Un barista di 55 anni è stato ucciso a coltellate lunedì sera mentre si trovava
all’esterno del bar Bellavista a Sarezzo, paese della Val Trompia in provincia
di Brescia. È stato colpito con un coltello e soccorso in condizioni gravissime:
trasportato in codice rosso all’ospedale di Gardone Val Trompia, è deceduto poco
dopo il ricovero. L’autore dell’aggressione, un 32enne di origini moldave, è
stato fermato poco dopo dai carabinieri e portato in caserma, dove è stato
arrestato per omicidio aggravato. Il coltello utilizzato è stato trovato
all’interno di un cassonetto.
La vittima è Andrei Zakabluk, cittadino italiano di origini ucraine, che
lavorava come barista nel locale di proprietà della moglie. Sono in corso
accertamenti per chiarire l’esatta dinamica dell’episodio, avvenuto intorno alle
ore 23. Le indagini si concentrano soprattutto sulle motivazioni alla base del
gesto, che per il momento restano ignote.
L'articolo Barista ucciso a coltellate in Val Trompia: arrestato un 32enne.
Mistero sul movente proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Aggressioni, rapine, minacce, estorsioni e violenze ripetute, spesso contro
coetanei e persone fragili. È questo il quadro che emerge dall’indagine dei
carabinieri su un gruppo di giovani attivo tra Villa Carcina, Sarezzo e
Concesio, nella bassa e media Val Trompia (Brescia).
I fatti contestati risalgono a un arco di tempo che va da settembre 2022 a marzo
2025 e comprendono anche furti, danneggiamenti e il porto di armi o oggetti atti
a offendere. Episodi che hanno creato un clima di paura tra i ragazzi del
territorio e che hanno portato a una vasta operazione dei carabinieri in diversi
comuni della provincia di Brescia.
Otto giovani, oggi tra i 17 e i 19 anni e tutti minorenni all’epoca dei fatti,
sono stati raggiunti da misure cautelari: tre sono stati collocati in comunità,
mentre per altri cinque è stato disposto l’obbligo di restare in casa. Si tratta
di ragazzi italiani ed extracomunitari, ritenuti coinvolti a vario titolo nelle
violenze contestate. Nel corso della stessa operazione sono state effettuate 17
perquisizioni nei confronti di altri indagati, tra i 15 e i 20 anni, tre dei
quali minorenni. A tutti è stato notificato l’avviso di garanzia per gli stessi
episodi.
L’indagine è partita dopo una serie di rapine e aggressioni avvenute in Val
Trompia. I carabinieri della Stazione di Villa Carcina sono riusciti a
ricostruire i fatti grazie alle testimonianze delle vittime, alle immagini delle
telecamere di videosorveglianza e ai telefoni sequestrati durante i controlli.
Dalle indagini è emersa l’esistenza di un gruppo informale che si faceva
chiamare “069”, composto da minorenni e maggiorenni, senza una struttura
gerarchica. Secondo gli inquirenti, i componenti del gruppo avrebbero agito
insieme in più occasioni, prendendo di mira soprattutto coetanei più deboli e
persone con disabilità. L’operazione chiude un’inchiesta che aveva già portato,
il 16 settembre 2024, all’arresto di sette componenti maggiorenni del gruppo,
poi condannati a pene comprese tra i due e gli otto anni di carcere.
L'articolo Presa la baby gang “069”: violenze e rapine contro ragazzini e
fragili nella Val Trompia (Brescia) proviene da Il Fatto Quotidiano.
Atterra con il suo elicottero sulla neve senza autorizzazione, indossa gli sci
ai piedi e comincia una discesa sulle piste come se nulla fosse. Otto mesi fa in
Trentino, sulle piste di Madonna di Campiglio, il 13 dicembre sui monti in
provincia di Brescia sulle piste del Maniva. Cambiano le montagne, ma la scena
si ripete e il protagonista è lo stesso: l’imprenditore bresciano Bortolo
Giorgio Oliva, 66 anni, atterrato con il suo elicottero sulla neve senza averne
l’autorizzazione.
L’elicottero è sceso direttamente in piena area sciabile. Oliva lo ha
“parcheggiato” a bordo pista, ha indossato sci e scarponi e si è concesso una
discesa, prima di essere raggiunto e identificato dai carabinieri intervenuti
sul posto. Una manovra vietata, che comporta ora una sanzione amministrativa da
parte dell’Enac, l’ente nazionale per l’aviazione civile, e potrebbe portare
anche alla sospensione del titolo di volo.
E Oliva non poteva non sapere che stava infrangendo la legge, visto che appunto
lo scorso aprile l’imprenditore bresciano era stato multato a Madonna di
Campiglio per un episodio praticamente identico.
In quell’occasione il suo elicottero era atterrato nella zona “fuoripista” del
comprensorio del Grostè, sopra i 1600 metri di quota, dove la normativa del
Trentino Alto Adige vieta espressamente gli atterraggi. Fermato dai carabinieri
mentre stava sciando, l’imprenditore aveva ammesso di non avere alcun permesso
ed era stato sanzionato con una multa da 2mila euro. Anche quel giorno, conclusi
gli accertamenti, era ripartito in volo.
Industriale di Odolo, in Valsabbia, titolare della Olifer – azienda
specializzata nella produzione industriale di laminati mercantili e trafilati –
Oliva è un pilota con un’esperienza di volo importante. Ma il suo nome è legato
anche a una tragedia. Nel 2020, in Valle d’Aosta, mentre stava rientrando da una
sciata in quota, il suo elicottero precipitò, lui finì in rianimazione a Berna,
in Svizzera, e si salvò miracolosamente.
Nell’incidente perse la vita il passeggero che era con lui, Alfredo Buda, 59
anni, manager della Iro spa, anche lui originario di Odolo in provincia di
Brescia. Una perizia disposta dal gip nell’inchiesta della Procura di Aosta
stabilì che quel giorno, il 25 ottobre 2020, sarebbero mancate le condizioni di
sicurezza indispensabili per volare, in prima istanza una visibilità adeguata.
Al termine del processo che lo vide imputato di omicidio colposo, nel febbraio
del 2023 ha patteggiato una pena di otto mesi con la sospensione condizionale.
L'articolo Brescia, l’imprenditore Giorgio Oliva ci ricasca: con l’elicottero
sulla pista da sci per la seconda volta in 8 mesi proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Il titolare di due negozi di cannabis light in provincia di Brescia è stato
arrestato dalla Polizia con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio dopo il
sequestro di 19 barattoli contenenti circa due chilogrammi di infiorescenze.
L’arresto, eseguito ieri su disposizione della Procura di Brescia, è una delle
prime applicazioni concrete delle norme introdotte nei mesi scorsi con il
decreto sicurezza, che hanno imposto una stretta significativa sulla
coltivazione e sulla commercializzazione dei prodotti noti come “cannabis
light”. L’indagato era stato messo ai domiciliari.
Secondo l’accusa, le infiorescenze rinvenute nei due punti vendita sarebbero
state qualificabili come “marijuana”, formula utilizzata in imputazione senza
tuttavia indicare se siano state svolte analisi chimiche utili a verificarne la
presenza di principi attivi con effetto drogante. Un punto ritenuto centrale
dalla difesa, che sostiene che tali verifiche non siano state eseguite.
Davanti al giudice della direttissima, l’avvocato Niccolò Vecchioni, del Foro di
Milano, ha depositato fatture, documenti di trasporto e certificazioni dei
fornitori per dimostrare che l’attività dell’uomo, 33 anni, titolare degli store
a Sirmione e Desenzano del Garda, si basa esclusivamente sull’acquisto e sulla
vendita di infiorescenze prive di contenuto psicotropo, acquistate tramite
canali controllati e pienamente legali. La ricostruzione della difesa ha
convinto il giudice, che non ha disposto alcuna misura cautelare nonostante la
richiesta del pubblico ministero di imporre all’indagato l’obbligo di firma.
L’uomo è tornato libero e affronterà a marzo la prima udienza del processo.
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L'articolo Primo arresto per il titolare di negozi di cannabis light per il
decreto sicurezza, ma il giudice lo libera proviene da Il Fatto Quotidiano.
Fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio e autoriciclaggio. Sono le
accuse a vario titolo nei confronti di 9 persone di varie nazionalità (italiani,
albanesi, cinesi, nigeriani) nei confronti delle quali la polizia ha eseguito
altrettanti fermi in diverse province, da Brescia a Rieti. Una decima persona
risulta irreperibile L’inchiesta è coordinata dalla Procura di Brescia che ha
iniziato le indagini a marzo dopo una truffa milionaria consumata ai danni
dell’Opera di Santa Maria del Fiore, onlus che a Firenze si occupa della
gestione della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, del Campanile di Giotto e
del Battistero di San Giovanni.
La polizia sta eseguendo perquisizioni in numerose società. La squadra mobile
della questura bresciana ha scoperto un giro d’affari che in 6 mesi ha fruttato
all’incirca 30 milioni di euro.
L'articolo Truffa milionaria all’Opera di Santa Maria del Fiore a Firenze: 9
fermati. “Giro d’affari che ha fruttato 30 milioni in 6 mesi” proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Dovevano perquisirlo perché denunciato per stalking e aver trasformato la vita
di una 43enne in un incubo di pedinamenti e messaggi violenti che arrivavano sul
telefono della vittima. Ma quando i carabinieri sono arrivati in casa del
presunto persecutore a Erbusco per una perquisizione su ordine della Procura di
Brescia, hanno trovato un arsenale. I militari hanno quindi sequestrato sette
tra katane e coltelli, due pistole a salve con relative munizioni, una baionetta
e una carabina ad aria compressa. L’uomo è stato arrestato e portato nel carcere
di Canton Mombello, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria, per rispondere dei
vari reati contestati.
L'articolo Lo “ricercano” per stalking e gli trovano un arsenale con katane e
pistole: arrestato uomo di 39 anni proviene da Il Fatto Quotidiano.
L’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, indagato dalla Procura di
Brescia per corruzione in atti giudiziari, torna a respingere con forza ogni
addebito legato al suo operato nel caso dell’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto
a Garlasco nel 2007. Intervistato dal Tg1, il magistrato ha ribadito
l’infondatezza delle accuse secondo cui avrebbe ricevuto denaro per chiedere
l’archiviazione di Andrea Sempio.
Venditti ha liquidato le contestazioni come totalmente prive di consistenza:
“L’accusa di aver ricevuto soldi per archiviare la posizione di Andrea Sempio è,
come ho già ripetuto più volte, non infondata, ridicola. E dico solo questo.”
L’ex procuratore ricorda inoltre che il giudice per le indagini preliminari,
nell’atto di archiviazione, aveva già stigmatizzato il suo operato in relazione
alla decisione di indagare su Sempio: “Il gip nel decreto di archiviazione mi ha
praticamente scritto a chiare lettere che ho sbagliato, che mi sarei dovuto
fermare al rigetto dell’istanza di revisione del gennaio 2017. Avere svolto
l’indagine è stato un eccesso di zelo.”
Il nodo delle perquisizioni e l’accusa di “accanimento”
Negli ultimi mesi, la Procura di Brescia ha disposto tre perquisizioni nei
confronti di Venditti, tutte annullate dal Tribunale del Riesame, una
circostanza che l’ex magistrato ritiene anomala: “Tre perquisizioni nell’arco
neppure di un mese non è una cosa normale”. Alla domanda se ritenga di essere
diventato oggetto di particolare pressione da parte degli inquirenti, Venditti
risponde senza sbilanciarsi: “Questa è una domanda che bisogna fare a loro. Io
mi limito a valutare i fatti.”
Il Riesame ha finora respinto per tre volte le richieste degli inquirenti di
accedere in modo indiscriminato ai dispositivi informatici sequestrati —
computer, telefoni e hard disk — ma la Procura ha presentato ricorso in
Cassazione. Un passaggio che non preoccupa Venditti: “Continuo a essere
soddisfatto, sentiamo cosa dice la Cassazione.”
IL FUTURO DELL’INCHIESTA E LA PARTITA SUL DNA
Con l’incidente probatorio ancora in corso e in attesa dei primi risultati sugli
accertamenti genetici riguardanti il Dna trovato sotto le unghie di Chiara
Poggi, l’ex procuratore ritiene che l’inchiesta si giocherà sul confronto
tecnico tra esperti: “Sarà uno scontro tra periti. Vediamo che cosa salta
fuori.” E sulla possibile evoluzione del caso Garlasco, Venditti si mostra
categorico:
“Tanto fumo per niente.”
L'articolo “Accuse ridicole. Tre perquisizioni in un mese non sono normali. La
nuova inchiesta su Garlasco? Fumo”: l’ex procuratore Venditti contro le
inchieste di Pavia e Brescia proviene da Il Fatto Quotidiano.
Dopo tre decisioni del Riesame (contro cui è stato comunque proposto ricorso in
Cassazione) e a distanza di quasi due mesi dalle prime perquisizioni con
sequestri del 26 settembre scorso, la Procura di Brescia ha restituitoi
dispositivi informatici, tra cui telefoni, pc, tablet e chiavette, che erano
stati presi all’ex procuratore di Pavia Mario Venditti indagato per corruzione
in atti giudiziari per il filone bresciano del caso Garlasco e per corruzione e
peculato per il presunto “sistema Pavia”.
A Venditti, difeso dall’avvocato Domenico Aiello, i dispositivi sono stati
riconsegnati venerdì, dopo che nei giorni scorsi per tre volte il Riesame ha
annullato i decreti di sequestro dei pm, due volte per il filone Garlasco e una
volta per quello sulla gestione delle spese dell’ufficio requirente pavese. I
giudici con gli annullamenti hanno anche ordinato la restituzione degli
eventuali dati prelevati dai dispositivi.
Dunque, stando alle ordinanze dei giudici, la Procura bresciana in questi quasi
due mesi non ha potuto effettuare ricerche su quei dispositivi per le indagini.
I sequestri sulla tranche Garlasco sono stati bocciati dal Riesame perché i pm
non hanno indicato parole chiave per le ricerche, né un periodo temporale
delimitato. Sul cosiddetto “sistema Pavia”, invece, che vede indagato anche l’ex
pm pavese Pietro Paolo Mazza, ora a Milano, per il Riesame non ci sono proprio
indizi dei reati contestati. Anche a Mazza, perquisito con sequestri ad ottobre,
sono già stati riconsegnati telefoni ed altro.
Giovedì i pm bresciani hanno ascoltato come persona informata sui fatti l’ex pm
di Pavia Giulia Pezzino che con il procuratore aggiunto Mario Venditti firmò nel
2017 la richiesta di archiviazione nei confronti di Andrea Sempio, poi accolta
dal giudice per le indagini preliminari. Pezzino a febbraio scorso aveva
presentato le dimissioni dalla magistratura. L’ex pm di Pavia è stata sentita
nell’ambito delle due inchieste che la Procura bresciana sta conducendo: quella
sulla presunta corruzione di Venditti da parte della famiglia Sempio e quella
sulla presunta ‘mala gestionè della Procura di Pavia. I verbali dell’audizione
odierna di Giulia Pezzino, in procura per ore davanti alle pm Chiara Bonfadini e
Claudia Moregola, sono stati secretati.
Ma non solo, sul fronte delle indagini giovedì ci sono c’è stata la
perquisizione a Garlasco (Pavia) di un appartamento di proprietà di Silvio
Sapone, ex luogotenente dell’Arma, per anni a capo della polizia giudiziaria
della Procura di Pavia. Gli investigatori, secondo quanto è emerso, avrebbero
controllato una cassaforte. Le ragioni della perquisizione non sono stati resi
noti, ma sembra che si possano mettere in relazione con l’inchiesta bresciana.
Nel 2017 alla guida della polizia giudiziaria di Pavia c’era proprio Sapone, che
però non è indagato.
L'articolo Garlasco, restituiti telefoni, pc e tablet all’ex procuratore di
Pavia Venditti proviene da Il Fatto Quotidiano.
Ennesimo annullamento da parte del Tribunale del Riesame di Brescia del
sequestro dei dispositivi informatici dell’ex procuratore di Pavia Mario
Venditti accusato di corruzione in atti giudiziari nel caso Garlasco. Dopo le
perquisizioni e sequestri di telefoni e pc del 26 settembre – nell’ambito
dell’inchiesta che vede Venditti sospettato di aver favorito nel 2017
l’archiviazione di Andrea Sempio, nuovamente indagato per l’omicidio in concorso
di Chiara Poggi – c’era stato già un primo annullamento lo scorso 17 ottobre. A
questi si aggiunge un altro annullamento da parte del Riesame bresciano – il 7
novembre scorso – del decreto di sequestro degli stessi dispositivi che aveva
riguardato la tranche d’indagine su Venditti ed altri per il cosiddetto “sistema
Pavia” dove è indagato per corruzione e peculato.
Quello di oggi è, pertanto, il secondo provvedimento legato al delitto di 18
anni fa. I giudici del Riesame (presidente Giovanni Pagliuca) hanno annullato,
come si legge nel dispositivo, “il decreto di sequestro probatorio” emesso dalla
Procura bresciana il 24 ottobre, dopo l’annullamento del precedente
nell’inchiesta che vede indagato anche Giuseppe Sempio, padre di Andrea. La
decisione di annullare il decreto riguarda anche i dispositivi degli ex
carabinieri pavesi Giuseppe Spoto e Silvio Sapone, i cui legali avevano fatto
ricorso. I giudici hanno ordinato per tutti e tre la “restituzione” di “tutti i
beni sequestrati, unitamente ai dati eventualmente già estrapolati”.
Gli 11 dispositivi informatici di Venditti (3 telefoni, 2 pc, 2 Ipad, 2 hard
disk e 2 chiavette usb) però resteranno ancora in mano a pm e investigatori
della Gdf bresciana, perché la Procura aveva deciso di effettuare un
accertamento irripetibile per le copie forensi e l’estrazione dei dati, ma la
difesa, poi, ha chiesto al gip che eventualmente si proceda con incidente
probatorio, nominando un perito terzo. il legale dell’ex procuratore, Domenico
Aiello, in particolare, aveva fatto notare che, oltre all’assenza di gravi
indizi di colpevolezza per procedere con perquisizioni e sequestri, la Procura
anche nel secondo decreto sul caso Garlasco, con motivazioni più ampie, non
aveva indicato parole chiave per effettuare le analisi sui dispositivi, volendo
portare avanti una ricerca a tappeto e, tra l’altro, estesa a livello temporale
per 11 anni, dal 2014 – quando il magistrato divenne procuratore aggiunto a
Pavia – fino a quest’anno.
I due parametri, ovvero delimitazione del periodo temporale di estrazione e
individuazione delle parole chiave, sono “prescritti dalla norma e dalla
Cassazione“, ha precisato Aiello. Tra l’altro, dopo l’udienza al Riesame del 14
novembre, ossia la terza in poche settimane (l’annullamento sul “sistema Pavia”
aveva riguardato anche i dispositivi dell’ex pm pavese, ora a Milano, Pietro
Paolo Mazza), c’era stato uno scontro, fatto di dichiarazioni, tra difesa e pm.
Il difensore aveva lamentato che la Procura bresciana non si era nemmeno
presentata in aula, mentre i pm con una nota avevano parlato di “attacchi sopra
le righe”. Non è escluso che dopo le motivazioni la Procura guidata dal
procuratore capo Prete possa far ricorso in Cassazione contro la decisione del
Riesame.
L'articolo Garlasco, il Riesame annulla (per la terza volta) il sequestro di pc
e cellulari dell’ex procuratore di Pavia Mario Venditti proviene da Il Fatto
Quotidiano.