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La lotta alla droga di Trump? Colpisce solo i governi non allineati e grazia gli amici: dal Venezuela al Perù, il doppio standard Usa
Mentre le tensioni con il Venezuela raggiungono l’apice – con l’ultimo sequestro della petroliera Skipper al largo del Paese sudamericano – Donald Trump torna a minacciare il presidente colombiano, Gustavo Petro, denunciando che “la Colombia produce molta droga” ed è “meglio che si svegli o sarà la prossima”, dopo Caracas s’intende, già nel mirino del Dipartimento di Stato perché presumibilmente “governata dal Cartel de los Soles“. Ma non solo. Trump parla di “fabbriche“, dice che la Colombia vende direttamente la cocaina agli Usa e dice che Petro “avrà seri problemi se non se ne rende conto”, accusandolo di essere piuttosto ostile. Nulla di nuovo sotto il sole, bensì la piena continuità delle operazioni anti-narcos lanciate lo scorso 21 agosto, con raid nei Caraibi che hanno provocato più di 80 vittime e “minacce di operazioni di terra” a tutela del territorio federale. IL DOPPIO STANDARD Ma c’è qualcosa che non torna nelle operazioni anti-narcos di Trump, ora intitolate South Spear: vi è un massiccio apparato militare dispiegato contro governi non allineati – come il Venezuela e la Colombia – compensato da un atteggiamento accomodante nei confronti delgoverno conservatore del Perù, il secondo produttore di cocaina al mondo – oltre 54.655 ettari produttivi -, ritenuto “il granaio del sud”, con “laboratori clandestini in fase di moltiplicazione”, e della Bolivia, ora sotto il governo di Rodrigo Paz, che nel 2023 ha battuto il record di sequestri di carichi pari a oltre 32,9 tonnellate. Trump tace anche sulla situazione in Ecuador, non di certo migliorata sotto il governo del suo delfino Daniel Noboa, dove passa il 70% della cocaina che circola a livello mondiale. Le stesse autorità venezuelane hanno più volte chiesto agli Stati Uniti di porre più attenzione sulla droga che esce da Quito attraverso il Pacifico. Tuttavia, qualche settimana fa, alla vigilia del referendum sulle basi militari Usa in Ecuador, il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, ha speso parole di elogio nei confronti di Noboa definendolo “un esempio nella lotta al narcoterrorismo”. L’EX PRESIDENTE “NARCO”, MA AMICO Ma non c’è soltanto l’accondiscendenza nei confronti degli Stati amici. Il doppio standard dell’amministrazione Trump nella presunta lotta al narcotraffico si svela anche in interventi diretti nei Paesi da conquistare, anche condizionandone il voto, com’è il caso dell’Honduras. Poco prima dell’apertura dei seggi a Tegucigalpa, Trump ha concesso la grazia all’ex-presidente honduregno Juan Orlando Hernández, condannato nel 2024 da un Tribunale federale per aver favorito il traffico di droga negli Stati Uniti. Trump ha giustificato la sua scelta incolpando Joe Biden di aver messo in pratica “un’orribile caccia alle streghe” e di aver trattato troppo male Hernández. In fondo, però, l’intenzione era quella di favorire il candidato conservatore Nasry Tito Asfura, candidato presidenziale del Patito nazionale dell’Honduras – lo stesso di Hernández – paradossalmente definito dal tycoon “l’unica alternativa al narcoterrorismo“. A questo punto c’è un cortocircuito nella logica anti-narcos di Trump, criticato anche sul fronte repubblicano, con il senatore Bill Cassidy che si è chiesto: “Perché diamo la grazia a Hernández e poi perseguitiamo Maduro per il traffico di droga negli Stati Uniti?”. Sulla stessa sponda il senatore Thom Tillis ha aggiunto: “È confuso dire, da una parte, che dovremmo valutare pure l’invasione del Venezuela per il traffico di droga e, dall’altra, rilasciare qualcuno” già condannato per narcotraffico. IL RIASSETTO DEL CONTINENTE In assenza di criteri oggettivi nella lotta ai narcos, che si sta dimostrando selettiva a seconda dell’interlocutore, c’è chi comincia a mostrarsi sempre più critico nei confronti dell’amministrazione Usa. “La missione antinarcotici, per lo meno in termini di narrazione, sembra molto più selettiva e motivata da ragioni politiche”, afferma Rebecca Bill Chávez, Ceo di Inter-American Dialogue. Più critico ancora Christopher Sabatini, senior fellow per l’America Latina presso Chatam House, per il quale “non si tratta della guerra contro le droghe”, ma di “partitismo” e “alleati” al fine di “forzare gli altri governi della regione” perché sostengano Trump. Pur nella consapevolezza generale, le organizzazioni internazionali non si mostrano in grado di contrastare lo strapotere trumpiano, il cui ritorno alla Dottrina Monroe è messo nero su bianco. Qualche timido accenno è stato fatto mercoledì dall’Alto commissario Onu per i diritti umani, Volker Türk, che ha chiesto una “de-escalation” fra Caracas e Washington. Vi è anche una coincidenza sospetta con gli eventi di Oslo, dove è stato consegnato il Premio Nobel per la Pace a María Corina Machado. Il presidente del Comitato del Nobel, Jørgen Watne Frydnes, ha invitato apertamente, forse per la prima volta nella storia del riconoscimento, un capo di Stato a dimettersi, incassando le proteste di circa 21 associazioni pacifiste vicine al premio. Droga o meno, qualcuno ha deciso di smuovere le carte in America Latina: dal Venezuela, raccontato come “grande malato”, al resto del continente. L'articolo La lotta alla droga di Trump? Colpisce solo i governi non allineati e grazia gli amici: dal Venezuela al Perù, il doppio standard Usa proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Francia, la nuova droga dello sballo è il gas esilarante: il ministro Darmanin propone di inserirlo nella lista degli stupefacenti
“Il protossido di azoto deve essere considerato uno stupefacente”, ha detto stamattina Gérald Darmanin su BFM TV. Il ministro della Giustizia “auspica” una rapida iscrizione della sostanza nella lista delle sostanze stupefacenti e propone un divieto esplicito di consumo al volante, con la possibilità di sequestro dell’auto in caso di violazione. Parigi prepara dunque una stretta sulla regolamentazione del cosiddetto gas esilarante. Proprio ieri, Darmanin è andato a Lille a incontrare la madre di Mathis, il giovane di 19 anni morto il primo novembre scorso dopo essere stato investito su un asse principale della città da un automobilista che fuggiva un controllo della polizia: l’uomo era risultato positivo al protossido di azoto. L’avvocato della famiglia di Mathis, Antoine Régley, ha chiesto al governo un intervento urgente, limitando la “vendita e l’acquisto del protossido di azoto ai soli professionisti autorizzati per decreto, su presentazione di apposita documentazione, da rivenditori specializzati”. L’allarme legato all’uso ricreativo del gas cresce in Francia dopo diversi episodi drammatici. Nella notte del 3 dicembre scorso tre ragazzi, di 14, 15 e 19 anni, sono morti ad Alès, nel Gard, in un incidente stradale: il giovane che era al volante ha mancato una curva e l’auto è finita nella piscina di un’abitazione privata. Rimasti intrappolati all’interno del veicolo, i tre giovani sono morti annegati e sono stati ritrovati solo al mattino. Nel mezzo sono state rinvenuto diverse bombole di protossido di azoto e il conducente è risultato positivo al test. Usato legalmente in cucina come propellente, ad esempio nelle bombolette di panna montata, e in medicina come anestetico e analgesico, il protossido di azoto, un gas incolore e quasi inodore, è teoricamente vietato ai minori in Francia dal 2021. La legge prevede una multa di 3.750 euro per chi lo vende illegalmente a un minore e di 15.000 euro per chi ne incita il consumo. Ne è anche vietata la vendita dal tabaccaio e nei bar. Di fatto è sempre più diffuso e popolare tra i giovani, anche giovanissimi, che riescono a procurarselo facilmente sui social. Inoltre, costa poco e l’effetto euforico è di breve durata: elementi per cui viene percepito, a torto, come “sostanza sicura”. Da parte loro, le agenzie sanitarie regionali (Ars) segnalano effetti che vanno dal disorientamento alle allucinazioni, dall’oscuramento della vista alla perdita di conoscenza fino a danni neurologici. I dati statistici sono rari. L’ultimo studio di Santé Publique France, del 2022, indicava che il 14% dei giovani tra i 18 e i 24 anni aveva già inalato il gas e che oltre il 3% lo usava con gli amici per sballarsi. Un recente sondaggio Ipsos indica che in Francia un giovane di meno di 35 anni su dieci ne ha fatto uso “a scopi ricreativi”, in discoteca o con gli amici, e la metà mentre era al volante. La percezione del rischio resta bassa: il 10% dei giovani tra i 16 e i 24 anni non ritiene pericoloso respirarlo prima o durante la guida. A fine ottobre la Fondazione Vinci Autostrade ha avviato una campagna di prevenzione sul consumo del gas esilarante sulle strade, rivelando che “sempre più bombole vengono trovate lungo gli assi autostradali e sulle aeree di sosta”. In Europa, dove il fenomeno cresce ovunque, l’Olanda ha vietato dal 2023 la vendita e la detenzione del protossido di azoto, inserendolo nella lista delle sostanze vietate dalla legge sugli stupefacenti. In Francia, benché il Paese sia tra i più esposti, la legislazione avanza più lentamente, ma qualcosa si sta muovendo. A marzo il Senato ha adottato un progetto di legge “volto a rafforzare la lotta contro gli usi impropri del protossido di azoto”, presentata dal senatore del partito radicale di sinistra (Prg) Ahmed Laouedj. Il testo prevede il divieto di vendita durante le ore notturne, una multa di 1.500 euro per chi abbandona cartucce o bombole sulla via pubblica e un inasprimento delle sanzioni in caso di violazione del divieto di vendita ai minorenni. Ma il provvedimento non si spinge fino a vietare la vendita ai privati. Dovrà ora essere esaminato dall’Assemblea nazionale. Nel frattempo, anche in vista delle feste di fine anno, si moltiplicano le iniziative locali. In diverse città, Cannes, Bayonne, Grenoble, Colmar, Rodez, Lille, Orléans o ancora Nancy, i comuni e le prefetture locali hanno adottato ordinanze che vietano la detenzione, il trasporto e il consumo del protossido di azoto, sanzionando l’abbandono di bombole e cartucce negli spazi pubblici. La stampa regionale ha segnalato a metà agosto il sequestro di quasi 350 bombole in un minimarket di Digione. In questo contesto, la ministra delegata agli Interni, Marie-Pierre Vedrenne, è stata a Mions, vicino a Lione, dove i casi di utilizzo improprio del gas sono in forte aumento, per partecipare a una serie di incontri centrati sulla prevenzione, il rafforzamento degli interventi sul territorio e il sostegno di politiche di educazione rivolte ai più giovani. L'articolo Francia, la nuova droga dello sballo è il gas esilarante: il ministro Darmanin propone di inserirlo nella lista degli stupefacenti proviene da Il Fatto Quotidiano.
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L’attore Andy Dick trovato a terra in mezzo alla strada privo di sensi: “È vivo solo grazie alla prontezza di alcuni passanti”
Paura per Andy Dick. Come mostrato in un filmato pubblicato sui social da TMZ, l’attore della saga di Zoolander è stato ritrovato privo di sensi per strada. La causa del malessere è un’overdose da oppioidi. La star di Hollywood è stata soccorsa da alcuni passanti che lo hanno scosso e sollevato con la forza. Le persone hanno chiamato il 911 e hanno chiesto l’aiuto dei paramedici. Questi ultimi hanno somministrato a Dick una dose di Narcan, un farmaco che inverte gli effetti degli oppiacei assunti dall’attore. Dopo essersi ripreso, il 60enne ha rifiutato di essere trasportato in ospedale. Intervistato telefonicamente da TMZ, Andy Dick ha dichiarato di essere sollevato di stare bene, senza aggiungere dettagli riguardo la sua situazione. LE DIPENDENZE E I PROBLEMI CON LA LEGGE Negli Stati Uniti Andy Dick è tanto conosciuto per la stand-up comedy quanto per i suoi reati. L’uomo è stato più volte accusato di molestie e aggressioni. Come confessato nel 2011 a WTF, programma condotto da Marc Maron, l’attore si è pentito di aver esagerato con l’alcol: “Avrei più successo nel settore se non bevessi. Non mi pento di bere, ma a volte mi pento di bere troppo e mi pento di alcuni momenti di blackout: sono troppi per poterli contare”. Troppi momenti complicati che hanno portato Dick ad altrettanti casi mediatici tra cui l’arresto nel 2008 per le molestie su una minorenne e un secondo fermo per violenze domestiche nel 2021. Nel 2017, come raccontato dal sito People, l’attore fu cacciato dal set della commedia “Vampire dad” per comportamenti scorretti. > Former comedian Andy Dick has fallen from grace so completely. TMZ has a video > of him overdosing on drugs. I hope he gets the help he needs. This is just so > sad to see. pic.twitter.com/QOiIQxMimi > > — Ian Miles Cheong (@ianmiles) December 10, 2025 L'articolo L’attore Andy Dick trovato a terra in mezzo alla strada privo di sensi: “È vivo solo grazie alla prontezza di alcuni passanti” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Il Myanmar ha superato l’Afghanistan nella produzione di oppio: per le Nazioni Unite è la “coltura della sopravvivenza”
Le Nazioni Unite con il rapporto intitolato “Myanmar Opium Survey 2025 Cultivation, Production, and Implications” certificano che il Paese birmano ha superato l’Afghanistan nella produzione mondiale di oppio, in quella che viene definita “coltura della sopravvivenza”. “Il Myanmar si trova in un momento critico – ha dichiarato Delphine Schantz, responsabile dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC) per il Sud-est asiatico e il Pacifico. “Questa importante espansione della coltivazione – afferma la funzionaria – dimostra fino a che punto l’economia dell’oppio si sia ristabilita negli ultimi anni e indica un potenziale di ulteriore crescita in futuro”. L’Unodc ha sviluppato il dossier nell’ambito del programma che mira a tenere sotto osservazione i Paesi più coinvolti nella produzione di stupefacenti. Si tratta di Bolivia, Perù e Colombia, e per quel che riguarda la produzione di papavero da oppio l’ufficio delle Nazioni Unite valuta i dati di Messico, Afghanistan e Myanmar. Agli analisti appare evidente la connessione tra il conflitto armato e l’aumento della produzione di oppio perchè proprio nella regione di Sagaing, dove più forti sono gli scontri tra esercito e oppositori dopo il golpe militare del 2021, è stata registrata la presenza di 552 ettari di papaveri. Seguono le regioni di East Shan, dove la coltivazione è aumentata del 32 %, nel Chin (26 %) e in South Chan, che resta l’area principale con il 44% di campi di papavero. Sono questi i dati che spingono le Nazioni Unite a dichiarare che Myanmar ha superato l’Afghanistan, dove il regime talebano ha imposto il divieto della coltivazione di papavero per la produzione di oppio e l’attività è crollata del 95%. “Si stima che la produzione totale di oppio ammonterà a circa 1.010 tonnellate nel 2025, ovvero più del doppio dell’attuale livello dell’Afghanistan”, scrivono le Nazioni Unite sul proprio sito. Per quel che riguarda il traffico di eroina legato alla produzione di oppio le cifre sono esplicite: secondo il rapporto nel 2025 si stima che in Myanmar siano state consumate circa 5,8 tonnellate di eroina, per un valore di circa 64 milioni di dollari. Tra le 65 e le 116 tonnellate di eroina sono state potenzialmente esportate, per cifre comprese tra 525 e 935 milioni di dollari. Il valore lordo dell’intera economia degli oppiacei – compreso sia il valore del consumo interno che le esportazioni di oppio ed eroina – in Myanmar nel 2025 è stimato tra 641 milioni e 1,05 miliardi di dollari, pari a circa lo 0,9-1,4% del Pil nazionale rilevato l’anno precedente. Per quel che riguarda il valore della produzione, dalla fattoria fino all’esportazione oltre confine, varia tra 341 e 564 milioni di dollari. “Questo valore rappresenta il reddito generato dai trafficanti dopo aver dedotto il costo dell’acquisto dell’oppio grezzo dai coltivatori”, si legge nel dossier. Come si diceva, gli analisti la chiamano “coltura di sopravvivenza”. Nel 2025, i prezzi nazionali dell’oppio secco alla produzione si aggira in media sui 365 dollari al chilogrammo, più del doppio rispetto al 2019. L’Unodc stima che l’anno scorso gli agricoltori abbiano guadagnato tra i 300 e i 487 milioni di dollari dalla vendita dell’oppio. Ci sono poi le produzioni di droghe sintetiche, tra cui metanfetamina e ketamina. Delphine Schantz descrive così la situazione: “Spinti dall’intensificarsi del conflitto, dalla necessità di sopravvivere e dal fascino dell’aumento dei prezzi, gli agricoltori sono attratti dalla coltivazione del papavero. Se non vengono create alternative valide, il ciclo di povertà e dipendenza dalle coltivazioni illecite non farà che aggravarsi”. L'articolo Il Myanmar ha superato l’Afghanistan nella produzione di oppio: per le Nazioni Unite è la “coltura della sopravvivenza” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Il cambista cinese, i narcos e la rete delle tre mafie. “Storia” di un traffico globale: 28 arresti
Un’altra indagine sul narcotraffico. Ma sotto la superficie, fra telefoni criptati, porti lontani tra uniti nell’utilizzo e scambi di denaro che non passano mai per una banca, c’è un traffico che attraversa mezzo mondo. E racconta la storia di un’alleanza silenziosa tra ’ndrangheta, broker albanesi e narcos sudamericani. E, in un angolo meno visibile, di un uomo che non porta armi: un cambista cinese capace di far viaggiare milioni senza far muovere un euro. E così martedì mattina i finanzieri del comando provinciale di Milano e gli investigatori del Servizio centrale anticrimine hanno notificato ventotto ordinanze: venticinque finite in carcere e tre ai domiciliari. L’accusa della procura di Milano è quella di fa parte di un’organizzazione criminale armata che ha orchestrato, finanziato e portato in Europa tonnellate di cocaina dal Sud America. LA RETE DELLE TRE MAFIE L’indagine, coordinata dalla Direzione Nazionale Antimafia, ha svelato una trama complessa, un intreccio di accordi tra gruppi criminali calabresi, lombardi e campani. Al centro, la “famiglia Barbaro” di Platì, un nome storico della ’ndrangheta, abituato a muoversi con disinvoltura tra le rotte globali della polvere bianca. È stata individuata una vera centrale operativa in Lombardia, con tentacoli in Germania, Paesi Bassi, Spagna, Regno Unito, Colombia e Brasile. Un hub internazionale che, in due anni, avrebbe movimentato droga per un valore di oltre 27 milioni di euro. Il metodo era quello dei professionisti: porti diversi—Livorno, Rotterdam, Gioia Tauro, Le Havre—e sempre la stessa tecnica, il “rip-off”, il trucco con cui i narcos infilano la droga dentro container perfettamente regolari, lasciando ai complici il compito di recuperarla prima che la merce legale venga scaricata. IL RUOLO DEI BROKER ALBANESI Il vertice dell’organizzazione parlava direttamente con broker albanesi di peso internazionale, figure chiave nel moderno narcotraffico europeo. Esperti di logistica criminale, in grado di muovere carichi di cocaina come fossero spedizioni commerciali. Le loro conversazioni, protette da sistemi di messaggistica criptata, sono state recuperate grazie alla collaborazione di Eurojust ed Europol. È da quelle chat che gli investigatori sono riusciti a ricostruire i movimenti della rete e identificare gli uomini coinvolti. IL CAMBISTA E IL DENARO INVISIBILE Tra gli arrestati, c’è un personaggio insolito per un racconto di mafia: un cittadino cinese, un cambista. Il suo compito era far viaggiare i soldi senza farli vedere, usando il sistema di compensazione informale noto come fei eh ’ien, un metodo antico e diffusissimo in Asia, dove il valore si sposta senza che si muovano contanti o vengano tracciati bonifici. Era lui a garantire che i narcos venissero pagati. Una sorta di banca ombra, silenziosa, invisibile, ma cruciale quanto le armi o i container. TRE TONNELLATE E MEZZO DI COCAINA Secondo gli investigatori, in due anni la rete avrebbe gestito importazioni per oltre 3,5 tonnellate di cocaina, di cui più di 400 kg sequestrati in Italia e all’estero. Una catena produttiva senza pause, dalla Colombia e dal Brasile fino alle banchine dei porti europei. Perquisizioni e controlli sono stati eseguiti nelle province di Milano, Pavia, Bergamo, Parma, Imperia, Como, Roma, Taranto e Reggio Calabria, con unità cinofile antidroga impegnate a setacciare depositi, abitazioni e magazzini. L'articolo Il cambista cinese, i narcos e la rete delle tre mafie. “Storia” di un traffico globale: 28 arresti proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“Come El Chapo e Pablo Escobar, comanda un’organizzazione violentissima”: l’ex snowboarder olimpico tra i latitanti più ricercati al mondo
L’ex snowboarder olimpico Ryan James Wedding è stato inserito a marzo dall’Fbi nella lista dei dieci latitanti più ricercati al mondo. Wedding è stato accusato di aver ordinato l’omicidio di un testimone, secondo quanto ha dichiarato il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DoJ) che avrebbe dovuto testimoniare contro di lui in un caso di droga negli Stati Uniti. Il testimone è stato ucciso a gennaio con cinque colpi di pistola alla testa in Colombia. Anche l’avvocato di Wedding, Deepak Balwant Paradkar – canadese come lui – è stato arrestato con l’accusa di aver consigliato all’ex atleta olimpico di uccidere la vittima per evitare l’estradizione negli Stati Uniti. Se condannati, l’ex snowboarder 44enne e gli altri imputati in relazione all’omicidio rischiano adesso l’ergastolo. Wedding è inoltre accusato di una congiura per lo spaccio di sostanze stupefacenti e omicidio in relazione a un’attività criminale in corso. Alcuni funzionari statunitensi hanno paragonato Wedding al narcotrafficante messicano Joaquín “El Chapo” Guzmán e al colombiano Pablo Escobar. “Ryan Wedding controlla una delle organizzazioni di narcotraffico più prolifiche e violente al mondo”, ha dichiarato il Procuratore Generale degli Stati Uniti Pam Bondi, aggiungendo che l’ex atleta “è il più grande spacciatore di cocaina in Canada“. Mercoledì l’Fbi ha dichiarato che la ricompensa per informazioni che portino all’arresto e alla condanna di Wedding sarà aumentata fino a 15 milioni di dollari. L’ex snowboarder ha gareggiato nello slalom gigante parallelo maschile alle Olimpiadi invernali del 2002 a Salt Lake City, classificandosi ventiquattresimo. Funzionari statunitensi hanno affermato che si ritiene che Wedding si trovi in Messico. L'articolo “Come El Chapo e Pablo Escobar, comanda un’organizzazione violentissima”: l’ex snowboarder olimpico tra i latitanti più ricercati al mondo proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Giambellino a mano armata, il nuovo clan dello spaccio nel quartiere cantato da Gaber: “Ho 300 colpi, faccio la guerra”
Armi e cocaina. Radio malavita gracchia forte: “Con la mitraglietta ho otto caricatori da 36, sai che significa? Trecento colpi, e andiamo!”. “Bamba, bamba!”. Un bel cocktail che oggi a Milano, nonostante i tanti decreti sicurezza sbandierati dal governo, va di gran moda. Al bancone lo servono organizzazioni sempre più robuste che spacciano grammi ad avvocati, giudici, politici e che nei blocchi di cemento della periferia raccolgono consenso sociale alimentando i testi di giovani trapper. A far da timone, a partire dal 2023, le indagini sulla banda del quartiere Barona. Ultima in ordine temporale quella sulla Super Mamacita Katia Adragna, narco-madrina legata al gruppo di Nazzareno e Luca Calajò. Un clan che ricorda, per forza e ramificazioni, quello della Magliana e che come la banda romana sembra una matrioska. E così il gioco delle bambole mostra oltre al gruppo sovrano della Barona altre batterie di trafficanti che tengono in mano la città. L’ultima e inedita controlla lo storico quartiere del Giambellino, quello del Cerutti Gino cantato da Giorgio Gaber. Ma qui oggi non è più tempo di nebbia e romanticherie, qui il sapore è quello metallico delle armi e dello spaccio en plein air. Con i “cavallini” che, cresciuti alla scuola di Katia Adragna e dei grandi boss, sognano di indossare abiti da trafficanti. Massimo Caivano è un milanese di 47 anni. Al Giambellino tra i civici 64 e 59 è il ras. Dice: “Prima di tutto comando io, sempre e comunque”. Ne parla con Giovanni Licausi, giovane siciliano di 32 anni, il quale dopo aver lavorato per Katia Adragna vuole mettersi in società con Caivano: “Ma se io dovessi venire a lavorare pure, perchè voglio portare persone”. In batteria poi ci sono i fratelli Simula, Davide e Francesco che qualche problema lo hanno con Tony Faraci, trapezzista della cocaina tra il Giambellino e il cuore della Barona, ma soprattutto pistolero dal grilletto facile. Armi, dunque. Per difendersi e attaccare. Armi da guerra, bombe a mano, mitragliette. E sì perché seguendo i neofiti del Giambellino style si incappa in una Santabarbara che dovrebbe allarmare politica e Comune di Milano. Invece nulla. E così liberamente, fino a pochi giorni prima di finire in carcere assieme alla mamacita e altri manager della coca, Toni Faraci, bolognese trapiantato sotto al Duomo, si permetteva di scendere dall’auto pistola in pugno e colpo in canna. Perché le microspie oltre alle parole ascoltano anche i rumori. Così negli atti si legge: “La registrazione fornisce la prova inequivocabile che Faraci sia in possesso di una pistola visto che, quando lui esce dall’autovettura, scarrella la pistola per inserire il colpo in canna, generando in tal modo il tipico rumore causato dalla predetta operazione”. A Faraci, stando agli atti d’indagine, la mosca al naso salta non di rado. Anche per stupidaggini come un caricatore del cellulare che non gli vogliono prestare: “Adesso ti ammazzo! Ti sparo ti giuro! Se mi arrestano ti ammazzo! Vai su, infame!”. Finisce così che il gruppo del Giambellino più che organizzato sembra comporsi da “indiani metropolitani” pronti a tutti. I fratelli Simula, vista la loro vicinanza con Martina M. che tempo addietro aveva avuto un relazione con Faraci, temono ritorsioni e si preparano alla guerra: “Ah bè, io devo vivere con la paura che tu mi vieni a sparare?! Eh?! Ma che cazzo me ne fotte a me di lui!! Se troviamo i colpi della Glock gli do due colpi in testa!! M’ha cagato la minchia. La pistola ce l’abbiamo a casa, nell’armadietto. Mi mancano i proiettili della Glock, chiama chi cazzo vuoi e trovaci i proiettili della Glock!!”. Faraci del resto viene definito dagli inquirenti come “soggetto di elevato spessore criminale, che pure si ritiene sia in possesso di diverse armi clandestine e relativo munizionamento”. Una di queste, la mitraglietta, per un po’ l’ha tenuta come foto profilo su Whatsapp fino a quando un amico gli ha consigliato di toglierla. Quali siano queste è comunque lo stesso Faraci a raccontarcelo intercettato in auto con due amici. E così il Giambellino style diventa far west metropolitano: “Pensa se mi trovavano le armi (…). Una 38, una Glock, menomale che le ho portate qua. Una 38, una 9×21, una mitraglietta, ho la 857 magnum. Otto caricatori, la mitraglietta! Da trentasei! Sai che significa? Trecento colpi! E andiamo! La guerra faccio solo con quello! Mi chiamo John Rambo. Aspetta aspetta dopodomani mi arrivano quattro ananas, le bombe a mano! Così me le metto addosso! Con le catenelle! Venite, venite!”. Corrono le parole come corre la Fiat Punto lungo le strade dal Giambellino alla Barona. L'articolo Giambellino a mano armata, il nuovo clan dello spaccio nel quartiere cantato da Gaber: “Ho 300 colpi, faccio la guerra” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Dall’Olanda al Veneto e alla Lombardia, arrestata la “banda” dei nigeriani che trafficava eroina e cocaina
Importavano eroina e cocaina dall’Olanda e le riversano su Veneto e Lombardia. Lo facevano in modo così organizzato da essere considerati un’associazione a delinquere dalla Dda di Venezia. Con l’operazione Marshall i carabinieri hanno arrestato venti cittadini nigeriana di età compresa tra i 25 e i 57 anni. Gli inquirenti li ritengono responsabili di sistema criminale di spaccio internazionale e traffico di droga che presentava dei ruoli estremamente delineati. L’organizzazione poteva contare su un fornitore nei Paesi Bassi, che trovava e inviava gli stupefacenti. In Italia era presente un promotore a coordinare le attività e un gruppo di distributori che confezionavano e spacciavano le sostanze. La droga era trasportata da una rete di corrieri (i body packer) che ingerivano degli ovuli, e portavano la merce passando il confine con la Francia. Le zone principali di spaccio erano il Veneto e la Lombardia. Ogni corriere trasportava più o meno un kg di droga suddiviso in ovuli da 11 grammi sui quali era segnato con un pennarello una sigla identificativa dell’acquirente finale. Ascoltando le loro comunicazioni è stato decriptato il loro particolare linguaggio dove, ad esempio, il termine “TOP” era riferito alla cocaina, “SPA” all’eroina, “Pantaloncino” alle dosi da 5 grammi e “Fogli di caramelle” al denaro contante. Tra gli episodi citati dalla procura anche quello dell’aprile 2025, presso la stazione ferroviaria di Padova, quando una 34enne è stata arrestata mentre trasportava 1,1 kg di cocaina occultati nel reggiseno. Dopo un indagine durata due anni, ora il giudice per le indagini preliminari di Venezia ha disposto la custodia cautelare per tutti gli indagati anche considerando i numerosi precedenti a carico di alcuni esponenti dell’organizzazione e il concreto rischio di fuga. L'articolo Dall’Olanda al Veneto e alla Lombardia, arrestata la “banda” dei nigeriani che trafficava eroina e cocaina proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Trafficava droga tra Italia, Vietnam e Thailandia: “Qui la polizia non è attenta, sono dei minch*oni”. Ma lo arrestano
“State tranquilli, qui da noi la polizia non è attenta. Sono dei minch*oni”. Così un 26enne del Torinese rassicurava e tranquillizzava i complici del traffico di droga che gestiva fra l’Italia, il Vietnam e la Thailandia. Alla fine però è stato arrestato al termine di un’indagine condotta proprio dalla polizia e, in particolare, dall’aliquota in forza alla procura di Asti (oltre che dai carabinieri). Il giovane, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, girava fra i tre Paesi usando un visto di “nomade digitale” e gestiva dal web quello che è stato definito un vero e proprio supermarket degli stupefacenti: hashish, cocaina, eroina, ketamina, oppio, Lsd. Tutta droga che veniva spedita in Italia con il servizio postale e destinata a locker automatizzati. A supportarlo e aiutarlo logisticamente, sempre secondo le indagini, erano degli amici di vecchia data che, nonostante le sue rassicurazioni, sono stati tutti arrestati in flagranza di reato. Per un arco di tempo il 26enne, che risiede a Cambiano (Torino), ha cambiato i suoi collaboratori, ma dopo l’ultima retata è scappato all’estero. Circa dieci giorni fa è stato rintracciato e arrestato a Bangkok, in Thailandia. Dopo qualche giorno ha chiesto e ottenuto di rientrare in Italia, dove è stato prelevato dalla polizia all’aeroporto di Milano Malpensa e condotto nel carcere di Busto Arsizio. L'articolo Trafficava droga tra Italia, Vietnam e Thailandia: “Qui la polizia non è attenta, sono dei minch*oni”. Ma lo arrestano proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Torino
Droga
Thailandia
Traffico di Droga
“I ragazzi di oggi sono allo sbando, in completa solitudine. Gli anziani sono terapeutici. Ecco perché uniamo due generazioni”: Pio e Amedeo neo registi con “Oi Vita Mia”
Pio D’Antini e Amedeo Grieco non solo tornano al cinema dal 27 novembre con “Oi Vita Mia” ma per il quinto film da protagonisti debuttano anche come registi: “Ci prendiamo tutta la responsabilità, ma volevamo prenderci tutta la libertà che volevamo”, dicono all’unisono a FqMagazine. Pio gestisce una comunità di recupero per ragazzi, Amedeo una casa di riposo per anziani, dove alloggia anche Lino Banfi (“sono un malato di Alzheimer e sono da sempre un ammiratore di Pio e Amedeo, quindi sono felicissimo di aver fatto questo film a novant’anni”). Uno ha una relazione in crisi, l’altro una figlia adolescente irrequieta. Costretti dalle circostanze a vivere sotto lo stesso tetto tra anziani smemorati e giovani casinisti che si fanno la guerra, i due finiranno per scambiarsi consigli non richiesti, infilarsi in situazioni assurde e, tra bollette arretrate e partite a padel, trovare finalmente il coraggio di mettere ordine alle loro vite e scoprire così un nuovo modo di stare assieme. Il film, nelle sale dal 27 novembre, si mantiene sui toni della leggerezza, ma anche un retrogusto amaro nella narrazione di categorie difficili e spesso dimenticati dalla società. Un buon debutto alla regia per i due attori e comici. LA SOLITUDINE UNISCE (PURTROPPO) GENERAZIONI DIVERSE “Abbiamo pensato ad un film generazionale perché tra i temi c’è anche la solitudine. – dicono all’unisono i due – L’individualismo sta prendendo il sopravvento. Abbiamo pensato che questo tema potesse unire due generazioni lontane, abbattendo un po’ questo muro che ormai li divide con questa convivenza che c’è all’interno di questo film. Si impone così un dialogo alla fine tra due mondi, apparentemente distanti, ma uniti nella realtà”. I GIOVANI DI OGGI SONO LASCIATI ALLO SBANDO, CON LE ALI TARPATE E poi ancora Pio ha specificato: “In Italia c’è disattenzione verso le problematiche di giovani e anziani. Per i giovani abbiamo la percezione che più nessuno si prenda le responsabilità. Sono un po’ tutti così mandati allo sbando. Parlo da padre e confido che la scuola insegni a mia figlia delle cose, ma la scuola confida nella famiglia e allora la famiglia confida sul catechismo ed è tutto uno scaricabarile su questi giovani. Noi siamo chiamati alle responsabilità. Ed è la cosa più difficile del mondo, la cosa meno naturale del mondo… La realtà ci riempie di dubbi e non ci sono certezze perché ogni tanto arriva qualcuno e ti dice ‘tuo figlio lo devi educare in questo modo’ e tu lì entri in un trip perché dici ‘lo rimprovero o non lo rimprovero? Gli tolgo questa cosa o non gliela tolgo?’. Mi dispiace molto perché vedo tanti giovani con le ali tarpate, ecco perché abbiamo pensato di unire gli anziani ai giovani in questo film, perché l’uno per gli altri sono terapeutici. Una volta gli anziani vivevano in famiglia, oggi sono visti come un peso. E qui entrano in gioco le case di riposo, dove abbiamo ambientato la pellicola”. E ALL’IMPROVVISO COMPARE ANCHE “TEMPTATION ISLAND” Nella pellicola viene citato anche “Temptation Island”: “L’abbiamo inserito per fare una citazione anchea un pubblico mainstream. Perché questo film è pieno di piccole citazioni, c’è anche l’omaggio a Monicelli, che è stato un po’ il papà di un certo tipo di commedia, ma abbiamo scelto ‘Temptation Island’ perché rappresenta un prodotto transversale, un prodotto che è apprezzabile da ogni fascia sociale e d’età. Quindi abbiamo fatto questa citazione a questo programma che è diventato un fenomeno di costume. In questo passaggio naturale nella storia, c’è un ipotetico tradimento e quindi c’è una missione ad un certo punto della sceneggiatura che sfocia nella spiaggia. Comunque speriamo che questo film piaccia anche al pubblico di ‘Temptation Island’, quindi a tutti”. L'articolo “I ragazzi di oggi sono allo sbando, in completa solitudine. Gli anziani sono terapeutici. Ecco perché uniamo due generazioni”: Pio e Amedeo neo registi con “Oi Vita Mia” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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