgiamo solo ai cittadini, anche quelli che votano i partiti di governo.
Quando si cambia la Costituzione si cambiano le regole per tutti e per un lungo
periodo. Qua si cambiano le regole del gioco per il futuro, per le prossime
generazioni, per quella che sarà l’Italia. Ecco perché è così importante”. Sul
referendum, il presidente dell’Anm sottolinea l’assenza di quorum. “Le sorte
della riforma costituzionale non si baserà sulle ‘intenzioni di voto’ che ora
raccolgono i sondaggi, ma dipende da chi si alzerà una mattina e deciderà di
spendere un’ora del suo tempo ad andare a votare”. Collegato dalla Procura di
Napoli, Gratteri porta l’argomento sul terreno concreto degli equilibri interni
alla giurisdizione. “Davvero il problema sono i 34 magistrati che cambiano
funzione? Penso che per una trentina di magistrati non si possa modificare la
Costituzione” osserva il procuratore, ricordando che non basta dire che giudici
e pubblici ministeri si conoscono o “si danno del tu”, perché “costantemente i
pm si vedono respingere dai giudici richieste di intercettazioni o misure
cautelari”.
Per Gratteri, il nodo è la comune cultura professionale: “Io penso che un
pubblico ministero che ha la stessa formazione e cultura del giudice sia un
miglior pubblico ministero”. Il pm, aggiunge, non è “una parte identica alle
altre”, perché ha il dovere di raccogliere anche le prove a favore
dell’indagato, mentre “l’avvocato, invece, se trova riscontri sulla colpevolezza
del suo cliente non è tenuto a comunicarli: i ruoli restano diversi”. Tenere pm
e giudici “sotto la stessa giurisdizione” è, per lui, una garanzia strutturale
di equilibrio e non un vantaggio di categoria. Sul capitolo correnti e
sorteggio, Gratteri “ammette” di avere in passato sostenuto il sorteggio per il
Csm dopo molte decisioni ribaltate dal Consiglio di Stato, ma oggi vede un altro
rischio: “La politica vuole introdurre il sorteggio secco per i magistrati e
quello temperato per i laici. Da un lato i magistrati vengono estratti a sorte,
dall’altro è il Parlamento a indicare un elenco di laici. Il gioco non è alla
pari”. Per questo, pur restando critico verso il sistema delle correnti,
conclude che “oggi dico che è più importante che giudici e pm restino sotto la
stessa giurisdizione”.
L'articolo “Riforma della giustizia? Un attacco alla magistratura”: Gratteri e
Parodi (Anm) spiegano il loro no – Video proviene da Il Fatto Quotidiano.